Chapter Fifty-Six

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Mi svegliai a causa della mia solita sveglia, le mie palpebre sembravano essere incollate tra loro, come se avessi la congiuntivite, avevo un leggero mal di testa ed inoltre sentivo un peso morto sul mio ventre, mi tirai su lentamente e mi guardai attorno per poi notare Jacob sdraiato al mio fianco: la bocca semichiusa, da dove fuoriuscivano dei leggeri sbuffi, i capelli, castani più chiari sul ciuffo, erano sparpagliati sul cuscino bianco, le sue guance erano rosee come sempre ed era sdraiato a pancia in sotto. Un piccolo sorriso si espanse sul mio volto, facendomi sentire il cuore scaldarsi alla vista del mio migliore amico al mio fianco, come sempre.
Mi morsi il labbro inferiore ripensando alla notte precedente, le lacrime versate, i suoi abbracci, i suoi baci sulla mia testa, le sue braccia attorno a me, le sue carezze, anche solo la sua presenza mi faceva sentire bene ed amata.

-Che ore sono?- una voce interruppe i miei pensieri mattutini, mi girai per guardarlo, notando i suoi impastati dal sonno e le sue ciglia che contornavano quel verde splendeva per la luce che filtrava dalle tende della mia camera, quasi completamente illuminata. Gli sorrisi, notando quanto in realtà fosse stanco, non deve essere stato facile passare una notte con me.

-Le sette e trenta... Oddio! Sono le sette e trenta! Cazzo, Jacob, mia madre mi ammazzerà, soprattutto se ti vede qui!- esclamai io alzandomi di scatto dal letto, nella fretta non avevo fatto caso alla mia assenza di pantaloni, dal momento che me li ero sfilati durante la notte, avendo troppo caldo per poterli tenere. Il venticello di novembre subito si fece sentire, scontrandosi contro le mie gambe. Sperai che Jacob non l'avesse notato, ma quando lo guardai i suoi occhi mi stavano già perlustrando il corpo, facendomi sentire molto a disagio, facendomi arrossire le gote.

-Calmati, i tuoi sono in 'gita' con i miei. Torneranno stasera.- sussurrò sdraiandosi di nuovo sul letto, facendomi tirare un sospiro pieno di sollievo. Mi gettai anch'io su di esso, al suo fianco, fissando il soffitto, avendo la mente piena di pensieri, ma guardando il castano al mio fianco riuscivo a leggere nei suoi occhi quanta voglia avesse di farmi una miriade di domande riguardo a ieri sera.

-Jacob...- avevo sussurrato flebilmente, temendo che non mi avesse neanche sentita, ma non fu così. Infatti levò la sua mano da dietro la nuca, posizionandola sopra la mia, sul letto. La sua era così calda e sicura, mentre la mia era semplicemente fredda e sudata. I nostri occhi si scontrarono capendosi tra loro, senza neanche il bisogno di parlare. Avrei voluto dirgli così tante cose, ma avevo troppo paura di scoppiare un pianto disperato, così mi trattenni. Avevo fatto abbastanza scenate per la settimana, temevo che avrebbe potuto pensare che io fossi debole e fragile.

-Quando sarai pronta a parlarne, ne parleremo. Fino a quel giorno cerchiamo solo di vivere felicemente!- esclamò alzandosi di scatto dal letto, facendomi prendere un colpo. La sua improvvisa euforia aveva scatenato una risata di gusto in me. Entrambi dovevamo andare a scuola, ma non avevamo tanta voglia, quindi decidemmo che per una volta non sarebbe successo nulla. Scelsi dei panni: uno skinny jeans nero, una felpa della Vans bordeaux e le mie vans nere. Diedi a Jacob una delle felpe dell'Adidas che gli avevo rubato tempo fa ed entrambi ci cambiammo, in stanze separate ovviamente.

-Sicura?- aveva sussurrato sullo stipite della finestra, io guardai di sotto ed annuii convinta: stavamo scendendo dalla finestra per non esser visti dai miei domestici, che avrebbero di sicuro fatto la spia a mia madre, dicendole che Jacob aveva passato la notte da me, perciò quando mi slanciai in avanti, atterrando sulla pianta dei miei piedi, non mi guardai indietro, anzi, sì, ma solo per vedere se Jacob fosse sceso.

-Ti porto in un posto.- disse correndo fuori dal mio giardino, lo seguii imprecandogli contro in tutte le lingue, inventandone anche delle nuove. Dopo una manciata di minuti ci fermammo, esausti dopo quei settanta metri di troppo. Eravamo proprio delle polpette molto pigre, sebbene fossimo abbastanza magri, anche troppo...
Scacciai via i miei soliti pensieri, quando arrivammo davanti ad un bar '1968' c'era scritto sull'insegna rossa e bianca. Entrammo prendendo subito posto su uno dei pochi tavoli liberi.

Tough Love  ||Blake Gray Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora