Capitolo Ventidue

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È da qualche giorno che in questa casa c'è qualcosa che non va.

È da qualche giorno che Eren si comporta in modo molto strano

E non capisco cosa sia.

Stava facendo dei passi da gigante riuscendo ad uscire lentamente da quel vortice depressivo-suicida in cui si trovava. Sorrideva più spesso del solito. Le sue stupende gemme di smeraldo erano immerse di una luce magnifica che li donava dei schizzi di un azzurro cielo stupendo.

Ora invece li osservo e sembrano tornati quelli di un tempo. Come la prima volta che li ho visti. Così spenti, fuori luogo, innaturali. Così finti.

Ma la cosa più anomala di tutti non sono solo gli occhi.


Non si lascia toccare.


Né un bacio veloce, né un abbraccio, né una carezza. Sfugge dalle mie mani. Ogni volta che lo sfioro anche solo se per sbaglio lo vedo scappare immediatamente in bagno dal quale immediatamente sento subito vomitare

E questo mi fa male. Non capisco se sono io la causa di questo suo problema o cosa.

Vorrei tanto aiutarlo ma non so come fare. Ho pensato di chiedere consiglio alla stupida Quattrocchi, ma poi ho realizzato che sarebbe meglio che lei lo veda dal vivo. Per questo qualche giorno fa l'ho chiamata chiedendole di ritornare subito e lei mi ha rassicurato dicendomi che tra qualche giorno sarebbe ritornata.

Ma intanto non so come comportarmi.

Mi sono detto che sarà un qualcosa di passeggero, che non mi devo preoccupare, che me ne parlerà, ma niente. Neanche una singola sillaba è uscita dalla sua bocca per spiegare questo suo strano comportamento.

E personalmente mi sono stancato di aspettare.


Come ogni mattina l'ho accompagnato a scuola, mentre io sono andato all'ospedale per iniziare il mio turno. Tra meno di due minuti il mio turno finisce quindi sarò liberò da quella Petra. Non la sopporto. Non l'ho mai sopportata.

Però mai quando Smith. Dio, quel maiale... Se non fosse per... meglio non ricordare...


Guardo l'orologio al polso sinistro e noto che il mio turno è già finito.

Devo passare a prendere Eren da scuola.

Immediatamente poso le mie cose ed alcuni documenti nella mia borsa da lavoro, poso il camice, prendo la giacca nera e le chiavi dell'auto ed esco dallo studio senza aspettare l'arrivo dell'infermiera Ral. Scendo giù nei parcheggi sotterranei, entro in auto, la faccio partire ed esco da lì dirigendomi immediatamente verso il liceo.


Devo pensare a un modo per far parlare il moccioso.

Ho imparato a mie spese che non devo essere brusco con lui. Molto probabilmente peggiorerei solo le cose facendo così.

Forse l'unico modo è fargli capire che io ci sono per lui, che può facilmente parlarmene...

Ma come posso farglielo capire se non ho modo di stabilire nessun tipo di contatto con lui? Certo le parole posso essere un modo per creare contatto, ma non sono sufficienti. Non con lui almeno. Neanche un contatto visivo basta...

Ho bisogno di creare un contatto fisico qualsiasi che gli piaccia o no. È l'unico modo per farglielo capire.

Lui mi deve delle risposte...

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