24 - La battaglia più importante

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Se ripenso a quei giorni, credo di ricordare il momento in cui Uriel venne a conoscenza del nostro destino. Quel pomeriggio era tornato dopo diverse ore di assenza, pallido e agitato. Ci aveva guardati entrambi negli occhi per un secondo e poi era andato al fiume, restandovi fino a notte fonda senza mai muoversi. Avevo capito che qualcosa in lui non andava, ma mi ero arresa a non potergli più parlare, e in ogni caso non mi resi conto di quanto fosse agitato.

Fortunatamente Uriel cresceva sempre più forte e astuto, e riuscì a tramutare le sue preoccupazioni in impegno verso il suo nuovo compito. Da quel giorno usò ogni minuto del suo tempo libero per esercitarsi in attesa di partire e, nel frattempo, cercò di preparare Abel e me ad affrontare dei protetti di sesso opposto con i quali non avremmo avuto alcun legame empatico, pur senza potercene parlare apertamente per via delle regole degli arcangeli. Iniziò a parlare un po' di più con noi solo per poter mischiare a frasi senza importanza tanti piccoli consigli che ci avrebbero aiutati nel mondo umano e che, in effetti, furono preziosi.

Il giorno del suo quinto passaggio arrivò terribilmente in fretta e segnò la fase più brutta della mia vita. Non avrei mai potuto immaginarlo, ma il mio mondo sarebbe collassato interamente nell'arco di pochi minuti.

Al mio risveglio trovai Uriel seduto accanto a noi, cosa davvero rara. Mi chiese di svegliare anche Abel con un'espressione un po' strana e io obbedii subito con un po' di preoccupazione, scuotendo leggermente il suo braccio e chiamandolo a voce bassa. Si tirò su e si stropicciò gli occhi.

«Uriel. E' strano trovarti qui al mattino» si stupì a sua volta.

Abel non aveva la mia stessa paura di infastidirlo e dopo la premonizione era riuscito a riconquistare quel minimo di dialogo che io non osavo più permettermi.

«Aspettavo che vi svegliaste per parlarvi» gli rispose con la stessa strana espressione di prima.

Si alzò e si allontanò senza altre spiegazioni, alimentando la nostra preoccupazione. Mentre lo seguivamo, realizzai che nell'ultima settimana, in effetti, i nostri sguardi si erano incontrati più facilmente e che aveva passato un po' più di tempo accanto a noi rispetto al solito, ma era una differenza così minima che ero a malapena riuscita a percepirla... possibile che non fosse una coincidenza?

Lui, intanto, ci stava conducendo alle rocce, dove ci chiese di sederci. Il suo sguardo era vitreo.

«Che sta succedendo?» iniziò ad agitarsi Abel. «Così ci fai spaventare».

Io non riuscivo più nemmeno a parlare.

Uriel venne a sedersi sull'erba di fronte a noi. Non lo faceva quasi mai, soprattutto a così poca distanza... Rimase per qualche secondo a guardare il vuoto, celando nell'espressione gelida la miriade di emozioni che lo stavano tormentando.

«Oggi... partirò per il mondo umano. E' il giorno del mio passaggio all'età adulta e c'è una questione molto importante di cui devo occuparmi da solo. Starò via... per molto tempo».

«Quanto tempo?» mi preoccupai, fissando i suoi occhi dorati illuminati dal sole. Sentivo già il cuore rimbombarmi nel petto.

«Non lo so, esattamente. Ma anche quando avrò finito, non farò comunque ritorno per qualche anno».

Qualche anno? Per un attimo non riuscii più nemmeno a respirare. Significava... che non avrei potuto rivedere Uriel per interi anni?

No. E' troppo crudele per essere vero. Come avrei mai potuto accettarlo?

L'angoscia di Abel, al contrario della mia, esplose. «Parli seriamente? Stai davvero dicendo che oggi partirai e che non ci vedremo per anni? Non è possibile! Nessun compito dura così tanto!».

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