Un intero mese era passato da quando Federico chiese a Benjamin di provare a fumare e quest'ultimo aveva eseguito l'ordine.
Adesso il biondo era steso sul suo divano con una sigaretta tra le labbra a fissare il soffitto e pensare.
Il fumo che lasciava la sua bocca si disperdeva nell'aria. Fumo grigio, fumo tossico, fumo pensatore, fumo complice, fumo e ancora fumo. Forse Federico era così, così come il fumo, una nube che si vedeva ma non si poteva toccare.
Grigio perché la sua vita era costituita da totale schifo e ovviamente era paragonato al grigio.
Tossico essendo che qualunque persona avrebbe conosciuto il passato da cui scappa, avrebbe solo provocato dolore.
Pensatore poiché lui era sempre tra le nuvole a pensare.
Complice essendo che lui era sempre il complice di qualcuno.
Poi la sua mente navigò tra i mille ricordi, da quelli che scappava a quelli che stava vivendo.
Benjamin, lui era un ragazzo così innocuo, ingenuo, ma doveva usarlo per il suo accordo con i suoi amici e poi lo avrebbe messo da parte come le cose da dimenticare.
A volte però si ritrovava a chiedersi se andava tutto bene, se poi veramente non gli avrebbe importato dei sentimenti dell'altro, ma alla fine arrivava alla conclusione che doveva essere più egoista perché già sapeva cosa la gente aveva fatto passare a lui ed ora si divertiva a farlo agli altri, più o meno.
Quanto ci voleva che una persona si fidasse di lui? Quanto mancava a portarselo a letto? E quanto ci avrebbe messo a farlo innamorare di lui? Cioè Federico non vedeva già l'ora di terminare con questa sciocchezza, che poi tra le tante ragazze, perché come preda scelse lui? Era un punto fisso nella mente, era circondato sempre da ragazze e decise proprio Benjamin. Perché?
Ad interromperlo dai suoi pensieri è un rumore di chiavi che scatta nella serratura e la porta che si apre.
Sull'ingresso appaiono due figure vestite con giubbotti di pelle nera, pantaloni di jeans e una puzza mista tra alcol ed erba irrompe nel soggiorno dove il biondo giaceva tranquillo ma alla vista di quelle due persone il suo volto divenne rosso di rabbia."Ciao figliolo. Io e mamma andiamo un pò di sopra a divertirci e le bollette, spero per te che l'abbia pagate" disse ubriaco il padre.
"La smettete di comportarvi come due ragazzini? Perché non potrei avere due genitori che si prendano cura del proprio figlio e che paghino le bollette" parla il biondo.
"Ma tesoro, hai 22 anni. Non possiamo prenderci cura di te, sei oramai grande" risponde la madre.
"Io non parlo di adesso, parlo della mia cavolo di infanzia e della mia adolescenza, perché non potevo avere dei genitori che si prendevano cura di me? Perché cazzo?" urla esasperato Federico ed esce correndo di casa.
Uno dei tanti ricordi da cui provava a scappare, da cui si ritrovava a rifugiarsi, a cui non voleva pensare era proprio questo: l'assenza dei suoi genitori nella sua vita. Lo nascondeva a tutti, diceva che a lui andava bene così, diceva che non gli importava nulla dei suoi ma alla fine lui lo sapeva, non era così.
Prese la moto e come un razzo, la fece partire sfrecciando tra le vie di Roma.
Non sa dove, non sa quale sia la meta, però bastava che il vento sfiorasse il suo corpo per farlo sentire libero, di togliersi quel peso di dosso anche se non era del tutto tolto.
Voleva sfogarsi e decise di andare a casa di Stefano però subito prima di fare l'errore, constatò che all'amico non aveva mai raccontato troppo infondo la faccenda dei suoi e poi lo avrebbe visto in lacrime e non andava bene. Nessuno del suo giro lo aveva mai visto piangere quindi non poteva.
Poi scelse un'altra persona, quella di cui doveva prendere la sua fiducia, ma al primo sbaglio, sarebbe ritornato in sella a quella moto.
Si fermò ad un parcheggio vicino un bar, prese un pacco di patatine, due tramezzini già confezionati, due birre, un nuovo pacco di Marlboro e poi mise tutto dentro al "cestino" della moto.
Estrasse il cellulare dalla tasca destra dei pantaloni andando su registro e cercò il numero del moro, poi un lampo di genio.
Si tirò un leggero schiaffo in fronte e si ricordò che lui non ha mai chiesto al ragazzo il suo numero, si diede dello sbadato.
Risalì in sella diretto a casa del moro.
Arrivato lì sapeva ben certo che non poteva suonare perché se lo avrebbero beccato i genitori di quel ragazzo erano guai.
Si arrampicò dal muro aiutandosi con la moto che faceva da scala, scavalcò ritrovandosi per la seconda volta dentro quella villa solo che quel giorno era ancora mattina.
Cercò la finestra della stanza del ragazzo e la trovò aperta, afferrò una scala lì vicino, salì e fu sollevato che arrivava all'altezza del punto stabilito.
Si ritrovò così in quella camera, per la seconda volta e c'era lo stesso "ordine".
Sentì l'acqua scorrere e presunse che era nel bagno, varcò la soglia e lo vide di spalle nudo in quella vasca. Un sorriso comparve sul suo volto.
D'un tratto Benjamin chiuse il getto, si voltò e rimase lì fermo a trattenere il fiato e un sorriso si fece largo anche sulle sue labbra.
Poi il moro metabolizzò che era nudo, con gesti veloci afferrò l'asciugamano e se lo mise in vita."Per me potevi anche rimanere senza quel pezzo di stoffa" ecco che Federico aveva centrato il bersaglio poiché il piccolo divenne rosso in faccia.
Benjamin uscì dalla vasca andando incontro al biondo e lo scrutò passando un dito sotto l'occhio del ragazzo difronte.
"Hai pianto?" e questo non doveva domandarlo.
Federico fece per andarsene ma il moro lo bloccò, aveva capito che non doveva fare domande sulla questione privata.
"Vieni con me?" chiese il grande.
"Okay, però prima fammi vestire" e detto ciò indossò un paio di boxer, una polo azzurra e i soliti pantaloni color cachi.
"Ma solo quel colore hai? Sono orribili" disse il biondo indicando i pantaloni.
"Li ha sempre comprati mia madre perché dice che un vero uomo deve portarli di questo colore, ma alla fine non mi piacciono" afferma Benjamin.
"Ti starebbero bene degli skinny neri oppure dei jeans come questi" e questa volta indicò i suoi di pantaloni strappati sulle ginocchia che sembrava che un cane lo avesse aggredito.
"Avverto i miei che esco e aspettami fuori"
"Fuori la porta o fuori il cancello?"
"Dove hai lasciato la moto" il biondo annuì e uscì dalla finestra scendendo la scala in legno e andando alla sua moto.
Benjamin, invece, prese dall'armadio la giacca di pelle regalata dall'altro e quando scese i gradini, aprì la porta d'ingresso lasciando la giacca fuori e andando ad avvertire i suoi genitori.
"Mamma, papà, io esco con Einar, Alessia e Valentina" disse il moro ricevendo il permesso.
Riprese la giacca chiudendo la porta e cominciò a correre verso il cancello dove all'esterno trovò il biondo pronto con un casco in mano.
Benjamin indossò la giacca, mise il casco e salì sulla moto.
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Bl̷u̷e r̷os̷e // Fenji //
FanfictionBenjamin, quel tipo di ragazzo che è circondato da amici perlopiù falsi essendo che a scuola è molto bravo. Un ragazzo dolce e sensibile, con dei genitori avvocati e odia le feste. Tutto ciò che richiama il sabato, per lui è come una sigaretta. In...