Run away (Alison's pov)

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Alison's pov

Un lungo corridoio, questo è tutto ciò che vedo.
Cammino, ma è come se rimanessi sempre nello stesso punto, decine di porte si stagliano su entrambi i lati, sono tutte identiche, come faccio a scegliere? Quale devo aprire? Non rimane altro che affidarmi al caso.
Non appena apro una delle porte mi trovo di fronte ad un accogliente ma vissuto salotto. Non so per quale motivo ma mi inquieta un po'. Inzio a camminare lentamente osservando con attenzione tutti gli oggetti che ci sono, come se volessi imprimerli nella mente.

Un semplice tavolo di legno con attorno tre sedie, di fronte c'è un piccolo televisore, uno di quelli vecchi che somigliano a delle scatole e infine un divano rovinato dal tempo.

Vedo qualcosa muoversi in un angolo della stanza, rannicchiata a terra c'è un bambina con una folta capigliatura riccia che le copre parte del viso. Stretto tra le braccia ha un piccolo peluche, sta piangendo.

Non appena mi accingo ad avvicinarmi vengo congelata da urla provenienti da un'altra stanza... Una voce femminile mi dice di scappare ma non riesco a muovermi, sono bloccata.
La bambina ha dipinto sul volto la mia stessa espressione di terrore, sento un rumore di passi, pesanti e striscianti, avvicinarsi sempre di più a me, ogni passo che fa è come una pugnalata al cuore...

Poi sento qualcuno toccarmi il braccio, una voce, credo di conoscerla, si fa sempre più vicina.

Mi ritrovo nel mio letto ricoperta da una patina di sudore, al mio fianco vedo Gwen, che con voce preoccupata dice qualcosa che non capisco.

Era solo un'incubo, ma sembrava così reale... Mi metto lentamente a sedere e rassicuro Gwen, che sembra aver appena visto un fantasma.

"E' stato solo un'incubo, ho solo bisogno di prendere un po' d'aria."

"Non sai quanto mi abbia fatta spaventare; urlavi e ti agitavi come una posseduta."

"Mi dispiace Guendalina. Ora rimettiti a dormire, io vado a fare un giro" dico stampandole un bacio sulla guancia.

L'aria è gelida e il campus è deserto, il sole sale lentamente prendendo il posto dei piccoli puntini luminosi.

Mi dirigo verso la sala comune e mi getto di peso sul comodo divano, inizio a pensare a quell'incubo e all'orribile sensazione che ho provato, sembrava di essere tornata indietro.

Non appena mi accorgo che il sole si è fatto alto nel cielo vado in camera per prepararmi.

***
Il momento più rilassante della giornata è quando ti ritrovi a fissare il vuoto, tutto ciò che ti circonda diventa sfocato, e il cervello si spegne per qualche secondo dimenticando la sua reale funzione.

"Signorina, mi sta ascoltando? Ha capito quello che ho detto? Dovrà creare un programma e completarlo entro la settimana prossima. Tutto chiaro?"

"Sì, professore."

La classe si mostra più nitida sotto il mio sguardo annoiato.

Dopo un'interminabile ora di informatica mi dirigo verso la mia stanza.

Sono completamente in crisi, non mi è mai capitato di rimandare le cose, anzi di solito tendo sempre ad anticiparle. Ma in questo periodo ho così tanti pensieri per la testa che non riesco a concentrarmi sullo studio. Sono sommersa dagli esami, tra qualche giorno avrò quello di psicologia sociale, poi il compito di informatica... Per non parlare di quello che mi aspetta dopo.

Devo necessariamente prendere un voto alto alla maggior parte degli esami, altrimenti mi toglieranno la borsa di studio e non potrò più frequentare il college.

"Alison, da quanto tempo che non ci si vede. Non puoi immaginare quanto mi sia mancata la tua ironia e il tuo sarcasmo."

Non mi ero accorta della sua presenza finchè non mi ha rivolto la parola. Mi si è piantato di fronte e mi fissa con sguardo provocatore.

"Sappi che quello sguardo non funziona con me."

"Non so di cosa tu stia parlando" dice trattenendo un sorriso.

"Io sono come Cristina, lo sguardo del Dr. Stranamore non mi fa nessun' effetto."

"E chi sarebbe il Dr. Stranamore?" Mi chiede incuriosito.

"Avanti, non dirmi che non hai mai visto Grey's Anatomy."

"Mi dispiace, ma devo proprio dirtelo: non l'ho mai visto. Non mi piacciono molto le serie tv."

"Tralasciando la tua vita orribile e priva di senso, dovevi per caso dirmi qualcosa?"

"Sai, vorrei avere un'occasione per conoscerti meglio; non abbiamo mai parlato come due persone normali da quando ci conosciamo. Ciò che sto per chiederti è qualcosa che non ho mai chiesto a nessuna ragazza." Prende un lungo respiro, come se stesse per fare la cosa più faticosa del mondo e tutto d'un fiato mi chiede:"Ti andrebbe di venire a cena con me solo come amici?"

Questa sua richiesta mi stupisce, non riesco a comprenderne il fine.

Perchè dovrebbe invitare proprio a me a cena? Poi solo come amici, dove vuole arrivare?

"Non posso, sono molto occupata con gli esami. E poi perchè lo chiedi proprio a me?" gli domando incuriosita.

"Dai, è solo una cena, ti porterà via al massimo un paio d'ore."

"Senti, ho detto che non posso, sono indietro con lo studio e ogni ora è preziosa. Comunque non hai ancora risposto alla mia domanda" affermo incrociando le braccia.

"Allora facciamo un patto: se tu vieni a cena con me, io ti aiuterò a studiare per un esame."

"Si è fatto tardi, devo andare" dico voltandomi

"Aspetta... Devi solo dirmi di sì."

"Okay, va bene" dico distrattamente mentre mi allontano da lui.

"Allora ci vediamo oggi alle otto al London Pub."

-continua-

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