Capitolo Ventitre

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Oggi Hanje torna dalla sua avventura in Europa e questo significa, per me, che tornerò a vivere da lei. Io e Levi siamo in aeroporto ad aspettarla da più di un'ora. A quanto pare l'aereo di Hanje è partito con un leggero ritardo dalla Svizzera.

<< Vieni Eren andiamocene da qui. >> dice alzandosi da una sedia di plastica dall'aria scomoda.

<< Ma dobbiamo aspettare Hanje. >>

<< Lo so. Ho bisogno di fumare una sigaretta quindi vieni. >> dice iniziando a dirigersi verso l'uscita. Non avendo scelta mi dirigo anch'io verso l'uscita insieme a lui.

Camminiamo l'uno accanto all'altro, le spalle si toccano, si sfiorano, ma non le nostre mani. Sapendo bene quando io ora sia vulnerabile in questo periodo Levi ha pensato bene di non attirare su di noi quei sguardi pieni di disgusto ed odio che mi avrebbero fatto crollare. E, in parte, gli sono gradi di aver pensato a me. Ce la sto mettendo tutta per uscire da questo stato in cui sono caduto a causa di quel ricordo e non credo di potercela fare senza l'aiuto di Levi. Certe volte quando vengo toccato ho l'istinto irrefrenabile di allontanarmi e di correre direttamente in bagno così da poter soddisfare quell'impulso di vomitare, ma mi sto trattenendo. E di questo Levi ne va molto fiero.

Usciamo dall'aeroporto e l'atmosfera di Natale che invade l'aria mi investe. Senza rendermene conto siamo già a dicembre e New York in questo mese è stupenda. È totalmente cambiata. Se quando sono arrivato aveva l'aria di essere in qualche modo fredda con gli abitanti che la vivevano ora invece sembra calda ed accogliente. È veramente bella.

Continuiamo a camminare per un altro po' fino a quando non lo vedo fermarsi vicino a un lampione ed appoggiarvisi ad esso. Dalla tasca dei pantaloni grigi prende il pacchetto di sigarette insieme all'accendino.

<< Lo sai che il fumo fa male, vero? >> dico avvicinandomi per poi appoggiarmi delicatamente a lui. Lo vedo portarsi con decisione una sigaretta alle labbra, accenderla, aspirarne il contenuto, chiudere gli occhi beandosi di quell'illusoria sensazione di pace che provocano ed infine far fuoriuscire una piccola nube di fumo dalla bocca.

Quasi invidio quella sigaretta premuta tra le sue labbra... Ok possiamo togliere il quasi...

<< Lo so, ma ormai. >>

Distolgo lo sguardo da lui e lo punto verso il cielo. Le giornate si fanno sempre più fredde in questo periodo. Il cielo non è più di quel bel azzurro che ti fa sogliare ma è quasi sempre grigio.

Un grigio dannatamente triste. E la tristezza non porta a niente di buono. Non su di me almeno.

Qualche giorno fa, non appena mi sono reso conto che eravamo a dicembre la prima cosa che ho pensato "Evviva sta per arrivare Natale!" come un bambino felice ed impaziente.

Ero così felice in quel momento.

Poi come un pesante e doloroso schiaffo la realtà mi è piombata in faccia facendomi rendere conto di un particolare molto importante.

Questo Natale non lo passerò con mia madre.

Non sentirò il rumore delle pentole alle sei del mattino. Non vedrò il suo dolce sorriso che mi augura buon Natale. Non potrò abbracciarla come faccio ogni anno per regalarle tutto il mio amore. Non potrò sentirla canticchiare quelle stupide canzoncine di Natale. Non potrò sentire il dolce ed invitante profumo dei suoi dolci che infestava tutta la casa. Non potrò gustarmi la sua speciale cioccolata di Natale che faceva apposta mentre vedevamo uno di quei soliti film natalizi per i quali alla fine piangeva sempre.

Questo Natale non potrò avere la persona più importante della mia stessa vita accanto a me.

E mi sento male se penso che in tutto questo tempo non ho fatto niente per lei. Mi sento veramente uno schifo...

Save Me From The DarknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora