3 - Solo per un po'

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Restai con Uriah per qualche ora e per tutto il tempo il mio amico fu di poche parole, tanto che arrivai a temere che mi stesse tenendo il broncio per la mia insistenza del giorno precedente.

Nonostante ciò, restò il bambino gentile e brillante che avevo conosciuto e ammirato. Riusciva a misurare ogni gesto e ogni parola con delicata fermezza, confinando i nostri discorsi entro i limiti che voleva lui. Mi cacciò a circa metà giornata, chiedendomi semplicemente di restare da solo per riposare. Fino a quel momento ero stata arrendevole in tutto, ma quando mi chiese nuovamente di non tornare non riuscii proprio ad accettarlo.

«Perché ti ostini a passare tutto questo tempo con me?» si lamentò davanti al mio secondo rifiuto. Era la prima volta che gli sentivo alzare la voce. «Me ne andrò via molto presto, se ti affezioni a me ti farai solo del male!».

«Lo faccio perché mi sono già affezionata a te! Vorrei averti incontrato tra qualche anno, così avrei potuto seguirti nel tuo viaggio» gli confidai con troppa ingenuità.

Per sua fortuna, Uriel aveva già imparato a celare la paura, perché in quel momento si rese conto di non avere alcun controllo sul nostro desiderio comune di non separarci. Né io ero disposta a cedere, né lui riusciva a imporsi in questo senso.

E come fanno spesso gli arcangeli in questi casi, nascose la paura dietro un tono aggressivo.

«Non parlare così, tu non sai niente di me!».

Sentii il mio stomaco contorcersi dall'ansia, sicura che se avesse potuto guardarmi, i suoi occhi mi avrebbero fulminata. Come poteva avere tanto ascendente su di me, un ragazzino che conoscevo da soli due giorni? Eppure non potevo cedere, non potevo accettare di perderlo.

A differenza di lui, io in questi casi mi nascondevo sempre dietro alle parole, con una schiettezza che di solito lasciava spiazzato il mio interlocutore.

«Non dire stupidaggini! In questi giorni ho imparato molto su di te, e comunque voglio solo aiutarti fino a che starai qui, qual è il problema? Se lo stai facendo per me, lascia stare. Ci rimarrò ugualmente male se dovrò salutarti oggi o più avanti».

Stavo mentendo spudoratamente, ma lui, che non conosceva i rapporti tra gli angeli comuni, fece l'errore di credere alle mie parole.

«A meno che io non ti stia dando fastidio» ripresi, «in quel caso ti lascerò in pace».

La faccia tosta non mi era mai mancata, la sicurezza invece sì. Per fortuna Uriel era ancora troppo piccolo per percepire le emozioni dei suoi protetti.

«Non potresti mai darmi fastidio» si arrese, tirandosi indietro i capelli biondo scuro con la mano. «Ma devi ricordare che resterò solo per pochi giorni».

«Me lo ricordo» mi ostinai.

Sapevo già che tornando da lui mi sarei fatta del male. A dispetto di ciò che avevo detto, mi stavo affezionando di più a Uriah ad ogni ora che passava. Non era da me compiere azioni così istintive, ma quel bambino... era diverso, c'era qualcosa in lui che mandava in tilt la mia razionalità.

Così tornai il giorno dopo e quello dopo ancora, e ogni volta passavamo intere ore insieme, a chiacchierare appoggiati alle candide rocce. Uriah continuava a pilotare i nostri discorsi su certi argomenti per evitarne altri - in primis la sua vita prima di partire – e iniziava a piacermi il modo in cui ci lasciavamo alle spalle la noiosa quotidianità, anche se tutto questo mistero iniziava ad incuriosirmi davvero molto.

Giorno dopo giorno, Uriah divenne sempre meno schivo e accettò perfino di appoggiare la testa sulle mie gambe per far penetrare meglio la medicazione, quando inizialmente faticava anche solo a lasciarsi sfiorare. Mi piaceva vedere che si sentiva a suo agio in mia presenza, era chiaro che non riusciva a farlo con chiunque.

My ArchangelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora