Camila Cabello

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Camila: 19 anni
Lauren: 27 anni
Scusatemi se ci sono degli errori, ma non ho tempo per ricontrollare.

La mia vita era stata progettata dall'inizio fino alla fine.
Già quando ero bambina, sapevo che avrei dovuto seguire determinati studi e corsi, fare determinante cose e una volta diventata più grande, avrei dovuto sposare un uomo d'affari e portare avanti l'azienda di famiglia.
Sarebbe andato tutto liscio, se non avessi incontrato lei: Camila Cabello.
Incontrai Camila quasi per sbaglio. Sembrerà clichè, ma pioveva quel giorno ed anche tanto. Siccome era piena estate, nessuno se lo sarebbe mai aspettato e tutti si affrettavano a raggiungere un posto in cui ripararsi, che fosse il balcone di una casa o in un negozio.
Io, che in quel periodo avevo da poco iniziato a lavorare per mio padre, ero rimasta bloccata nella caffetteria mentre prendevo un caffè per cercare di calmare il grande capo, che sicuramente si sarebbe infuriato a causa del mio ritardo.
Tutti mormoravano qualcosa riguardo al fatto che, se avesse continuato a piovere in quella maniera, avrebbero tutti fatto tardi sia a lavoro che a scuola.
Fu in quel momento che la vidi. Nonostante il mormorio continuo delle persone, sentii il rumore di un motore. Sapevo che era una motocicletta, ed anche costosa, poiché mio fratello ne era totalmente appassionato. Quindi, a causa sua, avevo imparato anche io qualcosa.
Gli sguardi di tutti si posarono verso le finestre e le porte, per poter osservare chi era il folle che girava su una motocicletta con quel temporale. Tutti, me compresa, restarono a bocca aperta quando videro la proprietaria della moto. Dopo averla parcheggiata, scese dalla moto e si tolse il casco, permettendo alla pioggia di bagnare i suoi meravigliosi e lunghi capelli castani.
Entrò nella caffetteria con il casco sotto braccio, pienamente cosciente degli sguardi di tutti puntati su di lei. Dio, era così sexy...I capelli mezzi bagnati erano mossi e castani, e le ricadevano perfettamente lungo la schiena. Indossava un look total black: giacca nera in pelle, che metteva in mostra una canotta con il logo di quella che potevo immaginare fosse una band: the 1975. Le sue gambe lunghe erano strette in un paio di jeans super attillati, e ai piedi portava degli stivali con i lacci. Tutto in lei urlava "cattiva ragazza", e sicuramente sapeva di avere un certo effetto sulle persone.
Sentii delle ragazze ridacchiare, quindi non potei evitare di voltarmi a guardarle. Si affrettavano tutte a sistemarsi come meglio potevano, mentre osservavano quella ragazza come se volessero mangiarla.
Lei si passò una mano tra i capelli, portandoli su una sola spalla. Alzò poi lo sguardo nella sala, sorrise debolmente alle ragazze e poi camminò verso il bancone.
Una cassiera prese subito il suo ordine e dal modo in cui chiacchieravano, immaginai che fossero ottime amiche. La motociclista aveva tutta l'aria di essere lesbica, ma la biondina bassa con cui chiacchierava sembrava essere completamente etero. Ed il mio gay-radar non aveva mai fallito prima.
Prese quello che aveva ordinato, quindi si voltò per guardarsi intorno alla ricerca di un posto libero. Ormai, alcuni erano ritornati nelle loro conversazioni, alcuni più coraggiosi erano usciti dalla caffetteria sfruttando questo momento in cui pioveva di meno (nonostante ciò, non c'era comunque un tavolo libero). Io, dal canto mio, non ero stata in grado di toglierle gli occhi di dosso. C'era un qualcosa in lei che attirava la mia attenzione.

<<Posso sedermi qui?>>, chiese una voce dolce e meravigliosamente femminile.
Alzai lo sguardo per incontrare quei due occhi color cioccolato, che mi fissavano divertiti. Annuii, sentendomi come una bambina che era stata beccata mentre cercava di rubare la torta al cioccolato dal frigorifero.

<<Come mai non ti siedi con le tue amiche?>>, mi ritrovai a chiedere. Lei guardò il tavolo di ragazze che, mentre parlavano di qualcosa, non smettevano di guardare bella nostra direzione.

<<Loro? Non sono mie amiche>>, disse con un'alzata di spalle. <<Insomma, fingono di essere mie amiche solo perché mio padre è il preside della nostra scuola>>, continuò quando si rese conto della mia confusione. Adesso, però, lei non mi stava più guardando. La sua attenzione, infatti, era posta sul suo indice che tracciava il logo della caffetteria sulla tazza.

Camren one shotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora