21. Despair

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"Tendimus huc omnes: metam properamus ad unam; Omnia sub leges mors vocat atra suas." Ovidio
Tutti tendiamo a questo fine, tutti ci affrettiamo ad un'unica mèta; la tenebrosa morte chiama tutte le cose sotto le sue leggi.


ANDREW
Ero riuscito a fare le quattro anche quella sera, mi ero attardato tra le strade di Brooklyn con la speranza che alla fine Aiden avrebbe risposto a qualcuna delle mie telefonate. Era il suo compleanno in fin dei conti, anzi per l'esattezza era già passato ed io non avevo avuto la possibilità di sentirlo. Quel pensiero mi mise addosso una strana sensazione di tristezza; non ero così ingenuo da pensare che ci saremmo davvero tenuti in contatto come avevo voluto immaginare, però, in qualche modo, speravo almeno di potergli porgere i miei auguri. Sperai che fosse in giro con i suoi amici a festeggiare, troppo impegnato a vivere la bellezza dei suoi diciotto anni per rovinare la sua giornata con le mie stupide telefonate. Forse non voleva sentirmi e basta.
- Sei pensieroso oggi, Wolfie. Tutto bene?
Per un attimo avevo dimenticato la presenza di Alec. Mi stava accompagnando a casa, in quanto guidatore designato per la serata. A giro uno di noi si teneva sobrio per riportare gli altri a casa sani e salvi, quella sera l'ingrato compito era toccato a lui.
- I soliti pensieri ... sono stato incurante per troppo tempo, adesso sto affrontando un po' di cose – mormorai, subito maledicendomi per la piega che stava prendendo quella serata. Non era il caso di parlarne con Alec, non potevo continuare a lamentarmi per qualcosa che avevo voluto con tutte le mie forze. Così mi limitai ad aprire le labbra in un sorriso tranquillo mentre ci accostavamo al vialetto che portava nel mio appartamento.
- Eccoci arrivati. Vuoi compagnia?
Erano le quattro del mattino ormai ed io non avevo alcuna voglia di preoccuparmi di quello che la semplice frase pronunciata da Alec voleva sottintendere. Non avevo più un ragazzo adesso, forse poteva sembrargli lecito provarci di nuovo con me ... in fin dei conti non lo amavo e lui lo sapeva bene. Perché allora voleva continuare a farsi del male in quel modo? In verità non volevo rimanere da solo quella notte, non sapevo il perché, ma l'idea di rimanere da solo con quella strana sensazione di angoscia nel petto mi dava i brividi.
- Vieni, ti offro qualcosa da bere. Ormai sei vicino casa, non sarà un problema qualche bicchierino
Non sarebbe successo niente, non volevo mai più cedere ai miei istinti, perché adesso sapevo a quali dolorose conseguenze potevano portare. Niente più storie che avrebbero potuto incasinarmi il futuro, non ero chiaramente fatto per quel genere di relazioni. Non ero quel tipo di persona e dovevo accettarlo.
L'appartamento era caldo e confortevole come lo avevo lasciato quel pomeriggio, ma questo non bastò a mandar via quell'aura cupa che aveva preso possesso del mio corpo. Misi su la solita musica bassa da lounge bar per cui Aiden mi prendeva sempre in giro e misi mano alla mia scorta personale di liquori pregiati che compravo o mi venivano regalati. Alec mi stava dietro e farneticava di party e ragazzi che avrebbe potuto conoscere, forse era il suo ultimo tentativo disperato di tirarmi fuori da quel mutismo pericoloso in cui ero caduto.
- Brandy? Gin? Cosa preferisci stasera?
Il telefono stava squillando e quel semplice suono mi bloccò all'istante sul mio posto. Tra le mani reggevo ancora una bottiglia di Gin pregiato quando mi voltai verso Alec. Telefonate nella notte ... sapevamo entrambi cosa volessero dire.
Alec si catapultò al telefono immediatamente, era sbiancato in viso e forse lo ero anch'io. Non ci si poteva fare l'abitudine a quel genere di cose. Solo una miriade di domande che ci colpivano ogni dannata volta con la stessa potenza devastante. Qualcuno del nostro raggruppamento era stato ferito? O peggio? Non c'era altro motivo per chiamare alle quattro del mattino. A chi sarebbe toccato stavolta?
Mi avvicinai al telefono in fretta mentre Alec si faceva ogni istante più esitante
- Che c'è? Che succede?
Non parlò, si limitò a passarmi il cordless
- Pronto? Con chi parlo? – il mio cuore batteva talmente forte che avrei faticato a sentire chiunque fosse dall'altra parte della cornetta.
- Andrew Wolfhart? La chiamo dal Kings County Hospital. Aiden Berg ha avuto un incidente ed ora è ricoverato presso la nostra struttura. Il mio compito è di avvisare famigliari e persone vicine
Avevo smesso di ascoltare, il panico nella mia voce mi portò ad urlare – Aiden? L-lui come sta? Cosa diavolo sta dicendo ... non è niente di grave, no? Non può essere
Silenzio, le parole di quell'uomo si persero da qualche parte. Chiusi in fretta e afferrai Alec per le spalle, non era necessario parlare, aveva già preso i nostri cappotti e le chiavi della sua auto
- Ti porto io. Andrà tutto bene, sono sicuro che non è niente di grave.
- E mi avrebbero chiamato se non fosse niente di grave? Cazzo ... un incidente. Cosa diavolo è andato a combinare?
Mi costrinsi a respirare, dare in escandescenza non avrebbe portato a nulla, le mani continuavano a tremarmi in un modo incontrollabile, non c'era niente che potessi fare per quello. Non mi era mai sembrato così freddo come in quel momento fuori, Alec stava guidando più in fretta che poteva ed il silenzio era tutto ciò che ci era rimasto. Un silenzio pesante, fatto di pensieri spaventosi che non dovevo assolutamente pensare. Non era morto, stava male, aveva avuto un incidente, ma se la sarebbe cavata. Forse al mio arrivo avrei anche potuto vederlo e parlare con lui, la paternale che si sarebbe sorbito l'avrebbe ricordata a vita, giurai.
- Quella dannata macchina ... un'auto sportiva ad un ragazzino. I suoi sono delle teste di cazzo, l'ho sempre pensato. Non volevo che prendesse quella dannata auto ... non ricordo neanche quante volte gliel'ho detto
- Non sai neanche quali siano state le dinamiche dell'incidente. Forse non stava neanche guidando. Stiamo quasi arrivando, tieni duro un altro po'
Il Kings County Hospital era una delle migliori strutture di Brooklyn e quel pensiero, in condizioni normali, avrebbe dovuto rincuorarmi, ma non quella mattina. Alec mi lasciò direttamente davanti l'entrata principale dell'edificio
- Vado a cercare un parcheggio e poi salgo su a cercare te
Non lo stavo neanche a sentire, corsi verso la segreteria dell'ospedale con il cuore in gola.
- B-berg. Aiden Berg – dissi soltanto e perfino quelle due parole mi costarono una fatica immane. Mi sentivo a pezzi, quella sensazione di incertezza e terrore mi si erano attaccati addosso come una seconda pelle.
Mi sembrò che stesse trascorrendo un secolo, resistetti alla tentazione di passare dall'altra parte del banco a vedere con i miei occhi in quale diavolo di reparto fosse finito Aiden
- Eccolo qui. Reparto rianimazione. Quarto piano, ala C
- Rianimazione?
Non ebbi il tempo di analizzare quell'informazione o forse semplicemente non ero pronto alle conseguenze. Corsi su per le scale senza prendere fiato neanche un attimo, mi sembrava di vivere un incubo troppo vivido per poter essere tale. Corridoi bianchi e del tutto identici l'uno con l'altro, controllavo le lettere delle sale confusamente, fino a quando non raggiunsi l'ala C.
Il silenzio era tremendo lì, non avevo mai conosciuto i genitori di Aiden, ma li avevo visti in foto e nessuno di loro era in attesa. Provai a fermare il primo medico che mi capitò a tirò, ma una nuova emergenza lo costrinse ad andar via di corsa. Ero del tutto perso e il pensiero che Aiden stesse lottando tra la vita e la morte mi trafiggeva il cuore e la mente. Poi vidi un ragazzo più giovane venirmi incontro, lo fermai parandomi davanti
- I-io sto cercando un amico. In segreteria mi hanno detto che si trovata in q-questo reparto, ma ... Aiden, Aiden Berg – dissi confusamente, non riuscivo neanche a formulare un pensiero sensato nel caos di tutto quello che stava accadendo
Gli occhi del ragazzo si illuminarono – Sei Andrew Wolfhart? Sono stato io a chiamarti. Vuoi sederti un attimo?
Non riuscivo a farlo, fu chiaro ad entrambi quando non mi mossi dal mio posto.
- Come sta? Che cosa è successo? Sto perdendo la testa, ti prego ... dimmi che non è terribile come sembra – la mia voce suonò alle mie orecchie come un lamento basso, avevo fatto una domanda la cui risposta mi terrorizzava più di ogni altra cosa
- Ha avuto un incidente stradale mentre era in auto. E' arrivato qui con danni severi ai reni, alle costole e alla gamba, ma la parte più preoccupante riguarda il danno cerebrale – il ragazzo prese un profondo respiro, era mortificato – i medici lo hanno stabilizzato, operandolo immediatamente dove si poteva. Hanno arginato il trauma al rene e all'addome, ha perso molto sangue a causa della ferita alla gamba e ha avuto bisogno di alcune trasfusioni.
Danno cerebrale. Non riuscivo a concentrarmi su nient'altro. Mi ritrovai a scuotere la testa, se quello era un fottuto incubo dovevo svegliarmi immediatamente.
- Nelle condizioni in cui è arrivato era già molto difficile stabilizzarlo, ma i nostri medici sono molto competenti ...
- Il danno cerebrale di cui hai parlato ...
- Mi dispiace, al momento Aiden è in coma. Stabile, ma in coma. E' successo tutto nel giro di qualche ora, potrebbe svegliarsi da un momento all'altro e in quel caso, soltanto in quel caso, sarà possibile quantificare i danni riportati dopo l'incidente. Al momento non è possibile fare stime
Sentii la mano del ragazzo sfiorarmi la spalla, non riuscivo neanche a pensare lucidamente a quello che mi era stato detto.
- N-non è un coma indotto da voi
Lo vidi scuotere la testa con aria cupa, soltanto dopo qualche attimo cercò di sorridere
- Senti Andrew, Aiden è giovane ed in buona saluta, non voglio darti false speranze, ma nonostante la gravità dell'incidente ha tutte le carte in regola per potercela fare. Non perdere le speranze ... ti porto nel reparto giusto adesso. C'è Keno lì
Non dissi nulla, mi limitai a seguire il ragazzo lungo un nuovo piano. Terapia Intensiva. Stentavo ancora a credere che tutto quello stesse capitando davvero ad Aiden. Perché lui? Le brutte notizie non dovevano toccare dei dannati ragazzi di diciotto anni ... ero pronto a tutto dopo quella telefonata, avevo perso parecchi commilitoni e anche amici durante quegli anni. Ma eravamo in guerra ed ognuno di noi era consapevole di quanto stessimo rischiando sul lavoro. Morire in guerra era diverso, non era mai giusto, ma alla fine tutti ce ne saremmo fatti una ragione. Quell'incidente stradale ad Aiden cambiava tutto, mi gettava nella confusione più totale.
Non doveva succedere a lui.
Il reparto di terapia intensiva era ancora più silenzioso dell'altro. Eravamo in pochi.
- Scusami, adesso devo tornare in ambulatorio. Cerca di non abbatterti, Andrew ... per qualsiasi cosa sai dove trovarmi ...
Il ragazzo andò via dopo aver lanciato un'occhiata preoccupata a Keno, seduto con la testa tra le mani in fondo al corridoio. Ed eccoci lì, due dannati sopravvissuti ad una bomba che ci aveva distrutto la giornata e sperai con tutto me stesso che i suoi danni non si sarebbero propagati al resto delle nostre vite. Non Aiden, continuavo a ripetermi. Eppure stava succedendo, quell'incubo era la realtà.
Keno sollevò gli occhi su di me nel momento stesso in cui la mia ombra si stagliò su di lui, il suo viso era devastato quanto il mio.
- Lo hai visto? Dimmi quello che è successo ... non riesco a capire
La mia preghiera venne distrutta dalla sua voce affilata come pugnali
- L'ho visto, sì. E' attaccato ad una cazzo di macchina che lo tiene in vita. Ecco quello che sta succedendo ... contento adesso?
Quelle parole mi confusero – Contento? Come potrei esserlo?
Keno scattò in tutta la sua furia – Che diavolo ne so! Mi è nuovo questo tuo interesse per Aiden! Non ti è mai importato un cazzo di lui e non hai fatto niente per nasconderlo. Credi che non sappia come lo hai trattato per anni? E adesso vieni qui, con quell'espressione afflitta sul viso ... Cristo
- Come diavolo ti permetti di giudicarmi? Aiden è stato il mio ragazzo! Non credere di avere la prerogativa su questo cazzo di dolore, perché non è così.
Crollai, le lacrime scesero giù senza che potessi fare nulla per trattenerle. Mi sentivo così di merda che qualsiasi tipo di sfogo sarebbe andato bene. Era tutta colpa mia, non gli ero stato vicino, anzi avevo fatto di tutto per spingerlo a lasciarmi andare e quella notte ogni cosa era andata storta.
- Se fosse stato con me forse questo non sarebbe successo
La voce flebile di Keno diede voce ai miei stessi pensieri. Mi lasciai cadere sulla sedia e in quel momento il dolore mi sembrò l'unica cosa davvero reale. Faceva male e toccava livelli così profondi che nessun'altra gioia avrebbe mai potuto raggiungere un picco così alto. Aiden ... avevo così tante domande, una confusione talmente opprimente che mi lasciava smarrito.
- Cos'è successo esattamente? Non eri con lui quando è successo? Credevo che stesse festeggiando con te e gli altri ragazzi – stavo pregando Keno di darmi un nuovo appiglio che avesse potuto permettermi di volare via da quel luogo. I suoi occhi freddi non erano mai stati umani come quella notte, era a pezzi, la rabbia aveva lasciato posto a qualcosa di diverso e più spaventoso.
- Non ero con lui, no. – tensione nella voce, poi continuò - so soltanto che era in auto con Levin Eickam quando c'è stato l'incidente. Era Eickam che guidava l'auto di Aiden ... li hanno portati entrambi qui. Ci sono state altre auto coinvolte nell'incidente, non so cosa sia successo esattamente, forse un camion che è sbandato, forse un sorpasso, forse quel figlio di puttana di Eickam era strafatto come sempre ... chi può dirlo
- Levin Eickam?
Mi ci volle più di qualche secondo per fare mente locale.
- Sono stato qui per quelli che mi sono sembrati secoli – continuò Keno e la sua voce si fece più bassa, quasi tremante - ho visto i medici venire fuori dalle loro sale chirurgiche e comunicare alle famiglie che il loro prezioso bambino non ce l'aveva fatta. Ho visto quella gente crollare e disperarsi e ogni volta che qualche dannato dottore veniva fuori io pregavo, pregavo con tutte le mie forze che non fosse lì per noi ... perché lo capivi immediatamente dai loro visi quando le cose erano andate male, Andrew. Lo capivi e basta.
Un brivido mi percorse la schiena al sentire quelle parole, quell'incubo era appena iniziato e non sarebbe finito presto. Non ci sarebbe stato nessun risveglio per noi. Eravamo lì e dovevamo restarci. Rimasi immobile con gli occhi puntati nel bianco immacolato di quei muri silenziosi, in attesa di qualcosa. Qualsiasi cosa.  

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