Capitolo 18

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La canzone di Ethan raccontava la storia di un uomo che dopo tanti errori aveva trovato in una donna la sua possibilità di redenzione.
Ma adesso, era costretto a lasciarla a causa del suo stile di vita malato.

Ethan era così bravo con le parole. Ci sapeva decisamente fare. D'altra parte, Lara lo aveva notato dal modo in cui, con poche frasi, quel ragazzo riusciva sempre a farle perdere la testa. Era un pericolo ambulante per il cuore di Lara.
E quella canzone era l'apice della sua sensibilità.

Se Lara fosse stata superficiale, avrebbe considerato quella canzone un semplice testo scritto da un ragazzo profondo.
Purtroppo, per Ethan, Lara non era affatto superficiale, no, lei scavava a fondo in ogni cosa.

E quel testo, non apparteneva solo al giovane uomo scapestrato.
Quel testo era una richiesta disperata.

Ethan si era tradito con una sola strofa, la cantava mentre i suoi occhi erano puntati in quelli di Lara «In those eyes I saw the keys to the heaven,
You know,
I don't want to be damned so let me save them.
Give me the chance to show I'm not your saver,
it was you,
who gifted me the best, but please remember..
Remember about me, my goddess
Let's create the unforgettable.»

Eh già. Ethan le stava chiedendo di ricordare.
Ed era disperato e sconfitto per colpa di Lara.

Non era questo quello che voleva.

Lara si alzò prima che Ethan concludesse. Si allontanò a grandi passi, nel giardino, voltandosi di schiena, nascondendogli le guance bagnate dalle lacrime.

Malediceva sé stessa e la sua inutile mente.
Piantò i piedi nell'erba: ormai le lacrime non le permettevano neanche di guardare avanti a sé.
«Hey, Lara.» Ethan abbandonò la chitarra e la ragazza lo sentì avvicinarsi «Lara, che succede?»

Come se lui non lo sapesse...
Perché faceva finta di nulla?
Era stato lui, con quelle parole, a ridurla in quel modo.
Lara si voltò di scatto, sorprendendolo con un'espressione di impotenza «Non ce la faccio, Ethan!» singhiozzò.
Ethan era sconvolto.
Lara odiava sé stessa anche per tutti  i casini che aveva portato nella vita di lui.
«Mi dispiace, Ethan, io rinuncio...» scosse la testa.
«Rinunci? Lara ...» il suo tono era molto più dolce adesso, ma non più tranquillo.
«Sì. Rinuncio. Non riesco a ricordare, non ci riesco.» urlò, scossa «I-io ci ho provato, lo giuro... M-ma non ci riesco. Non voglio più combattere contro me stessa.»
Ethan alzò una mano, la protese verso di lei e raggiunse la sua spalla.
«Lara, tu non puoi rinunciare, stai andando così bene...» cercò di sollevarla.
Era pietà quella negli occhi di lui?
«Non è vero, non puoi capire. Nessuno di voi può capire come ci si sente ad abitare il corpo di una persona che non si conosce, a vivere la sua vita e a chiedersi ogni giorno cosa... quale comportamento sia giusto o sbagliato.» gli urlò contro con foga, tanto che Ethan balzò indietro, ma mantenendo il contatto tra la sua mano e la spalla di Lara.
«Ci siamo noi ad aiutarti, devi stare tranquilla.»
Lara sorrise, ironica «Voi? Voi non siete me! Neanche io sono me! Non so più chi sono, non so come dovrei essere.» strattonò la mano del ragazzo in preda alla collera «Cosa ne puoi sapere tu?»
Ethan la guardò interdetto, probabilmente deluso, ma sicuramente ferito.

Che aveva combinato? Non voleva ferirlo.
Ethan era l'unica persona che non faceva parte della sua famiglia  ad essersi preso cura di lei. E adesso lei lo stava rimproverando per non aver sofferto quello che aveva sofferto lei.

Che razza di persona sei, Lara Wells?

Non appena si rese conto di quello che aveva fatto e del panico nello sguardo del ragazzo, la paura la prese d'assalto.
Non voleva che Ethan la abbandonasse a causa del suo comportamento da ipocrita.
«Sc-scusami, Ethan... Scusami.» piagnucolò.
Le gambe adesso le tremavano. Si sentiva una stupida bambina agli occhi di lui. Si coprì il volto con le mani e diede libero sfogo alle lacrime, ai singhiozzi, al tremore.

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