Chapter Fifty-Two

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Rebecca's pov
Era ormai una settimana che non si faceva altro che parlare dell'imminente arrivo del ballo di autunno, ed ovviamente io non avevo nemmeno un accompagnatore. Tutte era così eccitate e felici, mentre io volevo sprofondare nel nulla. Inoltre negli ultimi giorni Emma si comportava in modo strano, spariva spesso, mi evitava, si scambiava strane occhiate con Jacob, tanto che mi fece pensare che i due si frequentassero, ma il castano passava molto tempo con me e dubito che quindi potessero ipoteticamente frequentarsi.
Come ogni mercoledì che si rispetti mi dirigevo verso l'aula di inglese, non mentalmente pronta ad affrontare le seguente lezione. Mancavano due giorni al ballo d'autunno e, sebbene non lo volessi ammettere, desideravo profondamente che qualcuno si facesse avanti, proponendomi di andare al ballo con lui.

Giunta davanti all'aula qualcuno mi toccò la spalla, fermandomi dall'aprire la porta, mi voltai e scorsi Jacob, che nascondeva qualcosa dietro la sua schiena. Gli sorrisi dolcemente, mentre lui sembrava piuttosto teso.
-Tutto okay?- gli domandai cambiando radicalmente espressione del mio viso, lui annuì, anche se non ero completamente convinta.

-Io mi chiedevo se... Sì, insomma... Se ti... Se ti andasse di venire al... A-al ballo con me.- disse porgendomi una rosa rosso sangue. Alternai lo sguardo dai suoi occhi alle sue mani tremanti, che stringevano la rosa. Per un attimo pensai che stesse scherzando, che mi stesse prendendo in giro, ma la sua ansia e la paura, che gli si leggevano negli occhi erano vere.

-Ooh Jay... Certo che sì!- esclamai eccitata ed abbracciandolo di slancio, il che lo sorprese, ma ben presto ricambiò, lo sentii sospirare e rilassarsi. Ero sicura al cento per cento che lui fosse il mio angelo custode. Non potevo neanche descrivere a parole l'infinità di bene che provavo nei suoi confronti, nonostante tutto quello che era successo noi.

-Allora... A dopo, Reb.- disse lui scappando via imbarazzato fino a l'ultimo capello. Ridacchiai entrando nella classe, dove il professore mi lanciò un'occhiata trucidante, ma non disse nulla, io mi sbrigai a sedermi ed a seguire la lezione.

...

Le lezioni erano finite da un bel po', ma io non riuscivo a trovare il mio libro di chimica, quindi ancora ero dentro quell'inferno. Non ricordavo dove l'avessi lasciato, non era né nell'armadietto, né sotto il banco della classe, né nella borsa, né nei bagni. Avevo finito la lista dei posti, probabilmente qualcuno se l'era preso. Per questo mi stavo dirigendo verso l'uscita, passando davanti alla palestra quando sentii un pallone ribalzare, come se ci fosse qualcuno a giocare a basket. Proseguii per la mia strada, volendo solamente tornare a casa e sbrigarmi, visto che l'autista mi aspettava.
Accelerai il passo, quando passai davanti ad una classe sentii degli ansimi e dei gemiti, un'espressione di disgusto si disegnò sul mio volto, proprio in quel momento, alla fine del corridoio, apparve una figura, che solamente dopo una manciata di minuti riuscii a riconoscere: Christian Shelton. Le mie gambe divennero improvvisamente gelatina, tutto aveva iniziato a girare, la mia testa pulsava, faticavo a respirare, il mio labbro inferiore aveva cominciato a tremare e delle lacrime spingevano per uscire. I ricordi di quel giorno tornarono, come se fosse successo solo pochi attimi prima: lo spogliatoio, le sue mani, le sue labbra, la mia paura, la sua voce. Era come essere dentro un incubo.

-Bene bene bene, guarda chi si vede... Becca! È da tanto che non ti incontro...- parlò lui facendo palleggiare il pallone da basket sul suolo della palestra. Mi sentivo come se tutte le mie funzioni vitali avevano smesso di funzionare, ero in completo black-out. Non dissi nulla, lasciai che il silenzio fosse colmato dal palleggiare di quella palla.

-Che hai? Il gatto ti ha mangiato la lingua?- domandò retoricamente, ridacchiando davanti al mio silenzio. Spinsi la schiena contro la porta, facendola aderire completamente. Cercai di respirare come prima, ma sentivo le vie respiratore otturate. Inoltre il moro aveva iniziato ad avanzare verso di me, con il suo solito fare strafottente.

-Io direi che...- si fermò a metà strada, mi guardò, ghignò ed aumentò il passo. Mentre io entravo nel completo panico, sentivo delle goccioline di sudore attraversarmi la fronte, il cuore tamburellare contro la gabbia toracica, la gola completamente secca e la testa mi pulsava. Dopo pochi secondi Christian era davanti a me, la palla era rotolata via. Io mi ero spalmata contro il muro, come per cercare una specie di sostegno fisico. Ghignò ancora una volta, mentre mi sfiorava la guancia sinistra con i polpastrelli. Schifata voltai il capo, sperando che arrivasse qualcuno, ma la scuola era totalmente vuota.

-Dovremmo riprendere quello che abbiamo interrotto, non pensi, Becca?- disse ed il mio nome sussurrato dalla sua bocca mi dava un senso di ribrezzo e schifo, mi faceva accapponare la pelle, mi rivoltava, mi faceva venir voglia di vomitare. Avvicinò i nostri corpi, per poi far scivolare una sua mano dietro la mia schiena, vicino al sedere. Non riuscivo a muovere un muscolo, vivevo il tutto come se fossi una persona esterna, come se non stesse accadendo veramente a me.

-Chi tace acconsente, no?- disse ridendo e stringendomi in una presa leggermente dolorosa, sussultai, sentendo una lacrima percorrermi la guancia. Ero così impotente, esile, fragile tra le sue braccia. La testa era un caos totale, non riuscivo a mandare ordini al mio corpo, che quindi restava immobile e si lasciava toccare da quell'essere ripugnante. La mano sinistra si adagiò sulla mia guancia, facendomi voltare verso di lui, i nostri occhi si incontrarono e non riuscii a riconoscerlo in quelle due pozze blu, era cambiato, non trasmettevano più tranquillità e premura, ma solo terrore e disgusto. I nostri nasi quasi si sfioravano e temevo che da un momento all'altro mi avrebbe baciata, ma quello sarebbe stato il minor dei problemi.
Ben presto le sue mani furono su entrambe le mie natiche, strizzandole, un singhiozzo uscì dalle mie labbra screpolate, mentre dentro di me mi sentivo spezzare come un bastoncino di legno.

-Non puoi capire da quanto io sogni questo momento, Beck...- sussurrò viscido vicino al mio orecchio, per poi mordicchiarmi una parte indefinita del mio collo. Iniziai a piangere, volendo smettere di sentire tutto quello, volendo reagire, volendo che lui la smettesse, che ritornasse in se, volendo che tutto quello fosse solo un incubo.
La tortura andò avanti fin quando non portò le mani più sù, tentando di sganciarmi il reggiseno, fu lì che qualcosa scattò in me.

-Per favore...- sussurrai flebilmente, ebbi paura che non mi sentisse neanche lui. Invece sorrise e basta, sbrigandosi a slacciarmelo. Riuscii a muovere un braccio, solamente per poi buttargli addosso, come se fosse un sacco di patate. Non gli aveva fatto assolutamente nulla, a confronto ero un ammasso di polvere.

-Non ci vorrà molto, sarà rapido ed indolore, tesoro.- disse ghignando ancora una volta, mentre portava le sue viscide mani sul mio seno, ma prima che potesse toccarlo...

Spazio Me!
Haloooo! Come va? Io t'appost, lol
È da tanto che non aggiorno, e mi dispiace, ma spero che vi piaccia il nuovo chapterr.
Stellinate e commentate pleasee
Byee

Tough Love  ||Blake Gray Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora