37 - Come un miracolo

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*****Angolo autrice*****
Siamo finalmente arrivati al capitolo di svolta :3 :3 :3 spero davvero che vi piaccia, da adesso cambierà tutto! ^.^ poi fatemi sapere come vi è sembrato. Intanto buon week end piovoso a tutte, è il momento di ritirare fuori la coperta e la cioccolata calda accompagnata al rumore della pioggia :D!
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Al termine dell'ultimo racconto di Uriel ero letteralmente esausta per la tensione. Finalmente capivo molto meglio le situazioni a cui andavano incontro gli arcangeli - complicate, ogni volta, dal terrore che gli altri provavano nei loro confronti - e inaspettatamente fui felice di averle scoperte solo in quel momento: immaginare il mio giovane amico in situazioni così pericolose fin da piccola sarebbe stato traumatico.

Quella sera crollai addormentata in pochi minuti. Per la prima volta in settimane, i miei sogni abbandonarono il pensiero fisso di Abel e sognai le mille disavventure di Uriel, ma con me al suo fianco, che in qualche modo riuscivo ad essergli d'aiuto. Che sciocca... Quando mi svegliai di soprassalto all'ennesimo pericolo immaginario, quasi risi di me stessa. Mi sentivo patetica, se mai Uriel avesse scoperto quel mio desiderio, avrebbe sicuramente riso di me.

Non riuscii più a riaddormentarmi, ero troppo tesa. Avevo capito che ormai non c'era più tempo: se Uriel aveva smesso di elargire insegnamenti voleva dire che Abel era pronto per andare via, e che di conseguenza il mio mondo sarebbe andato in frantumi di lì a poco. Mi voltai a guardare nel buio i due angeli più importanti della mia vita, addormentati l'uno vicino all'altro, e immaginando il mio futuro senza di loro non riuscii più a trattenere i singhiozzi. Mi allontanai il più silenziosamente possibile e crollai a piangere alla luce della luna.

Ricordo quella notte perfettamente, perchè fu il momento in cui toccai definitivamente il fondo. E da lì, finalmente, iniziai a risalire.

*

«Azalee». Un sussurro nel silenzio.

Riconobbi subito la sua voce. Uriel era a pochi passi da me e di sicuro aveva sentito che stavo piangendo. E ora? Che motivo aveva di avvicinarmi, se a malapena riusciva a rivolgermi la parola? Non ero abbastanza distrutta da giustificare il suo intervento di arcangelo.

Eppure sentii i suoi passi avvicinarsi. Il mio fiato si fece più corto per l'agitazione e dovetti nascondere il viso sulle ginocchia per non farmi vedere in lacrime, mentre lui si sedeva inspiegabilmente accanto a me, così vicino che riuscivo a sentire il suo respiro. Cosa sarebbe accaduto se mi fossi lasciata andare al desiderio di buttarmi tra le sue braccia a piangere come una ragazzina? Di sicuro avrebbe mostrato ribrezzo per il nostro contatto, e una cosa del genere mi avrebbe distrutta. Dovevo tenere a mente che la sua gentilezza non era sincera.

Uriel, ignaro dei miei pensieri, sfiorò la mia schiena con una delicatezza che ricordavo fin troppo vividamente. E che mi fece sussultare per la sorpresa e l'imbarazzo.

«Andrà tutto bene, Azalee. Mi dispiace, non avrei mai voluto... portartelo via».

Parlò con un tono così dolce che mi ricordò l'Uriel di una volta, quello che si preoccupava davvero dei miei sentimenti e che ormai non esisteva più. Perché fingeva in questo modo? Non capiva che mi faceva solo del male?

«Ti prego, Uriel, non fingere che ti importi ancora qualcosa di ciò che provo» lo pregai per disperazione.

«Mi importa, invece».

Non riuscivo proprio a credergli. «Se ti senti in colpa perché mi porterai via Abel, puoi stare tranquillo. So benissimo che è l'unico modo che hai per renderlo di nuovo felice, perciò non sentirti in dovere di essere gentile con me e preoccupati solo di portare a termine il tuo compito». Senza darmi false speranze.

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