45 - Cosa permette di andare avanti

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«Posso davvero venire con te?» mi stupii. Credevo che ci sarebbe voluto molto più tempo prima che Uriel ritenesse un compito abbastanza sicuro da portarmi con lui.

«Sì, quest'incarico mi sembra un buon modo di iniziare, inoltre potresti essermi d'aiuto».

«E come?».

«Devo occuparmi di due bambini ai piedi delle Montagne Centrali. Gli sarà più facile affidarsi a te, piuttosto che a me». Questo perché di lui avrebbero avuto paura... che cosa insensata.

«D'accordo, ci proverò».

«Bene. Ma prima di andare voglio chiedertelo un'ultima volta: sei davvero sicura di voler fare questo passo, Azalee?». Mi fissava, carico di tensione.

«Certo, più che sicura! Forza, non facciamoli aspettare».

Strinsi la sua mano con entrambe le mie, pronta a farmi trasferire con lui per la prima volta. Uriel si lasciò andare ad un sospiro arrendevole.

«D'accordo. Ma ti avverto, avrai un po' di nausea dopo il trasferimento».

«Me lo ricordo, non c'è problema».

La sua espressione preoccupata si piegò finalmente in un lieve sorriso, che mi diede la bellissima impressione che anche lui fosse felice di avermi con sé. Mentre ancora ci guardavamo in quel modo, il mio mondo sembrò illuminarsi di oro e poi... all'improvviso mi ritrovai quasi al buio, all'interno di un fittissimo bosco, mentre Uriel mi stringeva ancora la mano.

Mi guardai intorno. «Dove siamo?».

«E' la foresta che costeggia le Montagne Centrali. Loro sono qui vicino, credo che non riescano a trovare la strada per uscire».

Le Montagne Centrali erano la più grande catena montuosa dell'Ovest. Si sviluppavano in lunghezza da nord-ovest a sud-est più o meno nel mezzo del nostro territorio ed erano quasi interamente costeggiate da un'enorme foresta molto fitta.

«Con arbusti del genere di certo non possono volare via» convenni, osservando gli intrecci al di sopra delle nostre teste. «Ma tu ne sai uscire? Io mi troverei in difficoltà esattamente come loro».

«Certo. E' il mio territorio, percepisco tutto ciò che c'è intorno a noi, compresa la distesa di alberi qui attorno».

Lo disse come se fosse un'ovvietà, e in effetti sapevo già che Uriel percepiva lo spazio intorno a sé così come i suoi protetti, ma era difficile da immaginare. Probabilmente aveva già in mente una mappa dettagliata dell'intera foresta, mentre le uniche cose che riuscivo a percepire io erano la nausea per il recente trasferimento e una fastidiosa sensazione di claustrofobia per l'impossibilità di volare.

Naturalmente mi guardai bene dal fargli notare il mio disagio; mi limitai a seguirlo in silenzio. Quel luogo faceva paura... le montagne, con le loro alte vette, filtravano ulteriormente la già poca luce che riusciva a penetrare le chiome. I due bambini dovevano essere molto spaventati... probabilmente, senza l'aiuto di Uriel, avrebbero impiegato giorni per trovare l'uscita e avrebbero sicuramente sofferto la mancanza di luce diretta e di acqua.

«Eccoli» mi indicò a voce bassa. «Te la senti di parlare con loro? Se resto abbastanza in disparte da non fargli notare i miei occhi eviteremo di spaventarli».

«Certo, ci penso io». Ne ero onorata ed entusiasta.

Avanzai fino a raggiungerli. Erano due ragazzini di circa sei e nove anni, il primo un po' paffuto e dai riccioli biondi, il secondo alto e castano. Non mi notarono subito, erano troppo intenti a camminare a passo svelto alla ricerca dell'uscita.

«Ehi, siete soli?» finsi di sorprendermi. «Che ci fanno due bambini in un luogo così tetro?».

Sussultarono alla mia voce, ma poi si avvicinarono a me. Tra gli angeli era del tutto normale aiutarsi tra sconosciuti.

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