59) A modo nostro

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Attenzione: nella parte finale del capitolo, Fabrizio utilizzerà un linguaggio piuttosto forte, vi avviso fin da ora! Inolte, ci sarà un lievissimo accenno a quello che poi avrete modo di leggere nel prossimo capitolo. Grazie sempre a @raffellarose ... tu sai <3

Kayra's POV

Rimasi immobile, mentre Fabrizio usciva dalla stanza sbattendo rabbiosamente la porta. Non volevo piangere, non volevo dargli il potere di farmi sentire in quel modo, ma mi sentivo lacerare dentro.

Lo amavo. Lo amavo così tanto, che ogni volta che mi guardava o era accanto a me, mi si mozzava il respiro. E quando mi toccava, semplicemente prendevo fuoco e mi staccavo da questo mondo.

E poi c'era Pietro, e quest'altro bambino dentro di me.

E lui mi aveva fatto questo. Mi aveva masticato il cuore a sangue, per poi sputarlo, maciullato e sanguinante, e schiacciarlo sotto alla suola delle sue scarpe.

Perché?

Le lacrime iniziarono a scorrere sul mio viso, mentre il respiro mi si faceva corto. Mi portai una mano al petto, cercando di non respirare in quel modo, così affannosamente, ma senza successo.

Mi morsi le labbra e ricacciai indietro l'urlo che mi saliva dalla gola, l'urlo di una persona la cui anima è appena andata in pezzi.

Il mondo come lo conoscevo era finito, e nulla sarebbe stato più come prima.

Dio, mi ero toccata per lui! Mi ero lasciata andare completamente, mettendo da parte ciò in cui credevo, solo per compiacerlo, per essere finalmente la donna che lui veramente voleva.

Il respiro si fece lentamente più regolare. Sospirai piano, poi presi fiato lentamente e mi morsi le labbra con forza, strappandomi con rabbia la flebo dal braccio. Sangue rosso stillò copiosamente sul lenzuolo candido che mi copriva, per poi macchiare il pavimento immacolato della stanza.

Mi alzai in piedi, gettando via le coperte, mentre imprecavo per il dolore.

Dovevo andarmene. Dovevo andarmene subito.

Continuando ad imprecare, attraversai la stanza e aprii la porta con circospezione: il corridoio era affollato, non sarei mai potuta passare inosservata. Sospirai, frustrata, e mi diressi verso la finestra, aprendola di scatto. Guardai giù: era troppo alto e avevo in me una vita che non potevo mettere a rischio.

Sconfitta, tornai alla porta e uscii in corridoio. Nessuno badava a me: medici e infermieri sciamavano da una stanza all'altra, concentrati nel loro lavoro, senza prestarmi la minima attenzione. La porta della camera di Fabrizio era chiusa, e comunque le scale erano nella direzione opposta.

Camminai lentamente, non dovevo dare troppo nell'occhio, né far sembrare che stessi scappando, anche se era proprio così.

Iniziai a scendere le scale velocemente e raggiunsi quindi il piano terra. Uscii fuori dall'ospedale, e il sole di Roma mi avvolse col suo calore intenso, sebbene fosse ormai autunno inoltrato.

Attraversai la strada e mi allontanai velocemente dalla struttura, imboccando una via che non conoscevo affatto. I taxi sfrecciavano veloci ma, dopo pochi minuti, uno accostò al marciapiede, fermandosi. Salii velocemente, ignorando l'occhiata perplessa che il guidatore mi rivolse.

Incontrando il mio riflesso nello specchietto retrovisore, mi resi conto che, in fondo, non aveva tutti i torti: ero pallida da far paura, il mascara era colato sul viso e si era sciolto, mescolandosi alle lacrime, facendomi assomigliare ad un panda. I capelli erano completamente spettinati, e saettavano impazziti in ogni direzione. Me li riavviai distrattamente con le mani, senza ottenere alcun risultato, se non quello di incasinarli ulteriormente. Avevo bisogno di calmarmi, per il bene mio e per quello del bambino.

Fammi tremare l'anima. Di nuovo {Completa, leggete il sequel}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora