Capitolo 27

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L'ultimo giorno a casa Bay.

La nostalgia aveva già iniziato a divorare ogni fibra del corpo di Lara, preludendo a quello che nei giorni successivi avrebbe dovuto subire, una volta lontana da quella stanza, dall'odore di lui impregnato nei mobili, nelle lenzuola, nelle mura della stanza.
L'odore che l'aveva avvolta e che le era rimasto addosso la sera dopo il ballo.

Storse il naso e la bocca le si piegò in una smorfia. Era china sul tema di storia che non aveva ancora preso forma.
Non avrebbe voluto lasciare quella casa nello stato d'animo in cui era.
Aveva paura che ciò l'avrebbe portata ad allontanarsi da Ethan, dato che non si sarebbero più visti al di fuori della scuola; e ormai, Ethan era diventato un fantasma tra le mura di quell'edificio.
Nelle ore che avevano in comune tendeva ad arrivare sempre dopo che Lara si fosse già seduta al suo posto e andava via prima di tutti gli altri.

Dopo il litigio dell'altra volta, poi, non avevano più avuto modo di parlare da soli ed erano rimasti in un clima di tensione.
Lara aveva visto più volte James mentre, passando accanto al fratello, scuoteva la testa e sbuffava.
Neanche a lui piaceva il suo comportamento.

Come dargli torto?

Nel tardo pomeriggio si concesse una pausa dallo studio e si accomodò in veranda, nel giardino alle spalle della casa.
Lasciò che il sole le baciasse la pelle; nonostante l'aria fosse ancora fresca, i raggi del sole erano già caldi.
Chiuse gli occhi e si rilassò.

«Hey?! Hey, svegliati!»
Qualcuno la stava scuotendo, colpendole ripetutamente la spalla.
Aprì gli occhi, confusa, vide il sole avviarsi verso la linea dell'orizzonte e capì di aver dormito per qualche ora.
Si strofinò gli occhi con i pugni «Devo essermi addormentata...»
«Già.»

Si girò in direzione della voce e squadrò Ethan da capo a piedi: nella mano destra stringeva la chitarra.
Si scambiarono uno sguardo imbarazzato, poi il ragazzo si voltò «Riposati pure.»
«No, aspetta.» si alzò di scatto dalla sedia di legno «Vado via io.»
Ethan doveva suonare e lo faceva sempre da solo, in quel pezzo di giardino, e Lara non lo avrebbe mai ostacolato.

Lui tornò indietro e si accomodò sulle assi di legno, come suo solito, portandosi la chitarra in grembo, con le labbra serrate.
«Ethan?!»
Il ragazzo girò la testa, continuando a mantenere il silenzio.
«Domani mattina andrò nel nuovo appartamento a Downtown.» sussurrò.

Il ragazzo prese ad accordare la chitarra, prestando poca attenzione alla sua compagna; poi alzò le spalle e sospirò «Non sei contenta?»

Lara lo guardava mentre era voltato di schiena, ma seguiva i movimenti delle sue dita, abili sulle corde «A dire il vero, no. Ma tu potrai avere di nuovo la tua privacy, i tuoi spazi, la tua stanza...»
«Lara, non si tratta di questo.» la interruppe, freddo.
Lara mosse un passo nella sua direzione «Ascolta, Ethan. Io non ti ho mai chiesto di salvarmi da quell'incendio, non ti ho mai chiesto di portarmi a casa tua, né di portarmi via dal ballo. Non ti ho mai chiesto di baciarmi e, più di tutto, non ti ho mai chiesto di dirmi che mi ami.» posò la mano sinistra sul fianco, tentando di assumere un'aria da dura.

Ethan si voltò quanto bastava per guardarla con la coda dell'occhio «Io non mi pento delle mie scelte. Di nessuna scelta.»
«Ma io vorrei avere con te quella sorta di legame che avevamo prima...»
«Anche io, Lara. Il legame che avevamo prima dell'incidente.» disse.

Lara rimase interdetta.
Il legame che avevano prima dell'incidente?
«Che tipo di ...»
«Adesso devo suonare, Lara. Ne parliamo un'altra volta.» tagliò corto.
Lara abbassò la testa, cercando di nascondersi dietro i capelli.
Ethan non voleva essere disturbato.
Andò via senza dir niente e ripiombò nel vortice delle domande senza risposta che la sua mente le proponeva.

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