6- Io non ti odio.

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Oggi piove.
Molto.
Troppo.
Per essere precisi, sono quattro giorni che piove ininterrottamente, mattina e sera, tutto accompagnato da un vento gelido che fa rabbrividire immediatamente dopo un solo soffio.
La pioggia non mi è mai piaciuta, mi ha sempre suscitato una sensazione di tristezza e malinconia.

Cammino lungo il marciapiede tenendo l'ombrello con la mano sinistra, ormai gelata e intorpidita dal freddo, mentre tengo l'altra all'interno della calda tasca della giacca pesante.

Odio andare a scuola a piedi quando piove.
Proprio oggi che avrei avuto bisogno di un passaggio, mio padre è uscito in anticipo per andare a lavoro.

Sospiro per poi lasciarmi sfuggire un rumoroso starnuto.
Lo sbalzo di temperatura mi ha fatto anche prendere il raffreddore e ora non faccio altro che starnutire.
Mi gratto il naso con la mano non occupata che poi rimetto al suo posto, al caldo nella tasca.

Arrivo davanti al campetto abbandonato e sento la voce di Andrea che mi chiama da dietro di esso.
«Dani! Di qua!»
Lo cerco con lo sguardo e alla fine riesco ad individuarlo. Indossa un giubbotto nero, ormai imbevuto dalla pioggia, e tiene la testa coperta dal cappuccio.
Mi fa cenno con una mano di andare verso di lui e così faccio.
Una volta raggiunto, gli faccio spazio sotto il mio ombrello e lui si leva il cappuccio ringraziandomi.

«Ma sei scemo? Esci di casa senza ombrello con un tempo del genere?!» pronuncio con voce nasale.

«Ovvio che ce l'ho! Sono solo uscito un attimo per andare a vedere se fossi arrivato!»

«Sei scemo comunque, ti sei bagnato inutilmente.»

Andrea mi fa il verso con una smorfia e poi comincia a ridere con la sua risata contagiosa.
Cominciamo a camminare e ci dirigiamo verso una sorta di grande magazzino, presente di pochi metri dietro al campetto.
Andrea gira il pomello della porta ed entra all'interno per poi raggiungere il suo zaino che aveva lasciato accanto a uno scatolone contenente un gran numero di corde per saltare.
Lo seguo poco dopo, una volta chiuso l'ombrello, e richiudo la porta.
Mi volto verso Andrea e vedo Elvis strusciarsi sulle sue gambe in ricerca di coccole.
«Gli ho già dato da mangiare e da bere, secondo te che vuole?»
Elvis emette un miagolio debole e, dopo avermi visto, si dirige verso di me, mettendo avanti prima una zampetta e poi l'altra.
Mi siedo davanti alla porta ed Elvis sale sulle mie cosce miagolando e facendomi le fusa.
«Credo voglia solo un po' di affetto.»  pronuncio sorridendo.
Gli passo una mano sul pelo color carbone e poi rivolgo lo sguardo verso Andrea.
«Che ore sono?»
Andrea tira fuori il suo cellulare dalla tasca e una volta controllato l'orario me lo riferisce.
«8:15, è presto.»
Annuisco con un cenno della testa e continuo ad accarezzare Elvis.
«Andrè tu... sei sicuro di non poterlo tenere a casa tua?»
Andrea si siede davanti a me e scuote la testa.
«Non posso Dani, ho un cane lo sai. Dato che è come se fosse tuo, perché non lo porti a casa tua?»
«Mio padre è allergico.»
«Mmh...»
Andrea rimane con aria pensosa per un attimo e poi riprende a parlare.
«Potremmo chiedere a qualcuno in un'altra classe.»
«Io non conosco nessuno delle altri classi.»
«Io si però!» pronuncia con un sorrisetto.
«Allora datti da fare! Non può stare qui per sempre... Se poi qualcuno dei professori lo trova qui dentro potrebbe essere un problema...»
«Nah Dani non penso! Qui non ci viene più nessuno. Sono anni che dicono che ricostruiranno il campo ed è ancora così! E questo magazzino è inutilizzato, ci sono solo attrezzature vecchie e palloni sgonfi.»
«In ogni caso, non può restare qua...»
Andrea rimane a guardarmi per un attimo.
«Ma che tenerello che sei Dani!» pronuncia con tono canzonatorio e accompagnato da una risatina.
«Z-zitto!» dico, lanciandogli un'occhiataccia.
Andrea ricontrolla l'orario dallo schermo del cellulare e si rimette in piedi.
«Salutalo e andiamo! È ora!»
Gli faccio un cenno con la testa e mi rimetto in piedi tenendo Elvis in braccio. Cammino lungo il pavimento rovinato del magazzino e metto giù il gattino su una piccola coperta di lana che io e Andrea avevamo lasciato li per lui. Dopo avergli dato un'ultima carezza, mi volto verso Andrea che mi aspetta davanti alla porta chiusa.
Usciamo insieme dal magazzino e apriamo gli ombrelli.
Superiamo il campetto e ci dirigiamo verso il cancello della scuola e una volta arrivati, saliamo le scale, richiudiamo gli ombrelli ed entriamo nell'edificio, per poi dirigerci verso la nostra classe.
«Ah Dani! Credo di avercela fatta!»
Mi volto verso di lui e alzo un sopracciglio in un'espressione interrogativa.
«A fare cosa?»
«A fare colpo su Marta!» pronuncia guardandomi con sguardo malizioso.
«In che senso? Non ti snobbava fino a qualche giorno fa?»
«Non mi snobbava, faceva solo la timida. Comunque le ho chiesto di uscire e ha accettato.»
«Mmh... Buon per te!»

Vorrei solo starti accanto. (In Revisione) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora