Feelings on the horizon - Parte Prima

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Adam Price era nei guai. La merce nel negozio era stata danneggiata proprio sotto il suo naso e lui non si era accorto di niente. Stavolta Fox l'avrebbe licenziato prima ancora che lui potesse aprire bocca, non appena si fosse accorto del danno.

Il capo l'aveva preso nel verso storto fin dal primo giorno di assunzione perché Adam era grosso, tonto, goffo nei movimenti. Si era già beccato diversi rimproveri ogni volta che aveva rotto qualche articolo, dimenticato il codice di sicurezza o sbagliato ad apporre il prezzo sui prodotti. Eppure lui si impegnava e aveva bisogno di questo lavoro, ma per quanti sforzi facesse c'era sempre qualche passaggio importante che gli sfuggiva di mano. Senza contare che si sentiva perseguitato dalla sfortuna, visto che ci si mettevano pure i vandali a rovinare la merce; tutti i prodotti d'arredo da bagno in bella vista sul secondo scaffale erano stati rotti intenzionalmente dal primo buontempone sfuggito al suo sguardo. Magari, se Adam avesse nascosto i pezzi danneggiati in tempo...

"Price, se fissi più intensamente di così lo scaffale potresti allentarne le viti, attento" disse sarcastico Fox avvicinandosi a lui. Adam sudò freddo; stava verificandosi ciò che temeva. Se il suo capo si fosse avvicinato abbastanza da notare l'ingente danno, sarebbe esploso come una bomba.

Al confronto di Adam, Fox – che, nonostante il tono autoritario, aveva solo qualche anno in più di lui – era un uomo basso, ben poco imponente, eppure col tempo lui aveva finito per esserne terrorizzato.

"Ehm... Signor F-Fox... Mi dispiace... Ho notato solo adesso... uhm... che..." bofonchiò Adam, ma la sua voce si spense progressivamente fino a estinguersi. Mentre il capo alzava i suoi occhi scuri su di lui, aggrottando le sopracciglia, il povero garzone si grattò la testa.

"Ti si è annodata la lingua?" chiese Fox come incoraggiamento a sputare il rospo.

"No... ehm..." Ma in quel momento il capo notò l'aspetto del secondo scaffale e la sua espressione divenne inorridita. Qualche altra addetta alle vendite si fermò per guardare la scena tra i due uomini, adesso. "Chi è stato a farlo?"

"Non sono stato io!" si affrettò a dire Adam, anche se capì fin da subito che era una dichiarazione alquanto allocca da formulare come prima reazione.

Fox lo guardò con gli occhi in fiamme: "Lo so bene che non sei stato tu, se fossi stato tu a fare uno scempio del genere ora starei prendendo una ghigliottina per tranciarti le mani. Ma che ti prende, si può sapere? Non ti sei accorto di nulla quando è successo? Dove avevi la testa, in mezzo alle nuvolette, agli angeli e ai grilli?"

La lavata di capo andò avanti molti minuti. Quando Fox si arrabbiava, la sua faccia si accendeva come una torcia e le battute taglienti si sprecavano; ogni singola frase che gli usciva di bocca sembrava ritagliata per far sentire Adam uno schifo. Quel piccoletto, con le sue camicie a quadri e lo sguardo sempre derisorio nei suoi confronti, era diventato il suo incubo personale.

"Mi dispiace..." provò ad azzardare Adam per interrompere il flusso di illazioni sulle sue presunte ridotte capacità intellettive. Ma servì solo a dare maggior carica a Fox.

"Ah, molto bene, ti dispiace! Tutto passato, no? Ora devi solo corrispondermi l'esatto prezzo dei prodotti danneggiati di tasca tua e siamo amici del cuore come prima..."

A quella considerazione, Adam sbiancò. Non navigava certo nel denaro, tutto il contrario: non poteva permettersi di ripagare la merce. Sarebbe stato un suicidio per lui. Senza dire nulla, a bocca aperta, guardò nel profondo delle pupille di Marshall Fox per capire se stesse facendo sul serio o no.

Il capo resse il gioco per un po', poi prese un grosso respiro e buttò gli occhi al cielo: "Cosa devo fare con te, Price... Maledetto me il giorno che mi sono fidato..."

I rovi della lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora