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I giorni seguenti furono stranamente tranquilli.

Jimin già dalla sua seconda settimana di lavoro cominciò a prenderci la mano, sapeva cosa fare senza quasi mai dover chiedere aiuto o spiegazioni ai suoi colleghi.
Nonostante quest'ultimi si comportassero sempre cordialmente con il sottoscritto ci teneva ad imparare a cavarsela da solo.

Era meno stressato, e bizzarro a dirsi, il suo carico giornaliero di mansioni mandate dal suo Capo Redattore era diminuito nonostante la figuraccia fatta giorni fa.
Passava le sue pause pranzo con Namjoon o Jin, a seconda degli orari, affezionandosi a quella coppia in tempo molto breve.

E sì, riusciva finalmente a respirare senza sentirsi perennemente in ansia dal cumulo di lavoro sulle spalle.

Eppure c'era un piccolo particolare che continuava a tenerlo sveglio la notte.
Lo mandava in bestia, doveva sapere.

Prese coraggio e si alzò dalla sua postazione, decidendo di affrontare seduta stante Jungkook.

Mentre prendeva l'ascensore per raggiungere il ventisettesimo piano ripensò a ciò che era successo lo scorso sabato:

Dopo le urla di Taehyung al telefono il biondo era stato accompagnato a casa dal suo supervisore sebbene in più piccolo aveva insistito nel chiamarsi un taxi.
Il tragitto in auto era stato silenzioso, carico di tensione, cosa che succedeva ogni volta che si ritrovavano soli.

Con l'unica differenza che Jungkook non poteva scrutarlo come al solito a causa degli occhi fissi sulla strada.

Jimin si era sentito in imbarazzo (era ormai divenuta un'abitudine) per l'accaduto della notte precedente, sapeva di aver infranto quell'immagine di ragazzo maturo e responsabile che faticosamente aveva cercato di cucirsi addosso.
Il biondo appena uscito dall'auto era scappato dentro casa senza neanche ringraziare il suo capo.

Si maledì mentalmente accorgendosi di esser arrivato davanti al suo ufficio.

Bussò.

Sentì le voci provenienti da dietro la porta cessare e dopo un paio di secondi qualcuno disse

"Avanti"

Jimin entrò cautamente e rimase sorpreso nel trovandosi di fronte il suo capo non indaffarato a digitare in apparecchi elettronici come sua consuetudine.
Era in compagnia, c'era un uomo dai capelli rossi e mossi, sembrava che avessero la stessa età.

"Signor Park, è successo qualcosa?"

Disse il suo superiore girandosi verso di lui.
Anche il rosso lo stava guardando ora, con un grosso sorriso furbo sulla faccia.

"Credo che tornerò un'altra volta, non vorrei disturbare signore"

"Hoseok non te ne stavi andando?"

Il moro lanciò un'occhiataccia al suo amico incitandolo ad uscire, fortunatamente il rosso colse l'implicita richiesta e incamminandosi verso la porta, sempre con un ghigno in viso disse

"D'accordo, me ne vado. Ciao stronzo, ciao Jimin"

Urlò Hoseok salutando entrambi con una mano.

"Ma come fa a sapere il mio nome?"

"Perché sei qui Jimin?"

A quanto pare Jungkook era un professionista nel glissare; riusciva a sorvolare su ogni domanda scomoda.

"Volevo chiederle una cosa"

"Jimin, è ancora presto per farti revisionare i manoscritti per le uscite del mese prossimo, ma ci sto lavorando"

Spiegò Jungkook guardandolo

"Io n- aspetti cosa? Sta prendendo in considerazione l'idea di farmeli revisionare?"

Chiese il biondo improvvisamente
euforico dalla notizia

"Non eri venuto per chiedermi di questo?"

"Ehm, no ecco.. v-volevo sapere di venerdì notte.... potrebbe dirmi che cosa ho fatto esattamente?"

"Ho già detto che non te ne parlerò signor Park, dovresti imparare a tenere fuori le questioni private dall'ambito lavorativo"

Proferì il maggiore lanciandoli un'occhiata infuocata.

"Ma i-"

"Jimin non farmi perdere le staffe, è tutto?"

L'occhiata da infuocata si era trasformata in omicida.

"Sì signore"

Detto questo il biondo uscì, non si era arreso.
Sarebbe riuscito a scoprire cosa Jungkook gli stava nascondendo.
A tutti i costi.

How dare you?  ➿JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora