Sincerity

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C'erano due dipendenti malati, così a Marshall toccava fare gli straordinari e reinventarsi come factotum al negozio. La mole di lavoro sembrava crescere esponenzialmente, tanto più che sulla strada c'era un pub e l'apertura tarda del sabato sera portava un certo gregge di persone a sciamare dentro per comprare alcolici o placare la fame da hangover precoce.

Due ragazzi erano entrati barcollanti e continuavano a urtare gli scaffali, Marshall poteva sentire il frastuono che provocavano, condito di risate, fin dalla corsia parallela. Rose, che aveva quel turno sfigato con lui, lo guardò con apprensione.

Per qualche secondo, Marshall pensò se era il caso di chiamare il loro nuovo facchino, che in situazioni difficili fungeva anche da 'buttafuori' improvvisato. Valutò, però, che la situazione non sembrava degenerare per ora e che poteva cavarsela da solo. Si limitò ad aggirare la corsia e a dare un'occhiata. I due ragazzi, entrambi maschi e piuttosto giovani, stavano ridendo e scambiandosi effusioni.

Uno dei due aveva i capelli ossigenati, spiccavano particolarmente. Stava mordendo il collo dell'amico e aggrappandosi a lui, malfermo sulle gambe per l'ubriacatura. Disse: "Prendiamo una bottiglia di vino e andiamo a casa tua..."

L'altro, con un marcato accento straniero, rispondeva alle sue moine con promesse sessuali di vario genere e gli infilava le mani sotto i vestiti. Marshall avrebbe dovuto fare qualcosa, invece si era nascosto, congelato.

Gus.

I due ragazzi presero finalmente la loro bottiglia, quasi a quattro mani, e si avvicinarono alla cassa. Rose li fece pagare e la questione scivolò senza incidenti, tanto che la commessa prese un sospiro di sollievo.

Marshall poteva lasciar perdere. Non erano fatti suoi. Ma il suo pugno era stretto, le unghie piantate nella carne.

Quando i due ragazzi furono usciti, scattò e superò le casse sotto gli occhi sorpresi della sua dipendente. Prese la porta senza offrire spiegazioni. I due uomini camminavano abbracciati. Fu alle loro spalle.

"Gus!" gridò. Sperando di essersi sbagliato e che il tipo con i capelli ossigenati non si voltasse.

Sfortunatamente, invece, sembrò riconoscere quel nome e si arrestò. Sciolto dalla stretta del compagno, guardò con stupore quello sconosciuto che lo chiamava.

"Perché sei con un altro uomo?" domandò Marshall con lo stesso scandalo con cui l'avrebbe chiesto un prete. Gus, dal canto suo, fu talmente stordito da quella situazione da ripescare lucidità. Quantomeno, c'era qualcuno che sembrava essere molto più ubriaco di lui.

"Ci sono problemi, Gus?" sussurrò direttamente rivolto a lui il ragazzo al suo fianco, con accento ispanico. Il biondo alzò una mano per tranquillizzarlo, poi si rivolse all'estraneo.

"Mi scusi, ci conosciamo? Di che sta parlando?"

"Sono un amico di Adam" rispose Marshall a denti stretti. "So che voi due state insieme."

"Un amico di Adam" ripeté Gus in un mormorio. Non reagì subito, tanto poco si attendeva quella piega. "Sei un amico di Adam e pensi che io e lui stiamo insieme?"

"Lo so. Me l'ha detto lui. Vi ho visti insieme" replicò Marshall sempre più bruciante. E, in una parte remota del suo animo, in preda alla vergogna. Che stava facendo? Non aveva controllo.

A questo punto Gus sgranò gli occhi, completamente disorientato. Non capiva. Meno intimorito, si avvicinò all'uomo che gli parlava e lo studiò un po' di più. "Si può sapere, intanto, chi sei?"

"Sono Marshall" rispose. "Sono un amico di Adam."

L'aria parve fermarsi, la bocca di Gus divenne una O quasi comica. Guardò l'uomo, poi i suoi occhi virarono verso il supermarket, poi di nuovo a Marshall. "Marshall!"

I rovi della lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora