54 - La vita accanto a un arcangelo

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Mi ritrovai a terra, con la vista annebbiata e la testa che mi girava. Uriel era chinato accanto a me, cadaverico, mentre Claire piangeva a qualche passo di distanza da noi. Mentre ero ancora a terra vidi lui tirare un sospiro di sollievo nel vedermi aprire gli occhi e poi allontanarsi per andare incontro a Claire. La portò da me e la costrinse a guardare la mia... ferita? Parlavano di sangue e di aver corso un rischio enorme... Accidenti, come avrebbe reagito Uriel a tutto questo?

Claire non riusciva a smettere di piangere. «Mi dispiace Melanie, mi dispiace, non volevo farti male».

«Sto bene, non preoccupatevi» mentii, cercando intanto di rialzarmi.

Lei provò a raggiungermi, ma Uriel la trattenne e le parlò con una tale rabbia nella voce che spaventò perfino me.

«Toccala un'altra volta, e giuro che ti impedirò anche solo di guardarla da lontano» la sgridò.

«Calmatevi, ho detto che sto bene!».

Mi appoggiai al muro per rimettermi in piedi. Uriel era ancora spaventato, mi aiutò a sostenermi e volle portarmi subito via, lasciando Claire da sola in strada a riflettere sul suo errore. Non la degnò nemmeno di uno sguardo, e stavolta non sembrava che stesse recitando.

Mi sentii mortificata per la situazione che avevo contribuito a creare, ma ero troppo spaventata dalla possibile reazione di Uriel, per oppormi a lasciare Claire lì. Lui per tutto il tragitto fino a casa non disse una parola – cosa che accrebbe la mia preoccupazione - fino a che non ci chiudemmo la porta alle nostre spalle, ritrovandoci immobili l'uno di fronte all'altra in un cupo silenzio. A quel punto non avrei saputo dire chi dei due fosse più in ansia.

«Non trasformarti. O aggraverai il danno». Che parole secche...

«Perdonami, sono stata stupida ad avvicinarla in quello stato».

«E' vero. Quello che è accaduto è colpa tua, non sua».

Mi guardò con una severità che non avevo mai conosciuto prima. Le sue parole mi fecero molto più male di Claire, ma Uriel era così preoccupato per la ferita che non se ne accorse nemmeno. Aveva già iniziato a studiare il taglio tra i miei capelli.

«Vieni sul letto. Stai ancora sanguinando, voglio controllare che non sia nulla di grave».

«Ok, ma sto bene, davvero».

Mi fulminò con lo sguardo. «Smettila di dire che stai bene, sentiamo entrambi che non è così!».

Mi ammutolii, sentendomi improvvisamente piccolissima davanti al suo rimprovero. Uriel aveva ragione, continuava a girarmi la testa e sentivo pulsare dolorosamente il taglio, cose che lui poteva percepire perfettamente grazie alla sua empatia.

Ora si stava sedendo sul letto con quella stessa espressione preoccupata...

«Vieni, sdraiati e appoggia la testa sulle mie gambe» riprese.

Obbedii in silenzio, rannicchiandomi accanto a lui. In realtà ero agitata per la sua reazione molto più che per la ferita, ma soprattutto mi sentivo in imbarazzo, perché in quel momento Uriel era lì in veste di mio arcangelo e non di mio compagno... o di qualunque altra cosa fossimo al momento.

Sfiorò i miei capelli proprio dove sentivo pulsare, con la sua tipica delicatezza che non veniva mai meno. Se non altro, mi aiutò a calmarmi almeno un po'.

«Per fortuna non è nulla di grave. Adesso ti curo, ma sappi che farà male».

Annuii appena e restai in attesa, guardando i muri indorarsi mentre lui usava i suoi poteri di arcangelo su di me.

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