Capitolo 11

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«Sapevo che fosse quello giusto per te!»
Ethan sembrava più grande di un paio di anni con quella camicia aderente. Lasciava intravedere il suo fisico snello. Quel pomeriggio le aveva detto che in passato aveva frequentato un corso di boxe e che tendeva a tenersi sempre allenato.
I risultati si notavano.

Si sentì una stupida a guardarlo in quel modo e a pensare quelle cose di lui.

Aveva ricevuto i complimenti per come le stava il vestito da tutti e ciò non le aveva causato neanche un po' di imbarazzo, ma quando lo aveva detto Ethan, avrebbe voluto sprofondare dietro i suoi riccioli biondi.

Peccato che sua madre li aveva sapientemente acconciati sul retro, in modo da lasciare qualche boccolo sulle spalle. Le ballerine color carne che aveva comprato quella mattina facevano la loro figura.

Si sentiva bella.

Si chiese se fosse troppo elegante per l'evento, ma si era tranquillizzata sapendo che Ethan, sui jeans, avrebbe messo una camicia.

Erano le otto e tra qualche minuto la casa di Michael si sarebbe riempita di invitati.
Era così eccitata!

Aveva ascoltato John raccomandarsi almeno un milione di volte con Ethan; l'aveva fatto con un tono paterno e tanta fiducia.

La casa di Michael era strutturata su due piani; dall'interno proveniva il suono ovattato di una musica troppo forte, ma la casa era isolata rispetto alla lunga schiera di ville e quindi nessuno avrebbe protestato.

«Qualsiasi cosa accada, io sono con te. Quando vorrai andare via basta che tu me lo dica.»
«Vuoi spaventarmi, Ethan?»

Ethan scosse la testa «Non era mia intenzione.» sorrise.

D'altra parte, cosa sarebbe mai potuto accadere di tanto spiazzante?

Quando varcò la soglia della porta di casa Morris lo capì.

Il salotto era popolato da una massa di ragazzi della sua età che si confondevano tra loro, di alcuni riusciva a scorgerne solo il viso, di altri solo le braccia. Avrebbe giurato che fossero presenti almeno tutti i ragazzi dell'ultimo anno, se non di più. Si stupiva di quanto fosse capiente quella stanza; a confronto, il salotto di casa di Ethan poteva essere un garage.

La quasi totalità delle persone prese a guardarla. Il chiasso inopportuno provocato dai gridolini di alcune ragazze fu inghiottito dal silenzio, ben presto solo la musica continuava a ripetersi indisturbata. Poi, però, iniziarono ad emergere "le voci".

Ripetevano insistentemente il suo nome, in tono di domanda e di affermazione.

Tutti gli sguardi erano fissi su di lei.

Ecco cosa intendeva Ethan con quel suo "Qualsiasi cosa accada".
Eppure, una strana sensazione le scosse i pensieri. Il vero problema non era la situazione che era venuta a crearsi, ma il fatto che Lara non avvertiva alcun disturbo. Non si sentiva imbarazzata, non si sentiva fuori posto, anzi, il tutto le sembrò quasi "normale".

«Che succede qui? Perché avete smesso di ballare? Insomma, se non vi state divertendo potete tornarvene a casa vostra! » dal fondo del corridoio umano si levò la voce di un ragazzo.
Come fossero un richiamo, quelle parole fecero in modo che tutti riprendessero a ballare, a bere, a fare qualunque cosa stessero facendo prima del suo ingresso.

Il ragazzo che aveva riportato "l'ordine" si fece avanti.
Era leggermente più basso di Ethan, aveva la pelle scura, così come gli occhi e i capelli tagliati cortissimi.
«Oh mio Dio! Lara Wells!» il ragazzo la conosceva. D'altronde non era l'unico in quella stanza. Non si stupì.

Il sorriso di lui rivelò una dentatura perfetta e bianchissima che risplendeva sulla sua pelle. Il ragazzo prese la mano di Lara e la portò alle labbra, ne baciò il dorso prima di rivolgerle un altro sorriso «È un onore, per me, averti ad una delle mie feste.» disse.

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