Pictures on the ceiling - Parte Seconda

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Quando aveva incontrato la prima volta Marshall, quest'ultimo non gli aveva fatto una gran impressione; avrebbe persino detto adesso che tra di loro all'epoca, specie nei primi tempi, non scorresse buon sangue. Non avevano mai litigato, ma si prendevano poco in considerazione. Avevano iniziato a tollerarsi gradualmente. Jason dava la colpa di questa iniziale inimicizia con Marshall – che di suo in realtà aveva una personalità molto accattivante – alla gelosia; Marshall era il cugino più grande di Jack il quale metteva il suo consiglio al primo posto, sempre. Avevano quel tipo di intesa che Jason mal sopportava, il suo attuale fidanzato pareva prevenire lo stato d'animo di Jack prima che lui parlasse. Quando il più giovane credeva che Jack fosse al settimo cielo, Marshall gli chiedeva cosa non andasse: e dieci volte su dieci questi crollava e ammetteva dopo parecchia insistenza di essere a pezzi. E Jason si sentiva inutile, in quei momenti; non capiva niente, non vedeva niente, aveva voluto convincersi che Jack fosse indistruttibile.

Alla fine Jason aveva accettato la situazione, arrivando persino a provare sollievo per quell'occhio vigile che teneva sempre Jack sotto controllo. All'epoca della scuola di recitazione, Jason vedeva Marshall come un uomo adulto: in fondo avevano ben otto anni di differenza. Anche se erano entrambi gay, nessuno poteva pensare che si instaurasse qualcosa tra loro. Tuttavia piano piano la distanza si era assottigliata, il piccolo aveva smesso di diffidare e ingelosirsi, e Marshall era diventato un punto di riferimento anche per lui. Lui era un po' l'ancora che riportava a terra i loro voli pindarici. Una sola sera all'epoca, complice una festa organizzata da Jack e un bel po' d'alcool, avevano passato la notte insieme. Sicuramente avevano sperimentato per la prima volta che un'attrazione fisica poteva esserci, ma il giorno dopo erano troppo imbarazzati per approfondire. Avevano liquidato il tutto come un colpo di testa, tanto più che Marshall a quei tempi aveva una specie di relazione.

Rimasero un bel gruppo allargato di amici. Frequentavano tante persone, molti della scuola di recitazione, altri amici di Marshall, un po' più grandi.

Jason continuava ad adorare Jack da lontano, in modo totale e disperato. Litigavano, era sempre più difficile parlare, poi era arrivata lei e Jason aveva sentito il cuore spezzarsi nel petto ma aveva fatto buon viso a cattivo gioco per il bene dell'amico del cuore.

Poi la rottura, e il suicidio. Il sangue nella loro vasca da bagno. Jack, sanguinante, tra le braccia di Marshall, che per primo l'aveva trovato. Il suo sguardo di pietra, quasi di rabbia; verso Jack, verso se stesso. Jason che si scioglieva tra le lacrime, crollava, smaniava in preda a una crisi isterica senza saper far niente. Marshall che lo abbracciava all'arrivo dei paramedici, tenendolo fermo e cullandolo. Jason che, finalmente, riprendeva il contatto con la realtà tra le sue braccia.

"Dobbiamo aprire un'altra bottiglia di vino, quello buono" disse Marshall a Jason dopo cena mentre stavano seduti sul divano del loro appartamento: "Bisogna fare un brindisi!"

Stappò la bottiglia e ne versò due bicchieri, uno per Jason e il secondo per sé; brindarono, guardandosi negli occhi con piena soddisfazione. Per l'occasione Marshall aveva cucinato una cena coi fiocchi: il più giovane non ricordava da tempo di aver mangiato niente di tanto elaborato.

Si complimentò per l'ennesima volta in modo quasi formale, intontito dal vino rosso, poi Marshall commentò divertito: "Allora, nomini tanto questo sceneggiatore Cameron Bee... Hai detto che è giovane. Carino?"

L'attore arrossì, senza capire perché: "Beh, sì... Cioè... Direi che è abbastanza attraente..."

"Non prenderti una cotta. Lui è quasi un tuo superiore, se gestisci male una cosa del genere sono guai" osservò Marshall, sorseggiando il vino dal calice di vetro.

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