No doubt - Parte Seconda

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Per tutta la giornata di lavoro, Marshall sentì il cuore martellare e un senso di giramento di testa costante. Non era mai stato così poco professionale, prima. Riuscì a porre un argine al suo stato solo chiudendosi in ufficio e fingendo di essere impegnato per ore intere tra pile di documenti.

Non si era sentito così neanche durante le dolorose tragedie della sua vita. La morte di Jack aveva rappresentato una sofferenza abissale, ma anche in quel momento la priorità di Marshall era stata occuparsi di chi rimaneva, sostenere Jason e Cindy, manlevarli di tutto il peso possibile. Aveva uno scopo che, se non serviva ad alleviare il dolore, aveva almeno il merito di tenerlo occupato. Adesso si stava buttando a capofitto in qualcosa di ben diverso. Invece che fare la cosa giusta, doveva mettere in atto quella sbagliata e riuscire ad andare fino in fondo. Ed era come trovarsi rotto in due. Non sapeva nemmeno con che parole avrebbe potuto intraprendere ciò che andava portato a termine per forza.

Temette che proprio quella sera Adam se ne andasse via con gli altri, per cui si premurò di chiamarlo dalla soglia, all'ora di uscita. "Potresti fermarti un poco oltre l'orario? Avrei bisogno di parlarti."

Il suo dipendente notò subito la sua espressione allucinatoria, uno sguardo che mai aveva visto prima a Marshall; pensò che fosse accaduto qualcosa di molto grave, e annuì con energia. Voleva dirgli che qualunque cosa fosse accaduta era pronto ad aiutarlo. Ma attese, aspettò che tutti fossero usciti. Finse di ramazzare per terra senza togliere gli occhi di dosso alla luce accesa dell'ufficio, che lo attendeva con il suo carico sospeso. Finalmente, quando tutti furono fuori, si sentì abbastanza sicuro da avvicinarsi.

"Marshall..." Lo trovò seduto alla scrivania, le mani intrecciate sopra. "Che c'è? Hai una faccia... Tutto bene?"

"Adam, ti prego... Siediti" iniziò Marshall senza il coraggio di guardarlo in faccia.

Le gambe del facchino quasi cedettero per la paura che generò in lui quel tono e dovette per forza sedersi sul serio, come era stato invitato a fare. Si trovò faccia a faccia a lui, ma ancora i suoi occhi erano chini in basso, lontani. Voleva dire qualcosa, qualunque cosa, ma non poté.

"Adam, io... Da adesso... Vorrei chiudere la nostra storia." Rapido, semplice. Non poteva essere altrimenti.

Adam sbiancò, la bocca dischiusa e arida. Poi, stralunato, considerato che Marshall non forniva ulteriori spiegazioni, balbettò: "C-cosa... Che... Che vuoi dire?"

"Credo che sia giunto il momento di troncarla. Lo so che non mi sono comportato bene, che io stesso ho iniziato, e di questo mi scuso, tuttavia ho preso la decisione..."

"Come mi stai parlando?" Adam proferì col respiro affannato, interrompendolo. La voce di Marshall riusciva a essere ferma, pacata, controllata. Al contrario della sua. "Non... Non mi stai licenziando dal lavoro, no?"

"No, ovviamente no."

"E allora ti sembra questo il modo giusto per rivolgerti a qualcuno per... per cosa? È uno scherzo, vero?"

"No, Adam, non è uno scherzo." Finalmente sollevò lo sguardo castano, duro, fermo. Doveva farcela, anche se guardare Adam in quel momento era tormentoso. "Hai ragione: è difficile rompere con qualcuno quando non si sta veramente insieme. Ma la nostra relazione sessuale, per me, è diventata molto inopportuna, e non posso proseguirla più di così, anche se lo volessi. Io... Mi dispiace, davvero."

"È per... Il fatto che l'ultima volta ti sei addormentato a casa mia e hai rischiato di essere scoperto... Mi stai punendo perché io ti ho trattenuto, vero?" chiese, amaramente.

"No, non è per questo, però... Certo, vorrei che un rischio del genere non si ripetesse più, in futuro. Non me lo posso permettere."

"Perché?" esplose con dolore Adam, come un condannato al rogo ingiustamente. La sua voce risuonò talmente forte, nel vuoto del supermarket, che anche Marshall ne trasalì. Non gli aveva chiesto altro, solo perché.

I rovi della lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora