21 - Se diventasse amore

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Trascorsero delle giornate bellissime, in cui potevamo stare sempre insieme ad Uriel senza doverne rendere conto a nessuno. Con Abel ci divertimmo ad insegnargli tutti i giochi con cui passavamo il tempo con i nostri amici e, intelligente com'era, il nostro arcangelo riusciva ad eccellere in tutto già dal primo tentativo, affascinandomi ogni giorno di più senza che nemmeno me ne rendessi conto.

In quel periodo, non vivendo più al riparo nel bosco, capitò in più occasioni che degli sconosciuti si trovassero per caso nella nostra zona. Solitamente, prima ancora di provare a fare amicizia, i malcapitati notavano gli occhi di Uriel, si scusavano per il disturbo con più contegno possibile e se ne andavano via. Lui non sembrava risentirne particolarmente - diceva sempre che non gli importava di cosa pensassero gli altri e che quel timore gli era utile per farsi obbedire durante i suoi compiti - ma io provavo ogni volta un terribile senso di ingiustizia. Tutti lo temevano, quando invece Uriel era il bambino più buono e altruista del mondo, tanto che in quelle occasioni si preoccupava più per Abel e me che per se stesso. Ogni volta che succedeva ci ripeteva che la vita accanto a lui sarebbe sempre stata così e che, proprio per questo, sperava ardentemente che un giorno avremmo deciso di andarcene per la nostra strada.

Io non riuscivo nemmeno a considerare un'idea tanto assurda e ogni volta gli rispondevo che non sarebbe stato possibile, ma Uriel aveva in mente ben più di quello che ci stava dicendo. Dopo l'ultimatum del mio gruppo, aveva cercato senza sosta a una soluzione per "proteggerci da se stesso", scegliendo infine l'unica strada che gli era sembrata realizzabile: avrebbe forzato il nostro allontanamento fino a farci decidere che non valeva più la pena di sacrificare tutto il resto per stare con lui. Uriel sapeva già che il nostro tempo insieme stava per scadere.

*

La cosa che mi pesò di più della nostra convivenza fu accorgermi di quanto spesso e a lungo il mio amico stesse via. Notte dopo notte, mi resi conto di quanto sregolato fosse il suo sonno e di quanto spesso si impediva di recuperarlo per stare con noi, nonostante le nostre stesse lamentele. Altre volte, invece, crollava addormentato nella penombra del bosco, giorno o notte che fosse, e io potevo passare intere ore a guardarlo dormire solo per il gusto di vederlo finalmente riposare. Ma non erano sempre sonni tranquilli; spesso Uriel faceva incubi abbastanza tormentosi da farlo agitare nel sonno, e se tentavo di calmarlo reagiva al mio tocco svegliandosi di soprassalto. Abel a volte restava accanto a me a vegliarlo, mentre altre volte - quando Uriel era più tranquillo - andava alla riva e si esercitava a leggere le frasi che il suo amico scriveva per lui nel poco tempo libero a disposizione; altre volte ancora tentava di far allontanare anche me, e se accettavo era solo per Abel, che vedevo sempre più preoccupato per entrambi.

Se non fosse stato per lui e la sua insistenza, sarei rimasta perennemente accanto ad Uriel. Avrei voluto sostenerlo in ogni momento della sua difficile vita con la stessa forza d'animo che gli aveva dimostrato Abel e che io, purtroppo, non avevo.

Una di quelle notti, guardandolo dormire dopo un'intera giornata nel mondo umano, realizzai finalmente che i miei desideri stavano convergendo verso qualcosa di nuovo. Qualcosa di molto, molto pericoloso.

Quello che avevo non mi bastava più, avrei voluto diventare per Uriel più importante di Abel e di chiunque altro, accompagnarlo nei suoi viaggi anche a costo di farmi male e diventare il suo costante punto di riferimento. Capii che desideravo diventare la sua compagna, la compagna di un arcangelo, e quell'improvvisa consapevolezza... mi spaventò a morte.

*

«Azalee? Che ti succede?!».

Era la voce di Abel. Mi ero allontanata in fretta ed ero scoppiata a piangere dalla paura come una bambina. Per fortuna Uriel era stremato e dormiva profondamente, ma evidentemente avevo fatto abbastanza rumore da svegliare Abel.

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