46 - Sotto lo stesso cielo

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«Com'è possibile?» chiesi ad Uriel, indicando le costellazioni uguali a quelle umane. «Quindi è vero che in realtà siamo nello stesso mondo?». Tra gli angeli esistevano molte teorie al riguardo e nessuna certezza... magari gli arcangeli ne sapevano qualcosa di più.

Uriel non guardava più le stelle, guardava me. Aveva posato il viso sulla sua grande ala che ora accoglieva entrambi e giocava con i miei capelli, regalandomi dei piccoli e rilassanti brividi. La luna piena emanava una fioca luce che rendeva l'atmosfera romantica e per un momento, voltandomi a guardarlo, persi il filo del discorso. Per fortuna il buio nascose il mio rossore improvviso, perché Uriel non sembrava intenzionato ad abbandonare il suo perfetto autocontrollo nei miei confronti nemmeno per un secondo. E forse, per il momento, era meglio così.

«Non lo so con certezza, ma gli arcangeli generalmente concordano con una teoria che riguarda il tempo. Crediamo di trovarci nello stesso pianeta, in due epoche così lontane tra loro che nel frattempo i territori hanno cambiato forma, trasformandosi nei continenti umani».

«Non ne avevo mai sentito parlare... Ma è davvero possibile? Voglio dire... in questo caso non dovremmo accorgerci di qualcosa?».

«Non necessariamente. Chiaramente non possiamo essere noi nel futuro, perché gli umani hanno modificato il loro pianeta troppo drasticamente, ma potremmo essere nel passato. Io lo ritengo probabile, e poi sono convinto che il nostro DNA, che si trasmette attraverso il mondo vegetale, in qualche modo abbia influito sugli esseri umani. Qualche tipo di legame tra di noi deve esserci per forza».

«E' una teoria affascinante».

Aveva un sorriso bellissimo. «Anche secondo me».

«Questo vorrebbe dire che tra molto, molto tempo, Abel sarà di nuovo qui...» fantasticai.

Il suo bel sorriso scomparve, facendomi immediatamente pentire delle mie parole.

«Va tutto bene, Uriel, sono felice di come sono andate le cose» mi spiegai meglio. Ci pensai bene prima di andare avanti. «Lui è con la sua anima gemella, e io... con la mia».

Lo sentii sussultare appena. Era inutile far finta di nulla, ormai ne ero certa, e arrivati a questo punto doveva esserlo anche lui.

Uriel accettò le mie parole silenziosamente, intrecciando la sua mano alla mia. I nostri visi erano ancora rivolti l'uno verso l'altro.

«Spero di non deludere le tue aspettative» ammise, stringendo più forte la mia mano. «Da quando gli arcangeli ne hanno memoria, non è mai accaduto che uno di noi avesse una compagna. Non ho idea di cosa accadrà d'ora in poi, ma temo... e in parte spero, che un giorno ti accorgerai che non ne vale la pena».

«Io ne dubito» lo avvertii.

Invece di rispondermi, Uriel avvicinò la mia mano alle labbra per baciarne dolcemente il dorso. Purtroppo sapevo già che avrei impiegato interi anni per rassicurarlo in proposito. Per il momento non potevo fare altro che aspettare, perciò preferii cambiare semplicemente discorso, in modo da non rovinare la serenità di quel bellissimo momento.

«Davvero non accade da così tanto tempo? Possibile che nessun altro arcangelo abbia mai incontrato la sua anima gemella?». Di solito la Natura trovava sempre il modo di farci incontrare...

Il suo sguardo si perse, volgendosi verso il cielo stellato. «In realtà credo che tutti la incontrino, prima o poi, ma ci è difficile creare rapporti con gli angeli, perciò è raro anche solo riconoscerla. Tu ed io ci siamo incontrati in condizioni particolari, ma se quel giorno io avessi avuto gli occhi scoperti tu ti saresti sicuramente spaventata, avresti chiesto scusa per il disturbo e saresti fuggita via. Io avrei potuto trovarti incantevole e ripensare a te ogni tanto, ma sarebbe finita lì. Tutto questo non sarebbe mai accaduto».

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