Business relation - Parte Seconda

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Scott camminava nella bella via dove abitavano Hunter e Nicolas con la consapevolezza fuori dal comune che questi gli aveva dato più o meno il benestare riguardo... essere a tutti gli effetti l'amante del suo compagno. E questo lo confondeva non poco, perché... Hunter gli piaceva parecchio. E gli piaceva pure Nicolas come persona. Si sentiva, nello stesso tempo, in un bel pasticcio e stranamente assolto da tutte le responsabilità in merito.

Come funzionava, tra quei due? Erano una coppia aperta? Era stato con ragazzi del genere, con la differenza che in quei casi era andato a letto con entrambi, quasi sempre contemporaneamente. La situazione almeno lì era bilanciata. In questo caso... non voleva ferire Nicolas. Ma quante volte era già successo? Ashley... anche lei doveva essere un'amante di Hunter, e probabilmente Nicolas lo sapeva. A questo punto veniva la domanda successiva: Scott era solo l'ultimo di una lunga lista? Hunter era un puro, semplice, sporcaccione che usava il suo lavoro per adescare ragazzi più giovani?

Drizzò le orecchie quando passò vicino alla staccionata con siepe che delimitava il loro giardino con piscina. Qualcuno stava parlando e riconobbe la voce di Hunter. Si arrestò, cercando di concentrarsi. Sì: era Hunter, e stava parlando con un'altra persona lì presente.

Con molta cautela, cercò un punto dove la siepe fosse meno fitta e si piegò per sbirciare.

Non riusciva a sentire una sola parola distinta, ma la voce era maschile. Riuscì, tra le foglie, a scorgere l'uomo che conosceva e accanto a lui un altro, significativamente più giovane o almeno così sembrava. Quest'ultimo aveva una mano sui fianchi e parlava gesticolando. Pareva alterato, ma non eccessivamente. Da quell'angolazione, Scott riusciva solo a vedere che era poco più basso di Hunter e che aveva i capelli castani e corti, ma era abbastanza certo di non averlo mai visto prima. Storse la bocca. Vide Hunter, all'improvviso, accarezzargli il braccio in un gesto rassicurante, il ragazzo che si scostava con uno strappo adirato. Poi, però, riprendevano a parlare.

Scott si tirò su, confuso. Un piccolo nodo allo stomaco che si stringeva. Chi era? Se entrava adesso nella villetta, l'avrebbe scoperto. Cercò di respirare lentamente. Riprese a camminare, un passo dietro l'altro, comportandosi come se dovesse camminare sulle uova.

Quando fu nel vialetto d'accesso, con l'erba bella tagliata ai lati, quasi sussultò vedendo la porta che si apriva. Era troppo tardi per nascondersi. E, comunque, non ce n'era motivo. Fatto stava che dalla porta stava uscendo proprio il ragazzo della piscina, solo. Lo guardò meglio, prima che notasse la sua presenza: indossava dei normali jeans e una maglietta arancione con delle palme disegnate e, sopra, una camicia con una fantasia marrone stinto a maniche corte. Qualcosa nella sua persona diede a Scott la suggestione che si trattasse di un altro artista. Il ragazzo alla fine sollevò gli occhi su di lui e si accorse della sua presenza. Le pupille si contrassero. Rallentò.

Scott comprese che voleva fermarsi a parlare prima ancora che lo facesse. Così lo prevenne: "Ciao. Sei un allievo di Hunter?"

"No. Tu devi essere il ragazzo che gli ronza intorno adesso, eh? Quanti anni hai?" gli domandò lui severo.

Senza scomporsi, Scott abbozzò un sorriso e porse la mano in un gesto affabile: "Mi chiamo Scott Wilson. Ho ventuno anni. Questo rappresenta un qualche tipo di problema?"

"Parecchi" fu la sua secca risposta. Il ragazzo gli strinse la mano e disse: "Sono Daniel Smith."

Da quella risposta così fulminante, Scott non ebbe più dubbi; anche quel ragazzo doveva essere una sorta di amante o qualcosa di simile. Sembrava infastidito dalla sua presenza, quantomeno; forse era geloso di essere stato soppiantato da qualcuno più giovane. In ogni caso, la questione non piaceva molto neanche a Scott.

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