35 - Nessuna illusione

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Sono così orgoglioso di te, Azalee... il modo in cui hai reagito a tutte le cose brutte che ti sono capitate è ammirevole. Sei diventata esattamente come Abel ti aveva descritta: arguta e razionale perfino nei momenti di grande dolore, come hai dimostrato tu stessa accettando di lasciarti dividere artificialmente dalla tua protetta.

Il racconto di Uriel, ormai, era quasi al termine, ma nei pochi giorni che ancora restavano sarebbe cambiato tutto.

In realtà quella notte mi sentivo tutt'altro che arguta e razionale. Quando il mio arcangelo mi chiese di porgergli le mani per dividermi da Sarah, dovetti lottare ancora una volta contro le lacrime. Aprii davanti a me i palmi tremanti e lui li sfiorò a malapena con la punta delle dita, così delicatamente che sembrava non toccarmi nemmeno. Era palese che non avrebbe voluto avere nessun contatto con me, proprio non capivo perché la mia vicinanza gli desse tanto fastidio...

Guardai le nostre mani giunte illuminarsi appena attraverso il buio della notte, e perfino in un momento tanto delicato non riuscii a staccare gli occhi da quel lieve contatto tra di noi, dalle sue mani grandi e forti che sfioravano le mie, pallide e tremanti... fino a che improvvisamente non sentii mancarmi l'aria, percependo che una parte di me era venuta meno. Era Sarah, come avevo fatto a non accorgermi di quanto fossimo ancora profondamente legate? Fu straziante dirle addio di nuovo, ma Uriel aveva ragione, dopo stavo meglio. Sperai solo che lei a quell'ora della notte stesse dormendo, in modo che non dovesse sentire il distacco tra di noi per una seconda volta.

Restai in silenzio ad osservare le nostre mani giunte che smettevano lentamente di emanare luce, convinta di vedere Uriel alzarsi subito e andar via senza una parola. Invece non mi lasciò, e io iniziai a sentirmi... strana.

«Ora cosa stai facendo?» cercai di capire, esitando nel guardarlo.

Sapevo che gli arcangeli potevano modificare il nostro stato psicofisico. Da bambino, Uriel aveva provato a spiegarmi il fenomeno in termini di scambi energetici e, pur avendolo trovato incomprensibile, ricordavo che gli serviva un contatto prolungato come quello. Non che fossi preoccupata - a lui avrei affidato la mia vita ad occhi chiusi - ma sentivo il bisogno di sapere.

«Ti faccio addormentare. Ne hai bisogno o presto crollerai» mi confermò.

Il suo sguardo incrociò il mio per un istante, come per rassicurarmi. Nemmeno mi accorsi di perdere i sensi, sentii solo una sensazione piacevole quando il mio corpo smise di tremare e la mia testa di pensare. Poi il nulla.

Perdesti conoscenza in pochissimi secondi. Iltuo fisico era allo stremo delle forze, così alla fine avevo deciso che valevala pena di ritagliare un momento per noi, pur di lasciarti riposare. Le coseormai erano cambiate: durante la tua assenza Abel mi aveva convinto a raccontartila verità, e mi fidavo ciecamente di lui e delle sue certezze, ma desideravo edesidero ancora che alla fine tu decida di lasciarmi perdere. Per questo tentavodi parlarti e di toccarti il meno possibile, ma sentivo anche che la miafreddezza ti faceva male e faticavo a comprendere, per ogni situazione, comeera meglio comportarmi. Però, almeno mentre dormivi non ho dovuto preoccuparmene;ti ho presa tra le braccia e ho passato una manciata di preziosissimi minuti a guardareil tuo bel viso serenamente appoggiato sul mio petto. Quando ti ho riportata indietrosono rimasto per ore a guardarvi dormire, tu ed Abel ancora insieme così comevi avevo sempre immaginati. Non riuscivo a credere che stavo per portarlo via persempre con le mie stesse mani.

 Non riuscivo a credere che stavo per portarlo via persempre con le mie stesse mani

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