Ripped line - Parte prima

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Per la prima volta da anni, Carter si sentiva abbastanza a proprio agio a casa di un'altra persona: tra lui e Monique si era instaurata una buona confidenza e veniva naturale trovarsi a volte a lavorare da lei, oltre l'orario. Potevano cenare insieme una volta finito, parlare della giornata, uscire di nuovo oppure restare. Sua nipote Kelly era un poco gelosa di tutto il tempo che trascorreva con la donna, ma Carter si stava sforzando di accettare il distacco; non era più una bambina ed era giusto che capisse, che si abituasse a una maggiore libertà di entrambi.

Non si rese conto, concentrato com'era davanti al portatile, che Monique lo stava fissando, non osando interromperlo.

La donna aveva un bicchiere di vino in mano e lo faceva oscillare distrattamente mentre pensava a tante cose. Da giorni avrebbe voluto parlare con lui, ma non sapeva bene come mettere i concetti in fila. Forse doveva buttarsi e basta.

"Carter" lo chiamò all'improvviso.

L'uomo si fermò di botto, dapprima confuso, ma poi la guardò dritta negli occhi e allargò un sorriso. "Dimmi."

"L'altro giorno..." iniziò Monique, a fiato corto, "quando eravamo nel parco... Ho notato che tu... Sembri particolarmente legato a Jason. È strano, perché non è che tu me ne abbia mai parlato."

I muscoli di Carter si irrigidirono subito, entrò sulla difensiva. "Jason?"

"Lo tratti da fratello maggiore, sembri così orgoglioso di lui... E mi chiedevo come mai tu mi abbia nascosto un lato della tua vita che evidentemente è rilevante."

"Non... non te l'ho nascosto" replicò lui a disagio.

Lei avrebbe voluto sapergli spiegare come la sua espressione mentre lo guardava sul palco era diversa da qualunque altra gli avesse visto in quelle settimane. L'idea di formulare quei ragionamenti a voce alta però faceva perdere loro della consistenza che sembravano possedere fino a che erano immagini nella sua mente. Decise di essere più diretta possibile: "C'è stato qualcosa, tra voi?"

Lui restò in silenzio per un lungo istante, bocca aperta. Stavolta fu più reattivo di quanto era stato con Viola: "Qualcosa... Intendi... Che cosa te lo fa pensare?"

"Beh, è un'amicizia bizzarra, e lui è gay, io..."

"Non è successo nulla" la interruppe lei schermendosi. "Non ho mai avuto quel genere di relazione con... con lui o con nessun uomo. Non mi è mai neanche balenato per l'anticamera del cervello."

"Oh..." esalò lei, non aspettandosi quell'impeto. "Beh... Era solo per sapere. A volte capita di..."

"Perché tutti pensano sempre che, siccome io frequento Jason, ci debba essere per forza qualcosa di losco?"

"Beh, vedi... Se io avessi un caro amico maschio, etero e avvenente, anche tu forse potresti ritrovarti a... Chiederti se..." provò a spiegare lei.

"La differenza è che a te gli uomini interessano, a me no. E poi mi fiderei di te, di quello che mi diresti" rispose Carter convinto.

"Totalmente?" suggerì lei, trattenendo un sorriso lieve. Dubitava un po' di quella buona fede.

"Sì... Non starei con qualcuno se vivessi nel terrore che possa mentirmi. Preferisco fidarmi della persona con cui sto."

Monique si bloccò, il fiato sospeso. "Allora... Noi... Stiamo insieme? È un dato di fatto?"

Un po' perplesso per questa domanda, Carter inclinò la testa: "Beh, sì, mi pare evidente."

Lei si illuminò, strinse la stoffa della poltrona tra le mani. Annuì con forza. "Ok. Scusa per i miei dubbi. Voglio solo conoscerti, non desideravo accusarti o..."

I rovi della lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora