13 - Correre il rischio

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Dicemmo ai nostri amici di avere una cosa molto importante da dire, e loro capirono subito che riguardava il nostro misterioso amico. Miriam si preoccupò tantissimo, credeva che avessimo deciso di lasciare il gruppo per lui, e a quanto pare non era l'unica a pensarlo. Ma si sbagliavano, noi volevamo bene a loro quanto ad Uriel, e a meno di non essere costretti non avremmo mai voluto perderli.

Ci sedemmo tutti insieme nello spiazzo vicino all'albero più grande, che era il nostro punto di ritrovo per eccellenza. Il compito di raccontare tutto spettava a me, che avevo già iniziato a cavarmela meglio di Abel nei discorsi scomodi, così strinsi la sua mano in cerca di sostegno emotivo e cominciai.

Partii dal giorno in cui "il bambino del bosco" aveva tolto le bende, rivelando loro l'incredibile verità che avevo scoperto guardando i suoi occhi. Furono secondi lunghissimi, pieni di sguardi spaventati e increduli. Alla fine ci chiesero con chi passavamo tutto quel tempo, allora, visto che di certo non potevamo essere amici di quell'essere. La mia risposta li lasciò di stucco, al punto che per credermi dovettero avere la conferma di Abel, che per tutto il tempo era rimasto al mio fianco a tenermi la mano.

Si creò un silenzio di tomba fino a che Megan non prese la parola, sostenuta dai due ragazzi più grandi del gruppo: Peter e Gale.

«Ti rendi conto di quello che hai fatto, Azalee?» mi aggredì a denti stretti. «Collegando il gruppo a una persona del genere, metti in pericolo tutti quanti!».

«Non c'è nessun pericolo, Megan». Abel si mise tra noi per difendermi. «Azalee ti ha appena spiegato che...».

«Sì, ho sentito» lo bloccò. «Ma voi avete pensato che potreste non esservi resi conto di come stanno davvero le cose?».

«Megan ha ragione. Siete diventati spie inconsapevoli di qualunque cosa possa non andar bene agli arcangeli delle nostre azioni» concordò Peter.

«Quello che dite non ha senso!» provai a farli ragionare, pur sapendo che non sarebbe servito a nulla. «Voi non avete idea di come sia davvero Uriel, e in ogni caso ti assicuro che non ha alcun interesse per voi e per le vostre azioni».

A nulla valsero le nostre spiegazioni. Quei tre smisero di attaccarci solo quando Abel, ormai esasperato, fece la domanda che io non avrei mai trovato il coraggio di porre.

«Non vi stiamo chiedendo se siete d'accordo, vogliamo solo sapere se accetterete di averci ancora nel vostro gruppo anche se continueremo a frequentarlo».

Megan si ammutolì. Abel aveva un vantaggio enorme su di lei, perché Megan aveva una cotta per lui praticamente da sempre. Poi, quando Peter e Gale iniziarono a parlare di "bisogno di riflettere" gli altri presero la loro posizione e la discussione si allargò all'intero gruppo.

Miriam per prima sostenne che c'era ben poco su cui riflettere, e diversi nostri amici furono d'accordo: Christel e Kaelee, le mie amiche, e anche Caleb, Bastian e Samuel, che erano molto legati ad Abel. Alla fine la quasi totalità del gruppo si dichiarò disposta, pur di non perderci, a correre il "rischio" derivante dall'essere indirettamente collegati a un arcangelo, e Peter e Gale - ultimi rimasti contro la nostra decisione - dovettero arrendersi al volere della maggioranza.

Avevamo discusso per più di due ore.

Non potevamo prendercela per la loro reazione. Peter e Gale, insieme a Megan, erano le tre personalità più forti del gruppo e anche i ragazzi più grandi, che in quanto tali si sentivano responsabili di tutti noi. La loro era solo la normale reazione di chi voleva proteggere il proprio gruppo e in effetti, se non fosse stato per amicizia, qualunque angelo con le normali credenze sugli arcangeli avrebbe preferito allontanarci. Abel aveva ragione, era molto probabile che quella storia avrebbe avuto delle ripercussioni anche nel futuro. I nostri amici non avrebbero potuto sostenere quella situazione per sempre.

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