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Non appena mi resi conto che era il momento giusto afferrai il mio cappotto e dissi ad Alexus che l'avrei aspettata fuori. Stringevo il piccolo premio tra le mani prima di passarlo al mio autista che lo sistemò sul sedile posteriore.

"Dovresti tornare dentro." Il mio cuore si strinse al suono della sua voce. Deglutì e mi mordicchiai il labbro. "Non hai freddo?"

"Non so perché ti interessa." Dissi e unì le labbra tra di loro. "Perché sei venuto questa sera?"

"Mi hanno chiesto di presentare il tuo premio." Mi spiegò e si infilò le mani nelle tasche della giacca. "Come stai?"

"Bene, penso." Mormorai e tirai le maniche del mio cappotto. "Tu?"

"Miserabile." Sussurrò. "Ho provato a stare con qualcuna, ma non c'è nessuno come te. Non so cosa stavo pensando."

"Non capisco perché è finita." Sussurrai, guardandolo. "Non capisco perché non stiamo più insieme."

"Mi sentivo vecchio, come se tu avessi bisogno di qualcuno di nuovo--ho quasi quarant'anni, Andrea." Mi ricordò e mi guardò mentre mi avvicinavo con cautela a lui.

Gli accarezzai il petto, la fronte contro la sua prima che lo baciassi e mettessi tutta me stessa in quel bacio. Calum afferrò i miei fianchi mentre io passavo le dita tra i suoi capelli e gli mordicchiavo il labbro inferiore.

"Non potresti mai essere vecchio per me." Sussurrai e lasciai dei baci gentili sulla sua mascella. "Soprattutto con il modo in cui puoi farmi dimenticare anche il mio nome, ma lasci la sottile traccia del tuo nelle mie urla."

Il respiro di Calum si bloccò al ricordo e, troppo in fretta, lo spinsi in macchina, baciandolo e lasciando che i suoi denti mi mordessero la spalla mentre io piegavo la testa indietro e affogavo nel piacere.

"Cazzo." Sussurrò Calum e passò l'indice tra il mio seno, lasciando scivolare la mano dentro la stoffa del mio vestito per sentire il mio seno. "Mi sei mancata così tanto."

Calum disse il suo indirizzo all'autista e io mandai un messaggio ad Alexus per dirle che non sarei tornata a casa fino al mattino. Mi sentivo come se avessi di nuovo ventiquattro anni. Mi ritrovavo di nuovo nel mondo di Calum mentre il mio vestito scivolava sul pavimento del suo attico. Anche le mie mutande atterrarono sul pavimento e il mio reggiseno rimase appeso alle mie dita mentre me ne stavo sulla soglia della porta della stanza con le manette e le fruste. La camicia di Calum era sbottonata, le labbra gonfie e sembrava avere di nuovo ventisei anni.

"Dio." Sussurrò Calum e mi guardò mentre aprivo la porta. "Ti ricordi cosa fare?"

"Si, papà." Risposi ed andai verso il centro della stanza. Lui venne dietro di me e mi sollevò le mani sulla testa.

Mi baciò il collo, mi leccò da un capezzolo all'altro. Chiusi gli occhi, piegando leggermente la testa indietro mentre lui muoveva una mano verso la mia intimità.

"Amo vederti così." Sbottò, il pollice contro il mio clitoride. "Nuda, bagnata per me. Non so come ho fatto a stare senza di te."

Gemetti e lasciai che la mia fronte si posasse sul suo petto. Gli circondai il collo con le braccia e lo strinsi prima che lui si abbassasse i pantaloni. Le sue forti braccia mi strinsero, trascinandomi verso le manette in pelle che mi avrebbero lasciata sospesa.

Sentì il freddo familiare della frusta contro il mio corpo. Mi leccai le labbra prima che lui mi colpisse. Lasciai andare un urlo, la sensazione pungente mi fece accartocciare lo stomaco.

"Calum." Sussurrai mentre mi colpiva ancora e ancora. Non colpiva mai lo stesso punto. Era dappertutto, rendendo il piacere doloroso anche se quasi venni alla sensazione della frusta che colpiva il mio sedere.

"Non venire." Sussurrò Calum. "Voglio scopare la tua vagina."

Adesso era davanti a me, mi sollevò le gambe ed io le allacciai intorno alla sua vita mentre si spingeva dentro di me. Gemiti di soddisfazione lasciavano le nostre bocche mentre lui afferrava la barra che mi teneva legata. La punta del suo pene sfiorò il mio punto più sensibile. La sua bocca reclamò di nuovo la mia, i suoi fianchi si spingevano avanti e indietro con una velocità inimmaginabile. Ogni spinta mi portava all'orgasmo.

I suoi gemiti vennero coperti dal mio nome, da imprecazioni e da complimenti occasionali per la mia vagina stretta. Io continuavo solo a dire il suo nome.

Appartenevo a lui.

"Oh cazzo!" Spinse dentro di me ancora una volta, facendomi collassare, il mio petto si alzava e si abbassava freneticamente mentre lui liberava le mie mani. Caddero sul suo collo, le mie labbra si posarono pigramente sulla belle sudata del suo collo mentre lui mi portava nella sua camera da letto dove avrei dormito con lui.

Calum si infilò sotto le coperte con me, baciandomi la fronte e accarezzandomi la pelle nuda mentre mi attaccavo a lui.

"Non ti ho neanche chiesto se tutto questo ti andava bene." Sussurrò Calum, in colpa.

"Ti avrei fermato altrimenti." Gli ricordai e allontanai alcune ciocche di capelli dalla sua fronte. "Non lasciarmi, Calum. Non lasciare tuo figlio."

"Andy." Sussurrò Calum e mi costrinse a guardarlo. "Hai un maledetto incantesimo su di me di cui non riesco a liberarmi. E questo è qualcosa che voglio sentire per il resto della mia vita."

"Allora perché? Perché ti sei solo alzato e te ne sei andato da un giorno all'altro?" Chiesi, sedendomi e guardandolo in modo serio. "Voglio una risposta vera. Non qualche cazzata."

Calum deglutì e si mordicchiò il labbro. "Avevo paura. Dio, avevo così paura, Andy. Avevo paura che mi avresti guardato e avresti smesso di amarmi. Sai quanto fa schifo vivere in quella costante paura?"

"Hai fatto diventare quella paura vera per me." Urlai. "Non hai neanche notato come stavo cercando di soddisfarti? Stavo cercando di assicurarmi che tu fossi sempre felice, ma poi te ne sei andato."

"Sono così egoista."

"Si, lo sei." Sussurrai e mi stesi di nuovo accanto a lui. "Ma l'ho sempre saputo. Ci sono volte in cui puoi essere così egoista che è pazzesco. E poi mi hai spezzato il cuore ogni giorno. Con il tuo amore e il modo in cui mi facevi sempre avere dubbi. Sei un puzzle continuo per me."

Calum mi baciò la fronte teneramente e non disse un'altra parola.

****

Era strano svegliarsi ed essere di nuovo in questo appartamento. L'unica cosa che sembrava familiare era il fatto che mi fossi svegliata sola. Mi circondai il corpo con il lenzuolo e mi mordicchiai il labbro, alzandomi per cercare Calum.

Se stava ripetendo quello che aveva fatto non sarebbe stato giusto. Stava parlando al telefono, arrabbiato per qualcosa che non stava andando come voleva lui ed io avrei voluto calmare l'infuriato uomo d'affari.

"Voglio che quelle carte spariscano." Disse Calum al telefono. "Non mi importa quanto ci vuole o quanto devo pagare. Non voglio nessuna traccia di quei documenti sul divorzio."

Mi bloccai. Si stava liberando del nostro divorzio. Si stava liberando dell'unica cosa che mi aveva fatto soffrire per un intero anno.

"Fallo entro questo pomeriggio." E con quello terminò la chiamata e iniziò a camminare per la stanza.

"Sei serio?" Chiesi, lui mi guardò per la prima volta quella mattina. "Renderai quelle carte solo nulle e vuote?"

Calum annuì e mi allontanò il lenzuolo dalle spalle, baciandomi la pelle livida. Ero ricoperta da succhiotti.

Le sue dita avevano lasciato delle impronte sui miei fianchi, le sue labbra sfiorarono i lividi gialli e verdi sulle mie spalle e tra il mio seno. Portai la sua bocca contro la mia e lo baciai, lasciando cadere il lenziolo per terra mentre lui mi faceva stendere sul divano e si toglieva i boxer. Gli circondai la vita con le gambe, il suo pene duro contro la mia coscia mi fece tremare.

"Voglio questo ogni giorno." Sussurrò Calum. "Ogni singolo giorno."

Io gemetti in risposta, sentendo lui che si spingeva completamente dentro di me mentre io gli graffiavo la schiena. La mia bocca trovò subito la sua, le nostre labbra si modellavano insieme.

Ero sua. Dio, ero tutta sua e mi sarei sempre considerata sua. Ogni particella che mi caratterizzava era uguale alla sua.

Mr. Hood } c.t.h traduzione italianaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora