30- Il solito terribile incubo

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Iael's pov

"Mi hai davvero chiesto di essere la tua ragazza?"

Dalle sue labbra, ancora molto vicine alle mie, esce la sua calda risata.

"Ovviamente piccola Iael. Anzi, per essere precisi, te l'ho ordinato"

È vero. Aveva scritto Sii la mia ragazza con la panna. Non era affatto una domanda teoricamente. Mancava un punto esclamativo al termine della frase e sarebbe diventato un ordine da generale. Mi ci vedevo Rhydian ad impormi di essere sua, perchè in fondo sa benissimo che lo voglio.

Comincio a ripulire la sua guancia dalla panna.

Chissà se anche da bambino era così tenero come in questo momento. Chissà com'è la sua famiglia. Sarà asociale come lui o il darkettone davanti a me è solo un'eccezione di una generazione? E chissà se da bambino aveva degli amici o preferiva fare battute sarcastiche a chiunque volesse conoscerlo, pur di stare da solo.

Non so ancora molto della sua storia. Ma tempo al tempo, come dice lui, devo essere paziente ed aspettare che lui si fidi di me al punto dal farsi conoscere completamente.

Ho capito che il suo passato non è stato dei migliori. Se sua madre era spesso piena di lividi al punto di non riuscire a pettinarsi I capelli e suo padre se n'era andato- cosa che immagino grazie alla canzone che si era messo a intonare nel salone di mia madre- non deve aver avuto un inizio di vita tanto felice.

Le parole di quella canzone su suo padre erano ancora scolpite nella mia mente, e spesso immaginavo come doveva essere stata la sua infanzia tramite quel testo.

Una delle poche cose felici che mi aveva raccontato inerenti alla sua famiglia aveva a che fare col diario di suo nonno, Ulysses. Quello sembrava un ricordo felice per lui.

"Rhydian?" Mormoro mentre lui tiene gli occhi chiusi appoggiato alla mia fronte con la sua. Ha sonno, si vede.

Fa un semplice verso per incitarmi a continuare, una specie di grugnito cavernicolo. Il sonno sta proprio per avere il sopravvento su di lui.

"Mi racconti qualcos'altro di te?" Chiedo quasi in modo timido.

Sospira rumorosamente e si stacca dalla mia fronte per guardarmi negli occhi.

"Cosa vuoi sapere?" Sbadiglia passandosi una mano sugli occhi.

"Qualsiasi cosa"

"Ehm, mi chiamo Rhydian Alexander Moore, ho ventun'anni e abito a Londra" Alza le spalle. "Oh, e faccio da Bodyguard a una nanetta castana dagli occhi color cielo"

"Ma questo lo sapevo già, io vorrei -"

"Shh" Mi zittisce premendo un dito sulle mie labbra in modo per niente delicato "Non roviniamo questo momento" Sussurra tornando ad abbracciarmi. Appoggia la testa sulla mia, sì, è proprio stanco.

Anche volesse soddisfare in parte la mia tremenda curiosità non riuscirebbe a farlo.

"Forza, andiamo a dormire"

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Rhydian's pov

Sento delle grida ovattate in lontananza e quando apro gli occhi non posso credere a quello che vedo.

Intorno a me c'erano le pareti ingiallite del mio vecchio salotto, e il solito arredamento anni '70 rovinato dal tempo mi circonda.

Lasciando che il mio sguardo corra lungo le pareti del salotto, noto qualche macchia di sangue sul divano azzurro pastello e degli schizzi di quel liquido rosso anche sul muro di fronte a me.

Le grida non ci sono più, ora c'è solo quell'orribile silenzio intorno a me, I suoni sono ovattati e a me sembra di avere le orecchie immerse in acqua.

Mi alzo dalla moquette del mio salotto ancora sporca di sangue. Eppure ricordavo di averla pulita finchè le mani non mi bruciavano e l'odore dei prodotti era diventato parte di me.

Mi alzo tremante e noto I miei vestiti, le mie mani, il mio viso...io stesso sono ricoperto di sangue. Ma non è il mio. Poco più in la giaceva a terra il corpo esanime a cui avevo brutalmente strappato la vita. Quella persona non avrebbe più aperto gli occhi la mattina per ricominciare la solita e monotona routine. Tutto per colpa mia.

Ma la cosa peggiore è che non sento il macigno del senso di colpa dentro di me. Mi sento, leggero...libero!

La sensazione non dura molto. Comincio a sentirmi un mostro quando persino le persone che amo stentano a riconoscermi.

Sono ancora quel ragazzino sfigato, ero soltanto stanco di essere trattato in quel modo, vorrei dir loro.

"Rhydian, sei davvero tu?" Quella voce tremante non sembra nemmeno appartenere a Robin. La sua è arrogante e spesso maliziosa, mentre adesso a mala pena escono delle parole dalle sue labbra tinte di rosso.

"Robin, io-" Provo a muovere qualche passo nella sua direzione, ma lei muove gli stessi passi all'indietro, per allontanarsi da me.

"N-non ti a-avvicinare Rhydian" Inciampa su un giornale caduto a terra e copiose lacrime si fanno spazio sul suo viso pallido mentre striscia addirittura sul pavimento freddo per allontanarsi da me.

Di colpo la sua figura si annebbia, viene sostituita da quella bassa e formosa della mia piccola Iael.

No...non posso permettere che succeda un'altra volta. Non posso permettere che anche lei se ne vada. Non voglio che abbia paura di me.

Sbarro gli occhi e mi alzo ansimante. Intorno a me ci sono solo I muri bianchi di una suite e sto dormendo nel letto matrimoniale di un hotel stellato.

Sbatto le palpebre qualche volta, giusto per assicurarmi che sono davvero qui e non sto rivivendo il giorno che ha stravolto la mia esistenza, quello in cui mi hanno ingiustamente accusato di omicidio.

Per un attimo mi sembra di rivedere la moquette beige macchiata di rosso, al posto del parquet della suite. E I muri sembrano ingiallirsi e sporcarsi di colpo. Tutto questo è solo tutto frutto della mia crudele immaginazione.

Calmati, Rhydian.

Mi strofino gli occhi,tentando di cancellare quelle immagini ancora vivide nella mia memoria.

E per fortuna le sostituisco con le immagini di poche ore fa, di questa notte.  La piccola Iael sporca di panna per colpa mia, e in poco tempo una battaglia di cibo che cominciava.
Avevo sonno sì, ma non potevo non vendicarmi perchè mi aveva riempito metà faccia di panna.

Alla fine era lei ad essersi addormentata, appoggiata al bancone di acciaio mentre  io ed il guardiano notturno, che si era spaventato nel sentire il casino che stavamo facendo, avevamo messo a posto la cucina come meglio potevamo. Giusto per evitare uno sclero da parte dello chef questa mattina. È un uomo alto e con le braccia grandi quanto le mie e quelle di Brandon messe insieme. Avevo preferito non farlo arrabbiare e pulire la cucina mentre Iael dormiva appoggiata al ripiano.

Non hai pulito. Hai guardato il guardiano mentre faceva tutto il lavoro!

Mai sentito parlare di supporto morale?

Non gli hai nemmeno rivolto la parola, se non per dirgli dov'erano altre macchie e fargliele notare.

Beh, almeno gli ho evitato la fatica di cercarle.

Ma perchè hai una coscienza se poi non serve a nulla?

Già, bella domanda. La mia coscienza è utile solo a farmi provare sensi di colpa quando ho uno sbalzo d'umore con la piccoletta.

La guardo dormire appoggiata a me. Ha l'espressione serena, beata mentre riposa con la guancia stampata sopra il mio cuore.

L'avevo riportata in camera in braccio scoprendo che ha il sonno talmente pesante da non svegliarsi nemmeno se le fai sbattere accidentalmente un piede contro il comodino.
Povera piccola Iael, non sono stato e non sarò affatto un ragazzo perfetto. Ma il mio angelo, la piccoletta, aveva comunque accettato di stare con me. Ora deve solo restare.

Flicka and her BadassDove le storie prendono vita. Scoprilo ora