33 - L'unica cosa che conta

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Abel umano per sempre.

No. Non poteva essere vero.

«Questo non è possibile» balbettai con un filo di voce.

Uriel continuava a fissarmi, senza reagire in alcun modo. Esasperata, mi voltai verso Abel in cerca di spiegazioni.

«Non è possibile, non puoi volerlo fare davvero» mi rifiutai di credere.

Silenzio. Perché non mi rispondevano? Perché Abel non stava negando le sue parole? Era impossibile che volesse farlo davvero! Un conto era restare con gli umani, ma trasformarsi per sempre...

«E' una pazzia! Morirai, Abel! Gli umani sono fragili e la loro vita è estremamente breve, è un suicidio!». Mi tremava la voce per quanto ero spaventata.

Solo a quel punto Abel si degnò di rispondermi. Aveva l'espressione contratta per l'ansia. «E' l'unico modo che ho per tornare da lei».

Mi venne vicino, ma non riuscii a permettergli di abbracciarmi come se niente fosse. Come accidenti era possibile che ogni decisione che prendeva riuscisse sempre e solo a peggiorare la sua condizione?

«Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Non potresti ritornare mai più, saresti costretto a vivere in una casa, a mangiare, a lavorare e a sottostare a tutte le costrizioni umane per il solo bisogno di sopravvivere. Tutti ti crederebbero umano, si aspetterebbero da te delle cose che tu non sei in grado di fare, non si tratterà di stare soltanto con Sarah come facevi prima!». E io non avrei potuto rivederlo mai più.

I suoi occhi, adesso, sembravano quasi chiedermi perdono. «Lo so, ma ne vale la pena per poter stare ancora con lei. Non sto partendo in questo momento, Uriel mi preparerà in modo che possa andare avanti senza eccessivi problemi, ma ho bisogno anche di te, del tuo appoggio e del tuo aiuto per prepararmi al meglio. Ti prego».

Restai a fissarlo a bocca aperta. Voleva il mio aiuto? Io avrei dovuto aiutarlo a fare una tale pazzia?!

Mi morsi il labbro per impedirmi di dire qualcosa di cui mi sarei sicuramente pentita. I suoi occhi trasmettevano così tante emozioni... Certo, per Sarah valeva la pena di abbandonare la propria vita qui per un'esistenza breve, fragile e falsa; valeva la pena di dire addio ad Uriel, a me e a tutti gli altri. Lo sapevo già, per questo avevo sfidato le regole angeliche pur di lasciarlo stare con lei. Ma Uriel... come poteva avergli proposto una cosa così rischiosa? E averla proposta perfino agli arcangeli maggiori?

«E' una pazzia» mi arresi.

Il senso di impotenza mi causò lacrime amare che non riuscii a fermare.

«Ho bisogno di stare da sola. Devo avere il tempo di rifletterci».

Odiavo l'idea di mostrarmi così debole davanti a Uriel, sarei tornata quando ero in grado di parlare senza piangere.

Scappai nel bosco e trascorsi intere ore in lacrime, a pensare a tutto ciò che sarebbe accaduto da quel momento in poi. Immaginai le preziose giornate trascorse tutti e tre insieme, dedicate ad insegnare ad Abel ciò che gli sarebbe servito in quel mondo, o almeno quel poco che potevamo trasmettergli noi. Io gli servivo solo perché conoscevo bene un ragazzo umano come lui, ne ero certa. Dopodiché, Uriel lo avrebbe portato via di nuovo attraverso la sua luce dorata, ma stavolta Abel avrebbe lasciato me. Anzi, noi.

Infine, terminato il suo compito, il nostro arcangelo avrebbe sicuramente ripreso la sua strada solitaria ed io... non sarei riuscita a riavvicinarmi ai miei vecchi amici senza di Abel. Forse sarei tornata ogni tanto per Miriam e le altre, ma avrei dovuto trovare la forza di partire per allontanarmi da Uriel, o meglio dalla speranza che ogni tanto potessi incontrarlo per caso, altrimenti le continue delusioni prima o poi mi avrebbero distrutta.

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