4 - Oltre i limiti

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Ignorai la delusione per la mancanza di fiducia del mio amico per non mortificarlo, dato che sembrava sinceramente pentito del suo gesto istintivo.

«Non preoccuparti, credo sia normale» lo scusai per aver scansato le mie mani, cercando poi di lasciarmi la questione alle spalle. «Una volta mi sono fatta male al ginocchio e anche io non permettevo a nessuno di toccarmi, nemmeno ad Abel. Ero sicura che sarebbe stato solo peggio».

Per Uriel fu difficile restare in silenzio. Lasciarmi credere che avesse paura del dolore mise a dura prova il suo orgoglio di arcangelo, ma al momento restava sicuramente l'opzione migliore.

Molti anni dopo, quando finalmente accettò di raccontarmi tutto sui suoi sentimenti per me, Uriel iniziò il suo lungo racconto descrivendo proprio quel momento.

Ricordo che quel giorno fui molto colpito dalla tua risposta, perché chiunque si sarebbe risentito di una reazione come la mia, dopo tutto ciò che avevi fatto per me, mentre tu riuscivi ad accettare qualunque mio comportamento pur non sapendo chi fossi davvero.

Tuttavia, proprio perché ancora non sapevo chi fosse, non resistetti alla tentazione di prenderlo in giro per allentare la tensione.

«Devo ammettere che non ti credevo così fifone» lo additai, toccando la sua spalla in modo che se ne rendesse conto.

Sapevo già come avrebbe reagito. «Io? Niente affatto!».

Assunse esattamente l'espressione contrariata che avevo immaginato, dritto nella sua postura impeccabile. Mi fece ridere, ma lui non riuscì a stare al gioco.

«E anche permaloso» aggiunsi davanti alla sua indignazione.

«Smettila! Non sono permaloso! E' solo che... non sono abituato a ricevere le critiche».

Lo stavo mettendo molto più in difficoltà di quanto credessi. Non solo per il suo orgoglio, ma soprattutto perché, senza saperlo, stavo oltrepassando un limite molto pericoloso: non si poteva mancare di rispetto a un arcangelo senza passare dei grossi guai, a salvarmi fu solo la mia totale inconsapevolezza.

«Va bene, va bene, stavo scherzando» mi arresi ridendo.

Uriah non rispose. Si incamminò in silenzio verso le solite rocce e io lo seguii, iniziando a temere che se la fosse presa davvero. Non si mise a sedere, eppure sapeva di dover far penetrare la linfa dopo la medicazione appena fatta.

«Non ti metti giù?».

«Tra poco». Aveva ancora un tono cupo. «Torna dai tuoi amici, Azalee. E' dall'alba che sei qui, si preoccuperanno se non ti vedono per tutto il giorno».

Purtroppo aveva ragione, ma non fu per quello che mi costrinsi ad accettare: fu il modo in cui aveva parlato, che nonostante la pacatezza non dava spazio ad alcuna replica.

«Ci vediamo domani» concluse con un lieve sorriso. Almeno sapevo che non si era offeso.

Mi allontanai controvoglia, continuando a chiedermi per tutto il tragitto come facesse un bambino così calmo e gentile a imporsi con tanta facilità perfino su una testarda come me.

Arrivai dai miei amici con il morale a terra. Senza di Uriah sarebbe stato un pomeriggio lunghissimo, e ormai non avevo più molto tempo per stare con lui: i suoi occhi erano quasi guariti e mi aveva già detto che si sarebbe rimesso in viaggio non appena possibile.

Abel si rese conto subito delle mie condizioni e si preoccupò molto. Non ero dell'umore adatto per stare con gli altri nostri amici, così mi portò a parlare aldilà della collina che costeggiava la nostra valle. Sapeva sempre come aiutarmi...

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