missing somebody

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"Sei la ragazza del tatuaggio" la guardai attentamente mentre lei continuava a guardarmi con odio.
"Sono sua sorella" mi corresse e alzai un sopracciglio guardandola scettica.
"Non gli assomigli nemmeno un po'" scossi la testa guardandola.
"Sono comunque sua sorella, e tu, stronzetta, lo hai distrutto!" Alzò la voce e distolsi lo sguardo dai suoi occhi blu.
"Zayn era un assassino, non voglio stare con un assassino" scossi la testa e lei distolse lo sguardo.
"Senti mocciosa, chiama ancora così mio fratello e ti faccio passare le pene dell'inferno" mi minacciò facendo un passo in avanti.
"Vedo che è una cosa di famiglia essere fuori di testa"
Pensava di mettermi paura?
Non avevo paura di una troietta bionda e probabilmente rifatta.
"Perrie, tu lasciala stare, Gomez, tu invece vieni con me" sentii la voce di Alex e lo vidi dietro alla ragazza che si girò verso di lui.
"Alex?" Chiese incredula e lui sorrise debolmente.
"Ciao Pez" la abbracciò e lei ricambiò l'abbraccio circondando con le braccia il suo collo.
"Non ti sei fatto vedere per anni" lei si staccò da lui e lo guardò negli occhi, lui invece sospirò pesantemente.
"Gli ultimi anni hanno fatto davvero schifo, mi sono isolato da tutti quanti, soprattutto dalla famiglia" spiegò e lei lo guardò tristemente.
"Per via di Jason" dedusse e lui annuì.
"È tornato dentro?" Chiese lei e lui distolse lo sguardo.
"Già" rispose dopo essersi leccato le labbra, poi guardò me che mi trovavo dietro della bionda ossigenata.
"Comunque sia ho bisogno del tuo aiuto"
Io andai dentro per poi lavarmi la faccia, indossai la giacca, avvolsi il mio collo con una sciarpa calda prima di andare fuori, notai che la ragazza bionda non c'era più, Alex stava messaggiando con qualcuno ma mise via il telefono quando chiusi la porta per poi chiuderla a chiave, la misi sotto il tappetino mentre lui mi guardava accigliato.
"Un posto un po' meno ovvio no?" Chiese alzando un sopracciglio e lo guardai male.
"Ho paura di perderla" risposi e poi scendemmo di sotto, salimmo nella sua Ford fiesta nera, misi la cintura e aspettai che mettesse in moto mentre guardavo fuori dalla finestra il paesaggio innevato.
"Hai un aspetto terribile, che è successo?" Chiese uscendo dal parcheggio del palazzo e io feci spallucce.
"Mi manca Zayn" risposi ovvia e lui sospirò pesantemente.
"Chiamalo e parlaci, gli manchi anche tu" mi consigliò ma scossi la testa ma poi capii.
"Aspetta, stai dicendo che ci hai parlato?" Chiesi girandomi verso di lui e mi guardò ovvio.
"Ci parlo ogni sera" rispose e sospirai pesantemente.
"So a che stai pensando e ti sbagli" disse e lo guardai scettica, lui invece rise.
"Ho qualche anno più di te e ho avuto relazioni tragiche, quindi sì, so a che pensi" disse facendomi ridere leggermente.
"Pensa che lo odi, ecco perché non ti chiama" spiegò e mi passai le mani tra i capelli.
"Io... Io non odio Zayn" scossi la testa con la fronte corrugata.
"La tua espressione dice altro"
"Seriamente, non potrei mai odiarlo, lui mi è sempre stato accanto, mi ha tenuta stretta mentre gli urlavo di andarsene, quando piangevo e non volevo stare con nessuno, lui stava lì, non diceva niente, rimaneva accanto a me e mi abbracciava" una lacrima mi rigò il volto ma la tolsi velocemente.
"Potrei dirti che dovresti odiarlo, che è una persona orribile ma ti mentirei" fermò la macchina davanti a casa mia e lo guardai confusa.
"Che ci facciamo qui?" Chiesi con odio e lui spense la macchina.
"Io niente, accompagno te, tu invece dovresti parlare con tua madre, è pur sempre tua madre"
"Mi ha mentito!" Alzai la voce e lui roteò gli occhi.
"Ti ha protetta, è diverso, ora muovi il culo e scendi, devo andare a lavoro" mi fece cenno di scendere e lo feci.
Guardai la casa attentamente, tutti i ricordi mi tornarono in mente, tutto quello che avevo vissuto lì dentro, tutte le cose orribili che mio padre mi aveva fatto.
Tolsi le lacrime dal mio volto e scossi la testa, col cavolo che sarei tornata lì dentro, c'erano tutte le mie cose ma non m'importava, ne avrei comprate altre. Alex aveva ragione, era comunque mia madre ma era lei che doveva venire da me a chiedermi scusa, non io da lei.
Cominciai ad allontanarmi di corsa da quella casa, le lacrime avevano offuscato la mia vista, le forze cominciarono ad abbandonare il mio corpo, ero stanca, non solo fisicamente.
Mi appoggiai al grande pino, mi sedetti a terra anche se la neve stava bagnando i miei pantaloni e gelando la pelle, rimasi lì a a guardare il vuoto a lungo prima di alzarmi da terra e andare a casa dove non feci niente tutto il giorno.

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