Capitolo 4 = In un lunedì è successo il miracolo che tutti aspettavano.

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Lascio andare un bel sospiro una volta che ho chiuso la portiera della macchina; controllo mille volte di aver preso il materiale che ho preparato per i bambini; e una volta sicura parto.

Il weekend è passato velocemente. Sono stati due giorni pesanti dato che ho camminato molte ore per fare vedere a Michela i posti più belli di questa città, ma allo stesso tempo sono stati dei giorni bellissimi, che non scorderò facilmente.

Questa mattina appena mi sono svegliata ho chiesto la posizione a Giada. Non sapevo proprio dove abitasse, e mentalmente me ne sono detta di tutti i colori perché è una cosa che avrei dovuto fare venerdì quando ci siamo incontrate. È una regola base chiedere la via.

Appena torvo la casa, parcheggio. Però... Alla faccia della casa. Si può definire una piccola villetta situata su tre piani.

Dopo che sono scesa dalla macchina, metto lo zaino sulle spalle e con l'ansia che inizia a farsi sentire cammino verso il cancellino.

Suono.

"Vieni pure, Matilde!" - Mi risponde al citofono.

Apro il cancellino e cammino lungo la stradina che mi porta verso l'entrata di casa. Apro la porta piano e la richiudo allo stesso modo.

"Buon giorno!" - Saluto Giada.

"Ciao, Matilde, ben arrivata!" - Mi dice.

I bambini fanno il loro ingresso in cucina. Entrambi hanno il broncio, sicuramente non avevano voglia di alzarsi.

"Oggi non hanno scuola, ma dato che è il tuo primo giorno, mi sembrava giusto che li svegliassi io!" - Mi spiega. "Salutate, bambini!" - Li riprende, Giada.

Il bambino mi saluta con la testa mentre si siede a tavola, mentre la bambina con la mano.

"Io devo andare al lavoro. Il padre non so cosa faccia per cui starai da sola con loro. Devono fare ancora colazione...". - Si avvicina ai bambini e li saluta entrambi con un bacio sulla guancia. "Mi raccomando!" - Abbraccia entrambi. "E tu per qualsiasi cosa chiamami!" - Mi dice.

"Tranquilla, sono certo che passeremo una bella mattinata!" - Le dico.

"Immagino...". - Commenta, il più grande, ma faccio finta di niente. Giada esce di casa, e rimaniamo così solo noi tre.

Mi siedo vicino a Libero.

"Io non vi conosco e voi non conoscete me... Per questo vorrei sapete con cosa fate colazione!" - Spiego ai due.

"Gocciole e latte con il cacao!" - Mi spiega la bambina.

"Tu sei... Genoveffa?" - Chiedo, strappandole una dolce risata.

"No... Sono Anita!" - Mi spiega.

"Ah!" - Mi alzo, e inizio a pepare, mi volto di scatto facendo un saltello. "Annaristasia?" - Chiedo, inventandomi un nome.

I bambini ridono, Libero si mette una mano in fronte.

"Anita!" - Libero, scandisce per bene le parole.

"E tu sei...". - Faccio finta di pensarci. I due si guardano in attesa che io dica il nome.

"Anita, dimmi l'iniziale per favore!" - Unisco le mani in segno di preghiera.

"L!" - Mi dice.

Ci penso su e poco dopo dico il nome.

"Libero?" - Domando, seria.

"Si!" - Risponde, passandosi una mano sui capelli.

Sorrido ad entrambi.

"La mia tazza è quella della Roma, mentre Anita ha Olaf!" - Mi informa Libero poco dopo che ho aperto l'anta.

Il senso di ogni cosa.  [Fabrizio Moro - #WATTYS2020].Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora