Locked rooms - Parte seconda

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La prima volta che aveva visto June, era stato lui ad avvicinarsi. Quegli occhi chiari, anche nella penombra, parevano aprire una strada verso la libertà, come il suo sorriso. Per molti mesi, lei era stata come la salvatrice, l'antidoto: Ryan aveva avuto seri problemi psicologici dovuti agli anni della sua adolescenza e non desiderava nient'altro che questo. Lei. La promessa del suo viso limpido. E anche adesso, ogni volta che la vedeva, questo desiderio di libertà si rinnovava. Di ridere, di essere sereno.

L'aveva conosciuta a una festa e gli era subito piaciuta quella sua aria da piccola fata, che camminava sui tacchi come se saltellasse sulle nuvole; gli sembrava uscita da un'illustrazione, da uno di quei libri che da bambini sfogliava insieme a Daniel. Quell'innocenza... Che non aveva mai più avuto, da quando aveva ceduto all'età adulta. Sperimentando l'errore, la difficoltà, il senso di colpa. La consapevolezza che Daniel era distrutto e non poterlo abbracciare e consolare, perché sarebbe ricominciato tutto quanto daccapo. Ancora adesso, tutti i giorni, gli mancava. Ma Daniel era stato anche un malessere, una psiche troppo forte che l'aveva trascinato a sé senza che lui fosse pienamente consenziente, portandolo verso segrete buie, con la promessa di non essere mai scovati. Invece Ryan, ora lo aveva capito, voleva questo: finestre. Voleva June.

La sua piccola salvatrice. Colei che avrebbe voluto far felice in ogni modo, perché ogni volta che sorrideva anche Ryan riusciva a sentirsi un brav'uomo, laddove praticamente non gli era mai capitato.

Nonostante non lo fosse. Però, era una bella sensazione.

Ora la guardava, con un senso di calma, i capelli sciolti sulle spalle, il viso assonnato, le belle gambe proporzionate che spuntavano sotto la maglietta da notte. Anche quando camminava a piedi nudi, tendeva a posare il peso solo sulla parte anteriore della pianta e tenere il tallone sollevato e questo bastava a farla apparire leggiadra, una presenza impalpabile.

"Buongiorno" la salutò mentre preparava la colazione. "Ti vanno bene i pancake?"

"Mmh" rispose lei stropicciandosi gli occhi, la vista attirata da una busta sul tavolo della cucina. "Tra tre settimane ricominciamo le riprese; se metto su peso o brufoli mi uccidono. Ne mangio solo uno."

"Ok" sorrise lui, ben conscio che June ne avrebbe rubato un secondo dal suo piatto.

In attesa, la ragazza prese la busta che era stata aperta da Ryan e che aveva attirato la sua attenzione per la carta spessa e le decorazioni dorate sulla carta; ne sfilò il contenuto e lesse i nomi.

"Quindi la data delle nozze è fissata?"

"Così pare" rispose Ryan tranquillo. "Wilson-Arrow, il matrimonio del secolo!"

June si sedette e contemplò il biglietto davanti e dietro: "Tua cugina Gillian ha davvero buon gusto."

"Credo che lei e il futuro marito abbiano scelto insieme" osservò Ryan con una scrollata di spalle.

"Alla fine sono sempre le spose ad avere occhio per queste cose" commentò June, ora del tutto sveglia. "Cavoli, la location è una delle ville da ricevimenti più belle di Beverly Hills!"

"Da quanto mi ha detto mia madre, è di proprietà almeno in parte di George Wilson. Paul non ha fatto molto fatica ad averla per sé."

"Tu dove ti vorresti sposare?" chiese a bruciapelo June, come stesse parlando del tempo meteorologico. A Ryan quasi scivolò la padella di mano.

"Eh?"

"Beh... Ne dovremo parlare, prima o poi" osservò lei e, per la prima volta, Ryan avvertì l'irritazione nella sua voce. Capì che si era svegliata storta, come a volte capitava – soprattutto negli ultimi tempi, da quando era in pausa dalle riprese.

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