26. Special Needs

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Frangar, non flectar.
(Mi spezzerò, ma non mi piegherò)

KENO

Varcai la soglia dell'ospedale come di consueto per percorrere quella strada che conoscevo a memoria: l'ascensore, il lungo corridoio e la leggera deviazione a destra fino alla camera. Proprio mentre stavo per raggiungere la porta della stanza, notai Noah uscire con la cartella fra le mani e l'espressione seria. Quando mi notò abbozzò un leggero sorriso e mi venne incontro.
- Ehi, come stai? – chiese con tono preoccupato.
- Dipende – risposi – lui come sta?
Noah scosse leggermente la testa – questa cosa non ti fa bene, Keno. Venire qui ogni giorno e passare ore al suo capezzale, arrovellarti il cervello per qualsiasi cosa, se non ti dai una calmata finirai in un letto accanto a lui
Scossi le spalle – Se non lo faccio io, chi allora?
- Aiden non è solo – commentò.
- La signora Berg è stanca e deve lavorare
- Ha anche altri amici Keno, ci sono Andew e Levin che passano qui tanto tempo – insistette – almeno cerca di darti il cambio con loro. Sono anche venuti i ragazzi del vostro gruppo, hanno detto che ripasseranno presto
Io risi, fu più una smorfia carica di sdegno – Andew e Levin sono qui sono per senso di colpa! Quell'idiota arrogante pensa solo a tappare i buchi delle sue mancanze con i soldi, ma vedremo se faranno ancora gli amichetti
- Che intendi? – chiese Noah timoroso.
- Ho detto loro la verità ovviamente – chiarii – li ho trascinati giù nel mondo reale finalmente. Aiden non è un santo, non lo è mai stato, ma merita più di quanto quegli inetti hanno da offrire! Merita una lealtà che nessuno di loro gli darà mai
- E credi che essere scostante e malevolo con gli altri lo farà tornare? – esclamò – i ragazzi della vostra comitiva mi sembravano molto a disagio quando sono venuti, mi hanno chiesto più volte se ero sicuro che non ci fossi
- Non farti incantare da quel branco di idioti, ho persino dovuto intimargli di venire ... - dissi nervoso – decantavano la loro amicizia e ora sono pronti a mollarlo in quel letto. Sono tutti degli ipocriti
- E tu credi di essere l'unico ad avere l'esclusiva sui sentimenti Keno? – si avvicinò – stanno tutti soffrendo e non è giusto che debbano scontare anche il peso della tua rabbia
Incrociai – non vedo come questo ti possa riguardare – mormorai ghignando – stai cercando una nuova occasione per infilarti nella mia vita?
Fece un passo indietro e il suo volto tornò ad essere serio e distante, come se quelle parole lo avessero scottato – fra noi le cose mi sembrano abbastanza chiare, non ho dimenticato quello che mi hai detto
- Bene – mormorai a denti stretti – allora stanne fuori
Non attesi altro, lo superai prepotentemente accedendo finalmente alla camera di Aiden e lo trovai lì, tristemente steso in quel letto come di consueto.
Avvicinai la sedia e presi il mio posto accanto a lui, passando lentamente le dita sul suo braccio fresco e poi intrecciandole con quelle della sua mano. Il suo viso era serafico e privo di espressione, per un momento lo invidiai, non ricordavo l'ultima volta che avevo dormito anche io così.
Perché non ti svegli adesso?
- Ehi amico, come va? – chiesi cominciando il mio solito monologo – scommetto che ti annoi da morire, ho portato qualcosa di nuovo – dissi tirando fuori il libro dallo zaino – Il Signore degli Anelli! Ne avremo da leggere qui! Magari ti sveglierai urlando e dicendomi di chiudere quella bocca, appena ne avrai avuto abbastanza
Aprii il libro ma prima di iniziare a leggere mi ritrovai a tacere, mentre il mio petto veniva attanagliato da una morsa dolorosa e le parole di Callum mi tornavano alla mente.
Digli la verità, digli come ti senti.
- Mi manchi da morire, Aiden – dissi a denti stretti – se solo potessi aprire gli occhi ... se tornassi da me, vedrai ce la faremmo insieme in qualche modo. Non chiederei altro nella vita, se tu potessi svegliarti ora. Non vale la pena mettersi a fare progetti, impegnarsi, andare avanti se poi non ho il mio migliore amico con me. Se non posso parlare con te e tu non puoi rispondere – sospirai – sono tutti qui, persino quel coglione di Andrew ... ci credi che non è scappato dietro qualche nuova missione? – risi amaramente – se magari apri gli occhi si leva di torno.
Gli passai una mano fra i capelli mentre da quel viso immobile non arrivava nessun segno che mi stesse sentendo. Mi riscossi e poi aprii il libro cominciando a leggere, era meglio che mi concentrassi su quel racconto e a scandire lentamente le parole. Su una cosa Noah aveva ragione, anche se ovviamente non glielo avrei mai detto, vederlo lì mi stava uccidendo.

Quando sentii un lieve bussare alla porta mi destai da quella specie di trance, mi stropicciai gli occhi e mi guardai intorno, avevo perso la cognizione del tempo. Non risposi ma la porta si aprì comunque, lentamente il legno si mosse e la testa timida e scura di Callum fece capolino. Mi stupii di vederlo, era l'ultima persona che immaginavo entrasse da quella porta e stranamente il suo ingresso non mi provocò sensazioni ostili.
- Ehi – disse a voce bassa mentre avanzava verso di me.
- Cosa ci fai qui? - chiesi senza trattenere la sorpresa.
- Frequento l'ospedale regolarmente – rispose – per i controlli che faccio, sai ... i miei problemi di salute. È da un po' che penso di passare a trovarlo, così ...
- Capisco – mormorai, quasi dimenticavo come anche Callum avesse i suoi drammi quotidiani a cui badare, lo ammiravo per la forza che mostrava.
- Spero non sia di disturbo con la mia presenza – disse lievemente in imbarazzo – non lo conoscevo bene, ma so quanto conta per te, volevo fargli un saluto
- No, va bene. Mi sembri la prima persona decente che entra da quella porta – mormorai.
Lo vidi avvicinarsi a letto timidamente, osservare bene il mio amico steso lì, tutte quelle macchine attaccate a lui e il suo viso pallido. Callum allungò una mano e gli accarezzo la testa, come se fosse un bambino addormentato e poi si chinò su di lui. Non capii cosa stesse facendo, lo vidi avvicinare le labbra al suo orecchio e sussurrargli qualcosa, quel gesto mi fece leggermente rabbrividire.
Poi si staccò e riportò l'attenzione su di me, mostrandomi come sempre quel sorriso dolce.
- Sono passato dalla tua classe oggi, hai saltato l'ora di biologia – mi ricordò, lo avevo totalmente dimenticato – il tuo professore mi è sembrato un po' preoccupato per le tue assenze, mi ha detto che farà una verifica la prossima settimana. Tieni, ti ho portato gli appunti delle lezioni che hai perso
Io rimasi un attimo senza parole mentre prendevo i fogli ordinatamente riposti in una cartellina e li infilavo nello zaino.
Non ebbi la forza di fare domande su quanto accaduto pochi istanti prima, così proseguii quel discorso – perché ti prendi tanto disturbo, non devi metterti a fare il pellegrino a scuola per me
Lui scosse le spalle sorridendo – non avevo altro da fare ed eravamo d'accordo che ti avrei aiutato, giusto? Possiamo ancora contare l'uno sull'altro?
Io annuii ancora stupito.
- Allora non fare l'idiota – commentò alla fine posandomi un bacio vicino le labbra.
Non le sfiorò, poggiò le sue poco prima dell'angolo della mia bocca, fu strano, un bacio timido come se mi volesse lasciare il mio spazio ma allo stesso tempo dirmi che lui era lì per me. Pensai che quell'accortezza era un gesto tipico di Callum, un gesto di qualcuno che non voleva essere invadente, che non voleva dettare alcuna legge ma restare semplicemente al mio fianco.
Misi in spalla lo zaino e gli sorrisi leggermente – andiamo dai, per oggi sarà meglio che esca di qui
Lui annuì ed attese che salutassi Aiden prima di lasciare la camera, non ci allontanammo di molto, giusto qualche passo in corridoio e notammo due figure venire verso di noi, io mi irrigidì immediatamente. Erano Levin e Andrew, stavano parlando di qualcosa ma, quando ci notarono, anche loro si ammutolirono, a disagio. Il moro mi fissava con aria nervosa, come se volesse sfidarmi, ed io ero tentato di accontentarlo ma Levin parlò per primo, smorzando quella tensione.
- Ehi, come va? Tutto bene? – chiese rivolto a Callum.
- Sì, niente di che. Ho solo fatto dei controlli e poi ho pensato di passare a trovare Aiden, sai ... mi dispiace per quello che è successo. Non nascondo di essere preoccupato anche per te e Keno, è una situazione del cazzo anche per chi è sveglio ... ad aspettare.
Levin sorrise leggermente, un sorriso stanco e consapevole, adesso che li vedevo uno accanto all'altro li trovai molto simili, avevano persino lo stesso modo di fare pacato. Poi il moro rivolse lo sguardo verso Andrew e gli tese la mano.
- Sono Callum, comunque. Non credo che ci conosciamo – disse in un sussurro.
L'altro la strinse – Andrew, piacere di conoscerti. Sei un amico di Aiden? Frequenti la Tech anche tu?
- Sì, frequento l'ultimo anno. Non conosco bene Aiden, ma sono amico di Levin e Keno ...- fece una breve pausa – ho saputo cosa fai per la famiglia, è davvero un bel gesto
Andrew restò per un momento stupito, come se non si aspettasse tanta cortesia ed io diventavo ogni istante più nervoso mentre li osservavo. Vidi finalmente le loro mani lasciarsi e non persi tempo, afferrai quella di Callum saldamente, stringendola alla mia e tirandolo indietro.
- Dobbiamo andare – dissi nervoso.
Callum annuì, docile e comprensivo come sempre, rivolse solo un'ultima occhiata a Levin – sei sicuro di stare bene? È successo qualcosa? Ti vedo un po' strano.
Quello fece una specie di smorfia, qualcosa che Callum colse immediatamente ma che io non riuscii a decifrare, sembrava che stessero parlando una specie di linguaggio dei segni.
- Poi mi racconterai – disse mentre si lasciava trascinare da me lungo il corridoio – ci vediamo in giro, è stato un piacere Andrew

Quando salimmo in auto misi in moto e lasciammo il parcheggio senza indugi, ero ancora lievemente nervoso e lui se ne stava in silenzio, fissando la strada dal finestrino.
- A casa ci saranno i miei – dissi interrompendo quello stato di contemplazione – non ho voglia di mettermi a litigare con loro perché sono rimasto di nuovo tutto il giorno in ospedale. Casa tua è libera?
- Sì, è ancora presto prima che il compagno di mia madre rientri
- E lei non c'è? – chiesi curioso.
- E' partita questa mattina
Mi resi conto di sapere ben poco della vita di Callum, di chi fosse davvero oltre che al ragazzo magro e introverso che appariva. Cosa lo aveva reso così? Le sue risposte badavano bene a non dare troppe spiegazioni a quelle domande, sembrava perennemente impegnato a tenere la gente a distanza, come quando scavi un fossato intorno ad un castello. Un grande vuoto intorno e spesse mura a tenerlo al sicuro dal mondo.
Non sembrò contrario a guidarmi fino a casa sua, nemmeno particolarmente a disagio, mi indicò la strada e io lasciai l'auto nel vialetto sgombero. Era una casa enorme, una di quelle villette da cartolina, anche il quartiere era uno dei più costosi e residenziali di Brooklyn.
- La tua famiglia se la passa bene – dissi mentre entravamo nell'ingresso buio.
- Il compagno di mia madre è un avvocato. Il Signor Loss ha comprato questa casa anni fa, credo abbia altre proprietà in città
- Credi? Non mi sembra che tu lo conosca bene – notai stupito.
- Non parliamo molto, lui lavora tutto il giorno il più delle volte. – notai un certo nervosismo nella sua voce.
- E tua madre? Come mai è partita? – chiesi ancora mentre lo seguivo su per le scale.
- Lavoro – fece una lunga pausa, tanto che mi chiesi se dovessi dire io qualcosa ma alla fine continuò – possiamo evitare di parlare di loro?
Prima che io potessi rispondere ci ritrovammo in camera sua, una stanza molto ordinata, quasi asettica. Andai in automatico alla ricerca di qualche foto, dei poster, quelle cose che tipicamente troveresti in camera di un ragazzo ma le pareti erano libere, così come la scrivania e il comodino. C'erano solo alcuni libri e il computer.
- Wow, non scherzavi quando dicevi che non facevi niente di niente – dissi leggermente divertito mentre lui si sedeva sul letto – non hai neanche una foto? Qualche stupido premio di consolazione dei giochi estivi? Niente campeggio?
Vidi dell'imbarazzo apparire sul suo viso – ho delle medaglie, qualche foto di quando ero più piccolo. Ho vinto una maratona una volta
- Cavolo, e dove sono? – chiesi mentre mi andavo a sedere accanto a lui.
- In qualche scatolone in cantina, a mia madre non piace avere quelle cose in giro – rispose mentre il suo sguardo si riempiva di tristezza – quelle sono ... cose del passato.
- Il passato di cui non vuoi parlarmi, giusto?
Quella frase lo colpì e lo spaventò, il suo volto divenne incerto e si strofinò nervosamente le mani – mi dispiace, io ... non sei tu il problema
- Va tutto bene, Callum – lo rassicurai mentre portavo una mano ad accarezzargli il viso – nessuno di noi deve dire cose che non ci va di raccontare. Siamo qui perché ne abbiamo bisogno
Non mi resi conto di quanto lo volessi finchè non unii le nostre labbra in un bacio, appena intrecciai la mia lingua con la sua e spostai una mano lungo il suo fianco mi resi conto di non volermi più staccare. Sentivo anche le sue mani, sentivo la sua voglia e questo fece aumentare il mio desiderio rendendomi impossibile trattenermi oltre.
Mi staccai da lui con il fiato corto e i suoi occhi grigi e lucidi per il desiderio furono la goccia che fece traboccare il vaso – ti voglio, Callum – mormorai al suo orecchio mentre infilavo due dita nei suoi jeans stretti.
Lui annuì, non riuscì a rispondere, era completamente rosso in volto ma mi lasciò sbottonare l'apertura dei suoi pantaloni e sfilargli il maglione. Aiutò anche me a disfarmi degli indumenti e poi lasciò che lo distendessi lungo il materasso.
- Ci penso io a te questa volta - dissi con tono seducente mentre cominciavo a baciargli l'interno coscia.
Era da parecchio che non avevo il ruolo di attivo in un rapporto, da quella volta in cui ero stato a letto con Samuel, ma adesso sentivo che era tutto quello che volevo. Il corpo sottile e pallido di Callum era sotto di me e fremeva ad ogni tocco, nonostante uno strano disagio si facesse strada nei suoi occhi.
- Andrà tutto bene, non devi aver paura – gli sussurrai all'orecchio mentre tornavo a baciargli il collo e lentamente massaggiavo la sua erezione.
- E' solo che ... - aveva un nodo in gola, un po' colpa dell'eccitazione e un po' per una sorta di angoscia.
- Posso fermarmi se non lo vuoi – chiarii.
- No, è solo ... un po' strano. Però – sentii le sue cosce stringersi di più ai miei fianchi – siamo tu e io, è quello che voglio – disse più a se stesso che a me.
Non mi fermai, pensai che qualsiasi paura avesse potevo scacciarla, potevo fargliela dimenticare scendendo nuovamente con le labbra sulle sue ed imprigionandolo in quel vortice di sensazioni. Le nostre erezioni avevano iniziato a cozzare mentre lo sentivo mugolare ogni volta che strusciavo il mio corpo sul suo. Mi sollevai per un secondo prima di portare la bocca alla sua apertura e cominciare a prepararlo alla penetrazione. Lo feci lentamente, passando dalla lingua alle dita mentre lui gemeva e tremava ad ogni movimento. Non era la prima volta per lui, non mi dava l'impressione di imbarazzo e confusione che aveva avuto l'altra notte, quello era un piacere che conosceva.
Quando affondai dentro di lui, però, toccò a me perdere il contatto con la realtà, lasciar correre i miei pensieri e concentrarmi unicamente su Callum, che si stringeva intorno a me. Il fiato caldo, i muscoli tesi, i nostri sospiri che a stento riuscivamo a trattenere.
- Ti piace? – chiesi al suo orecchio provocandolo mentre continuavo ad affondare ritmicamente dentro di lui.
Era impossibile che mi rispondesse, era come in trance mentre mi accarezzava ovunque e lasciava una scia di baci lungo la mia spalla. Spostai una mano ad accarezzare la sua erezione stretta fra i nostri corpi e quel gesto lo fece sobbalzare, si ritrovò investito da una nuova ondata di piacere.
Altre spinte mentre i miei massaggi si facevano più intensi, ormai non riuscivamo più a trattenere i gemiti, fui grato che in casa non ci fosse nessuno. Poi lo sentii, un punto dentro di lui che lo fece fremere forte, insistetti affondando il più possibile finchè non lo vidi lasciarsi andare con un mugolio strozzato. Anche io lo raggiunsi, pochi attimi dopo riversai il mio seme dentro di lui mentre sprofondavo in quegli occhi grigi e magnetici.


CALLUM


Il mio corpo era immerso in un piacevole stato di torpore, avevo caldo ma anche numerosi brividi lungo la pelle nuda. Mi voltai pigramente e Keno era sdraiato accanto a me, anche lui ancora nudo e con lo sguardo stravolto, mi lanciò un'occhiata intensa.
- Posso chiederti una cosa, Callum? – chiese ad un tratto – ma non devi avere paura di rispondere, ok?
Io annuii anche se già riuscivo a sentire un peso nel petto.
- Hai una relazione con qualcuno?
Quelle parole mi colpirono in pieno e mi gettarono nel panico, tanto che lo vidi sporgersi verso di me e sfiorarmi le labbra con le sue, in un gesto intimo, per tentare di calmami.
- Ehi, non c'è problema, ok? È solo una domanda
- Perché ... - ansimai – pensi che io abbia una relazione?
- Un tipo è venuto da me qualche giorno fa, un tipo minaccioso dai capelli rossi. Mi ha detto che dovrei starti alla larga – rispose con tono calmo – ma come vedi non ho intenzione di farlo. Vorrei giusto capire in cosa mi sto buttando però
Alencar, sentire che c'era lui di mezzo mi portò in un tremendo stato di agitazione, mi sollevai a sedere e respirai a fondo. Cosa potevo dire? Quanto potevo dire? Mi ritrovai a provare rabbia per Alencar, avevo cercato di rigare dritto, di trovare un mio equilibrio nel mondo senza turbare la sua vita con Celia mentre invece lui sembrava pronto a voler distruggere la mia.
Lei ti ferisce, lui ti controlla, è tutto un modo per tenerti sotto scacco, per impedirti di essere felice.
- Non è il mio ragazzo – dissi irritato – lui ... cerca solo di controllarmi
Il volto di Keno si mostrò serio e consapevole – beh, non lo farà. Ne so qualcosa di gente irritante che vuole tenerti in trappola, bloccato. Non mi lascio intimidire da uno del genere, anzi, se dovesse darti fastidio dimmelo – era molto serio – troveremo un modo per sbarazzarcene
Una parte di me ebbe paura di quelle parole, non volevo assolutamente nuocere ad Alencar anche se non riuscivo a capirne il motivo, un'altra parte invece era felice di aver trovato Keno, di avere l'occasione per evadere.
- Se ti dovesse cercare di nuovo dimmelo – aggiunsi alla fine – gli parlerò io, quello che c'è fra noi non gli deve riguardare
Sorrise e si sollevò anche lui tentando di recuperare i suoi slip nel caos dei nostri indumenti, poi li indossò controllando l'ora.
- Rientra il tipo di tua madre? – chiese un po' confuso – sono quasi le dieci
- Sì, è possibile che abbia cenato fuori ma rientra sempre per le undici al massimo. Vai via?
- Devo tornare a casa, ho tutta la roba per la scuola lì. Poi se non rientro i miei cominceranno a sbraitare, ultimamente, visto che disubbidisco per andare in ospedale, pretendono di segregarmi in casa per il tempo che resta
Mi sollevai anche io a quel punto e lo aiutai a radunare la sua roba accompagnandolo al piano di sotto, gli aprii la porta e restammo sulla soglia ancora qualche istante.
- Ci vediamo domani a scuola allora? – chiesi ancora sulle spine, ero stupito del fatto che Keno non fosse fuggito a gambe levate dopo una conversazione con Alencar.
- Certo, pranziamo insieme. Buonanotte, Callum
- Buonanotte
Ma non fu una notte tranquilla, la mia mente faceva fatica ad acquietarsi e, dopo aver impiegato numerose ore per prendere sonno, i miei incubi la fecero da padrone. Ero finito di nuovo in quella spiaggia dove ogni cosa sembrava destinata a ripetersi in una tortura infinita. Il caldo, l'acqua, quella fatica tremenda e il peso sui miei polmoni, la sabbia dura e tagliente, il suo corpo senza vita.
Quando aprii gli occhi mi sentivo confuso, era come se la mia testa fosse sott'acqua, mi ci volle qualche istante per mettere bene a fuoco la camera intorno a me. Con mio dispiacere notai di essermi svegliato ancora a terra, mi misi in piedi e portai i miei occhi allo specchio per controllare il mio aspetto. Restai pietrificato, sulla superficie di vetro c'era una scritta grossa e nera che sembrava urlare verso di me: STAI LONTANO DA LUI, PUTTANA.
Mi vennero i brividi davanti a quelle parole che dovevano essere certamente opera di Celia, mi chiesi se avesse capito che ero stato con un altro e se fosse per quello che era arrabbiata. Poteva essere benissimo in combutta con Alencar, per tornare a farmi pressione ora che anche io avevo Keno al mio fianco, qualcuno totalmente fuori dal loro controllo.
E sei lei avesse paura per Alencar?
Mi balenò anche quel pensiero per qualche istante ma lo scacciai via, come potevo io essere all'altezza di Celia? Come poteva lui preferirmi a lei?
Lo hai anche tradito.
Non potevo negarlo o forse non avrei dovuto definire il mio un tradimento, sicuramente Alencar si era reso conto c'era un altro ragazzo, cosa avrei dovuto fare? Stare con Keno era qualcosa di sbagliato? Mi veniva la nausea a furia di pensare a tutte quelle cose, allo sguardo rabbioso di Alencar e a quella grossa scritta davanti ai miei occhi che avevo paura di interpretare. Era possibile che stessi ferendo ancora mia sorella? Sottraendole l'attenzione dell'uomo che aveva scelto.
Le rubi la vita ... le rubi l'amore.

Alla fine trovai la forza di uscire di casa e affrontare la mia giornata, la scuola, gli insegnanti, gli sguardi degli altri studenti. Continuavo a muovermi sperando che presto avrei potuto incrociare facce amiche, che avrei potuto passare il pranzo con Keno e scambiare qualche parola con Levin anche se accadeva più raramente.
L'incidente di Aiden aveva totalmente rivoluzionato più di una vita attorno a me, avevo visto gente distante e cinica perdersi al capezzale di quel ragazzo addormentato.
Quando vidi spuntare Levin nel nostro solito posto rimasi leggermente sorpreso, era da un po' che non si ritagliava dieci muniti per fumare con me e mi sorrise leggermente quando si appoggiò al muro vicino alla mia spalla.
- Ehi, come va? – chiesi – vai in ospedale anche oggi?
- Già ma più tardi, devo prima passare alla clinica veterinaria – rispose con tono cupo – l'altro giorno hanno investito un cane davanti ai miei occhi. Cristo Santo, sembro una fottuta spirale di morte. Com'è che si dice? Tutto ciò che tocco muore.
Accennai un sorriso mentre gli passavo una mano sulla spalla per confortarlo – sei una persona buona Levin, non riesci proprio a stare fuori dalle cose. Vorresti proteggere tutti ...
- Ci sto proprio riuscendo bene, eh – disse in tono sconfitto – quel cane è fortunato se tornerà a camminare, Aiden è in coma in quel dannato letto e non dà segni di vita. Cerco di essere positivo con la signora Berg, non voglio mostrarle anche le mie angosce ... ma cazzo, comincio a credere che forse non ha neanche senso continuare a sperare. Ogni giorno che passa mi dà la conferma che probabilmente tutto è destinato soltanto a peggiorare.
A quel punto lo abbracciai e lui poggiò la fronte sulla mia spalla, inspirò un paio di volte e cercò di ricaricarsi, come se quel crollo fosse il massimo che potesse permettersi ed ora doveva tornare il solito muro di calma e razionalità.
- Fa bene sfogarsi un po' – lo tranquillizzai – non aver paura di dire cose scomode con me, lo sai Levin, io sono qui
- Già, me ne sono accorto – disse con un sorriso malinconico – tu sei qui, ci sei per tutti quanti e io non ti chiedo nemmeno come va a te la vita. Faccio schifo anche come amico.
Io scossi la testa – non dire scemenze, e poi la mia vita va sempre al solito. Casini che si susseguono
- Va male anche con Keno? – chiese, leggermente incuriosito – mi è sembrato di capire che voi due ...
Io mi sentii leggermente in imbarazzo – già, con lui va bene. Abbiamo iniziato a uscire, anche se non abbiamo definito nulla. Lui è così assorbito da Aiden e io sono un casino tale che sono sollevato che lui abbia la mente impegnata, almeno non si rende conto di quanto sono messo male
Il suo sguardo si fece indagatore – Ti riferisci ad Alencar? Non ho mai ben capito di che genere di storia si tratti.
Bella domanda pensai, peccato che rispondere in maniera precisa fosse impossibile, districare i nodi della mia vita era fin troppo complicato per due persone sole.
- Lui è un tipo possessivo e non è in un bel giro, come ti dicevo – risposi alla fine – certe volte mi manca, vorrei stare con lui ma molto spesso mi fa paura. Keno invece è così normale, il suo mondo non mi terrorizza.
Lui ascoltò annuendo in silenzio, non c'era molto da dire e Levin non si intromise con commenti inutili, era quello che apprezzavo di lui: riusciva ad ascoltarmi senza farmi sentire giudicato.
- Ho saputo che Alencar gli ha parlato, non voglio che gli faccia del male – confessai preoccupato.
- Sono certo che Keno non si farà intimidire. Ha un carattere del cazzo, ma sa come difendersi – mi confortò – fammi sapere come va a finire allora.
Poi lo vidi spegnere la sigaretta e anch'io feci lo stesso, il nostro tempo era quasi finito.
- Anche tu, portami notizie del cagnolino – lo salutai accennando un sorriso.

Alla fine delle ore scolastiche mi incamminai verso l'uscita, Keno era già andato via ed io non indugiai oltre nel cortile. Lasciai l'istituto cominciando a camminare lungo il marciapiede e mi resi conto immediatamente della presenza di una macchina poco più avanti, Alencar era lì ed un profondo senso di irritazione si impossessò di me.
Decisi di affrontarlo, nonostante stessi tremando come una foglia, continuai a camminare fino alla macchina, aprii lo sportello e mi sedetti al posto del passeggero.
Lui si voltò inizialmente sorpreso ma tentò immediatamente di ricomporsi – ti serve un passaggio?
- Non cercare di fare finta di niente – dissi con voce sicura anche se dentro di me il nervosismo mi stava uccidendo – so che hai parlato con Keno e ora ti apposti qui. Mi spieghi cosa vuoi?
Silenzio, forse non si aspettava che fossi così diretto o semplicemente aveva avuto modo di riflettere sulle sue azioni finalmente.
- Quel tipo non è adatto a te – rispose con il mio stesso tono.
- E devi deciderlo tu questo? Come lo sai? – insistetti – non lo conosci, non sai cosa sta facendo per me, quindi non sentirti in dovere di avere ragione su tutto
Quello rise, fu un gesto di puro nervosismo – cosa sta mai facendo di così fondamentale? In cosa ti può essere tanto utile da metterti a discutere con me?
- Mi fa sentire normale! – sbraitai – ogni tanto in questa mia esistenza ad un passo dal tracollo trovo qualcuno che mi fa sentire un ragazzo come gli altri. E quando ti svegli con una scritta enorme sullo specchio e non ricordi metà delle tue giornate, allora essere normale è tutto. Vuoi togliermi anche questo?
I suoi occhi erano diventati seri e penetranti - di che parli?
- Della tua innamorata! Che mi odia e che pensa che io ti stia allontanando da lei! – risposi stremato – oppure è tutto un piano? Vi siete coalizzati in modo da distruggere ogni mia minima speranza di una vita normale?
- Non la vedo da un po' di tempo – disse alla fine con sguardo pensieroso.
- Bene, allora parlaci o fai quello che devi perché mi lasci in pace! – esclamai sfinito – voglio sono vivere la mia vita.
- Con quel moccioso? – nuovamente quel tono infastidito.
- Meglio lui che farmi risucchiare da te, almeno quando lui mi sta vicino non ha nessun secondo fine.
C'era tensione fra noi in quel momento, i nostri occhi si stavano scrutando e, per quanto evitassi sempre di fissarlo, adesso non riuscivo a distogliere lo sguardo. Sentii una sua mano afferrarmi il braccio e strattonarmi verso di sé, non opposi resistenza mentre scostava il colletto del mio maglione e scopriva alcuni segni che Keno mi aveva lasciato la notte scorsa.
- Ci vai a letto? – sibilò al mio orecchio.
Non risposi inizialmente, mi limitai ad abbassare lo sguardo ma lui mi strattonò insistente.
- Sì ... - sussurrai alla fine.
- Lo usi il preservativo almeno? – continuò e quella domanda mi creò uno strano imbarazzo mentre il volto di Alencar era privo di qualsiasi pudore.
Mi ritrovai a scuotere la testa desolato – no, non lo abbiamo usato
- Cazzo – sbottò schifato – vedi di usarlo almeno, se devi scopare in giro cerca di non beccarti niente
- Io ...- dissi intimidito – non ... non scopo in giro, lui ...
- Oh, ma certo, lui è il tuo nuovo amore! – c'era un tono derisorio in quella frase.
- No – chiarii con fermezza – non è il mio grande amore ma è un ragazzo a cui tengo e che rispetto. Quindi smettila di deriderci entrambi, se tu sei infelice non è colpa mia
Vidi la sua mano scattare verso di me, non mi mossi, non avevo paura che mi colpisse ma mi afferrò saldamente la mascella facendomi avvicinare lui.
- Non pensare che io approvi questa sorta di relazione surrogato, ma almeno usa i preservativi. Non farmelo ripetere – aggiunse.
Mi liberai dalla presa mentre aprivo lo sportello del passeggero – bene! Ti mando un video la prossima volta, così sei sicuro che li abbiamo messi – sbottai mentre mi precipitavo a smontare dalla macchina.
- Callum! – lo sentii chiamare con voce piena di rabbia.
Ma io non risposi, non mi voltai neanche, continuai a camminare rapidamente lungo il marciapiede, sperando che andasse via e che finalmente mi lasciasse in pace, in quel momento tutto quello che volevo era che stesse fuori dalla mia vita. Tutto quello che mi sembrava di aver bisogno era sentirmi umano, sentirmi semplicemente Callum.

ANDREW


Il boato di un aereo che volava alto oltre i grattacieli mi fece sollevare il volto al cielo per qualche attimo, seguii la scia bianca che si lasciava dietro, mentre qualcosa di doloroso si dibatteva nel mio petto. Sentivo di nuovo la città stringersi intorno a me come muri altissimi ed invalicabili, la sua atmosfera era velenosa, sembrava attaccarsi alla mia pelle con l'intento di succhiarmi via quel poco di buono a cui mi stavo aggrappando. Dannazione, nessuno poteva immaginare quanto avrei voluto volare via dalla miseria di Brooklyn.
E invece ero costretto a rimanere lì, a fare la cosa giusta almeno per una volta nella vita. Lasciai i parcheggi dell'ospedale con il viso stanco della signora Berg davanti agli occhi. Era voluta tornare a lavorare a tutti i costi, rendersi utile e muoversi la faceva sentire leggermente meglio e potevo capirla da quel punto di vista; inoltre Aiden era già lì e, purtroppo, sapevano che non sarebbe andato da nessuna parte al momento.
Improvvisamente ricordai il mio secondo appuntamento della giornata, e con calma imboccai la strada periferica che mi avrebbe portato alla clinica veterinaria. Fare la spola tra un ospedale all'altro mi deprimeva, la mia vita non era mai stata così priva di senso come in quel momento. Ma mandai via quei pensieri e mi concentrai unicamente sul cane. Ero già andato a trovarlo due giorni prima e l'avevo trovato piuttosto bene, infatti a detta dei veterinari stava rispondendo bene alle cure. Anche quel giorno Mitch era lì, mi accolse con un bel sorriso ed una stretta di mano.
- Allora? Cosa dice il nostro paziente peloso?
- Sta bene, sta bene. E' un coccolone, qui lo amano tutti. Però sei arrivato per secondo stavolta, il tuo amico è già lì dentro.
Levin. Ovviamente. Definirlo "un amico" suonava parecchio stonato, io per primo stavo ancora cercando di capire cosa pensassi riguardo a quel ragazzo. Ad ogni modo ringraziai Mitch e mi diressi verso la saletta in fondo al corridoio.
Levin era seduto a terra e vederlo ridere fu così strano che per un attimo rimasi imbambolato sulla porta. Stava accarezzando il cane con vigore mentre quello gli andava vicino, ancora piuttosto impedito per via dell'operazione chirurgica, ma deciso a leccare il viso del suo salvatore. Lui si lasciò travolgere dalle feste e cadde con la schiena sul pavimento, soltanto a quel punto mi feci avanti nella stanza.
- Oh, Andrew – l'avevo spaventato e il sorriso aveva lasciato posto ad un'espressione più neutra e controllata.
- Eccomi qui. Ho pensato di venire a vedere come stesse il cagnone, ma a quanto pare mi hai anticipato
Mi lasciai cadere a terra anch'io e al diavolo i miei pantaloni da trecento dollari, avevo voglia di rotolarmi a terra con il cane.
- Sì, sono passato da Aiden un po' prima stavolta, visto che poi dovevo venire qui – parlava a fatica tra una leccata e l'altra – sembra in forma, eh? Ho parlato con il veterinario e mi ha detto che sta recuperando benissimo. Ero venuto a saldare il conto anche
- Ma me ne sono già occupato io – dissi, impedendogli di finire la frase. Adesso era arrivato il mio turno di coccolare quell'enorme massa di pelo festante
- Non dovevi ...
- Perché? L'unica cosa che ho sono i soldi, Levin
- Cazzo, quanto sei cinico – aveva scosso la testa e abbozzato un sorriso – mettiamola così: ti sono debitore. Sono stato io a trovare il cane, ma alla fine sembra che abbia fatto tutto tu, quindi te ne devo una.
- Bene, vorrà dire che mi offrirai una birra allora
L'avevo detto, ma non volevo dirlo. L'avevo solo buttata lì come si farebbe con qualsiasi altro conoscente, ma solo notando l'occhiata confusa di Levin realizzai che quella sorta di cameratismo non poteva far parte di due persone che avevano avuto il nostro trascorso. Avevamo un ex in comune ... e in coma.
- Oppure no. Magari mi offri un caffè alla macchinetta dell'ospedale – ritrattai, ancora sorridendo.
- Bella merda, ma anche no – scosse la testa con aria disgustata, anche a me l'idea del caffè in ospedale mi metteva i brividi.
Si era fatto pensieroso mentre continuava ad abbracciare il cagnone. Poi aveva sollevato lo sguardo su di me e aveva abbozzato un sorriso
- A me una birra andrebbe adesso. Che ne dici?
Mi ripresi in fretta dalla sorpresa che quella proposta aveva suscitato in me, misi su un'espressione neutra. Che male c'era a farsi una birra con lui? O forse avrei preferito tornare a casa a bere da solo come facevo ormai da settimane? Forse avere una compagnia mi avrebbe depresso di meno.
- Ma se non puoi va bene lo stesso.
- No, no – dissi in fretta, sollevando lo sguardo su Levin – va benissimo, ad essere sincero non ricordo neanche l'ultima volta che sono uscito a farmi una birra. Ultimamente l'unico tragitto che faccio è casa-ospedale. A furia di andare avanti così potrei impiccarmi. Non sono abituato a starmene così fermo, non fa parte di me ... ho sempre bisogno di svaghi e mi sento bloccato qui.
Era vero, quella vita mi stava logorando senza che me ne fossi reso conto. Avevo già iniziato a vedere la mia vita a Brooklyn come quella di un detenuto rinchiuso in un carcere di massima sicurezza. Non ero fatto per starmene fermo troppo a lungo, finivo col sentirmi ogni giorno un po' più stanco e vuoto di quello precedente. Cosa sarebbe rimasto di me continuando in quel modo? Ben poco forse.
- Bene, allora andiamo. Vado a darmi una sciacquata e poi ti offro questa birra - nel frattempo Levin si era sollevato piano da terra e mi era venuto incontro.
Non avevo nessuno motivo per fraternizzare con lui, però era solo una dannata birra, mi dicevo, c'era davvero bisogno di trovare un motivo dietro una birra? In fin dei conti non c'era niente di male in quello, forse anche lui si sentiva soffocare quanto me. Potevo concedermi una boccata d'aria prima di reimmergermi nel solito flusso paralizzante di eventi che ormai sembrava trascinare la mia vita senza che potessi far nulla per oppormi.
Così avevamo salutato il cagnone e poi ci eravamo diretti entrambi in bagno.
- Dovremmo trovargli un nome, qualcosa di forte, da sopravvissuto – dissi, pensando di nuovo al cane – ti viene in mente qualcosa?
- Da sopravvissuto dici? Forse ne ho uno – si era voltato a fissarmi e dal sorriso che aveva impresso sul volto capii che stava per sparare una stronzata.
- Harry Potter
- Harry Potter? – ripetei, confuso – vuoi chiamare un cane Harry Potter?
- Sopravvissuto, l'hai detto tu. E gli resteranno un sacco di cicatrici dopo l'incidente. Harry Potter è figo come nome
- Levin – stavolta fu il mio turno di ridere – ma sei serio?
- Sì, perché?
- Perché non è un nome da cane – mi stava trascinando via dal bagno
- E tu allora cosa proponi?
- Ma non so, un nome più da cane! – ci pensai un attimo, poi l'illuminazione – ecco, tipo Keno
Lui sgranò gli occhi, tra il divertito e l'impressionato – non se lo merita quel povero cane di chiamarsi come lui. E' già stato investito e lasciato sull'asfalto a morire, perché dobbiamo infierire ulteriormente? Non te lo permetterò.
- Keno è anche mio adesso, gli sto chiaramente simpatico, quindi ho anch'io voce in capitolo sulla questione.
- Cosa? Harry Potter preferisce me, abbiamo un legame speciale, da sopravvissuti.
- Fanculo, Eickam. A quanto pare tutti preferiscono te alla fine, sia i cani che le persone – stavo ridendo, per cinque dannati minuti avevo avuto una conversazione rilassata con lui e questo mi fece strano.
- Ti stupisce così tanto la cosa? Cioè ... basta guardarmi
Poi aveva aperto le braccia in un chiaro invito a vedere con i miei occhi quanto fosse dannatamente perfetto.
- Contegno, Eickam. Puoi anche far colpo su un diciottenne imberbe come Aiden, ma su uno che ha la mia esperienza ... beh, hai da lavorare sodo – feci una smorfia che gli procurò una risatina, stavamo entrambi scherzando, Levin era la persona meno arrogante che avessi mai conosciuto probabilmente.
- E va bene, F.D.L. Dove andiamo a bere questa birra?
- F.D.L.? E' un acronimo per coglioni? – ero confuso – che cazzo vuol dire?
Quello si nascose dietro la sua migliore espressione neutra – Niente, gergo giovanile, capisco perché ti sfugge
- Ah-ah – finsi una risata e lo spinsi appena verso la strada. Levin mi camminava accanto, sembrava davvero diverso quella sera, era molto più reattivo e allegro di tutte le altre volte in cui avevo parlato con lui, ma allo stesso tempo i suoi occhi erano anche più lontani, quasi persi. Lo guardai con attenzione, nonostante stesse facendo buio in fretta, dal cappuccio della felpa nera tirato sui capelli ossigenati alle labbra sottili che adesso avevano appena accolto il filtro di una sigaretta, per poi scendere sulle mani magre, dalle dita lunghe e affusolate, piene di anelli, intente a trafficare con uno zippo. Era interamente vestito di nero, con pantaloni stretti e Vans sportive alte fino alle caviglie, completava il tutto con uno zaino che forse si era trascinato dietro da scuola. Cozzava in modo spaventoso con il mio cappotto Armani beige e i mocassini italiani di pelle pregiata. Sembravano davvero un'accoppiata senza senso, quasi inquietante.
- Che c'è? Stai ancora riflettendo sul F.D.L.? Non te lo dirò mai, devi da solo se proprio ci tieni – mi prese in giro subito dopo, forse disturbato dal mio scrutare penetrante
- Ma ti pare, stavo cercando di capire da che parte era. C'era un pub qui nei dintorni, ci andavamo io e mio padre dopo aver lasciato i cani alla clinica. Avevano una quasi soddisfacente qualità di Whiskey – dissi, pensieroso. Mi guardavo intorno, un po' confuso
- Quasi soddisfacente ... - Levin sospirò con fare teatrale – e poi il Whiskey, un'altra prova di quanto tu sia old-style. Birra tutta la vita.
- Che gusti da mocciosetto – era stato un sussurro basso il mio, ma non così tanto da impedire a Levin di sentirlo perfettamente – ah, ma tusei un mocciosetto. A volte tendo a dimenticarlo visto che sei più alto di me
- E tendi a dimenticare anche la strada verso il pub per caso? No, perché da qui mi pare che ci siamo già passati
Scossi la testa, ero appena stato salvato da un flashback di qualche anno prima. Eravamo sulla strada giusta, sarebbe bastato girare l'angolo per ritrovarci il pub sulla destra, se non avevo preso un abbaglio. Così lo afferrai per le spalle e gli feci voltare l'angolo. Il White Docks era lì, dedicai il mio migliore sorriso soddisfatto ad un Levin che adesso si fingeva impressionato.
- Chiedo umilmente perdono per aver dubitato delle sue capacità di orientamento
- Miscredente. Sono un cazzo di pilota, se non mi oriento io chi altro si orienta?
- Ah, l'avevo dimenticato. E che cosa fai esattamente?
Niente tono divertito adesso, Levin sembrava genuinamente curioso. Avanzavamo verso l'entrata del pub che era piccolo ma confortevole, un posto ideale per rilassarsi dopo una giornata di merda.
- Perlustrazione e ricognizione. Controllo che i nostri confini non vengano oltrepassati dai nemici.
Fischiò piano – Che figata. E dove sei per adesso?
- In Libia da un paio di anni
Mi mancava? Come diavolo poteva mancarmi la guerra? A volte avevo l'impressione che mi mancasse, ma forse era più la voglia di pilotare il mio aereo che altro, sperai. L'idea di volare talmente lontano da potermi distaccare da qualsiasi vicenda umana e soprattutto dal dolore mi faceva sentire veramente libero. Lassù non esistevano legami, in realtà non esisteva quasi niente.
- Ragazzi, cosa vi porto?
Mi riscossi da quei pensieri quando mi resi conto che era arrivato il momento di ordinare. Levin ed io ci eravamo piazzata direttamente al bancone, anche se in effetti la sala sembrava abbastanza vuota quella sera. Gli occhi gentili dell'uomo anziano erano in attesa, Levin aveva dato un'occhiata veloce al menu per poi optare per una rossa artigianale
- Il migliore Whiskey che avete per me, vediamo se possiamo far cambiare idea a questo ragazzino
- Sarei io il ragazzino? – Levin rise piano – tu vacci piano invece, poi devi guidare
Pensai che non aveva idea di quanto fossi bravo a tracannare Whiskey senza vomitare l'anima o sentirmi male, ma non era il caso di dargli un insegnamento simile. Così gli dedicai il mio migliore sorriso angelico
- Tranquillo, solo qualche bicchiere.
Non era stato solo qualche bicchiere però. Erano stati almeno quattro ed era passato talmente tanto tempo dal nostro arrivo che i pochi avventori del locale erano andati via. Lo stavo notando soltanto in quel momento, eravamo stati completamente assorbiti da una conversazione che adesso stentavo a ricordare.
Stavo porgendo il quarto bicchiere verso Levin che si ritrasse nel percepire quel profumo intenso, forse troppo intenso per qualcuno che non era mai andato oltre le birre.
- Assaggialo, è buono. Te lo giuro. E poi li stai anche pagando tu, fossi in te lo proverei
- Dicono che non bisognerebbe mischiare due tipi di alcol diversi ...
- Non fare il vecchio. Da bravo, solo un assaggino – un altro sorriso angelico che forse ebbe l'effetto opposto.
Levin non sembrava convinto, ma alla fine prese il bicchiere che gli stavo tendendo e con un'ultima occhiata circospetta mandò giù tutto il contenuto in un paio di sorsate. Per poco non me lo risputò addosso, finì a tossire forte con un'espressione talmente disgustata che mi fece morire dal ridere
- Ti avevo detto di fare un solo assaggino, non di tracannarti tutto il bicchiere! Sei scemo? – ero in lacrime.
- C-come cazzo p-puoi bere una roba del genere! – un altro colpo di tosse che lo fece piegare in due – è come bere acido! Mi sta corrodendo le viscere, cazzo!
- Che mocciosetto. Ah, quanto hai da imparare, Eickam.
Si era piegato in due, appoggiandosi sulle mie ginocchia, poi mi aveva fissato con un'espressione da moribondo, aveva gli occhi traboccanti di lacrime e due piccoli cerchi rossi sulle guance altrimenti pallidissime – Cavolo, dovevo farti bere del Whiskey per farti venire un po' di colore in faccia. A saperlo prima.
Riassunse la risposta alla mia provocazione con un semplice dito medio. Dovevo ammettere che era d'effetto. Lo vidi deglutire a fatica e portarsi una mano allo stomaco.
- Non è che vomiti però? – forse avevamo esagerato, pensai. Non avevo idea di quanto fosse capace a reggere l'alcol, forse la mia sopportazione era davvero troppo alta dopo anni e anni di bevute con quelle spugne dei miei amici.
- Tutto sotto controllo, tranquillo. Ho soltanto un caldo assurdo – poi si era messo in piedi e mi sembrava anche abbastanza stabile sulle sue gambe
- Andiamocene da qui, anch'io sto morendo di caldo.
L'aria era secca e gelida fuori, salutai l'uomo e lo ringraziai con una bella mancia abbandonante, in fin dei conti eravamo rimasti soltanto noi lì dentro e lui era stato tanto gentile da non metterci fretta. Levin stava provando ad accendersi una sigaretta con dei risultati più che pessimi, mi ritrovai a ridere e lui non la prese bene. Senza rendermene conto mi aveva svuotato un bicchiere di qualcosa sul cappotto. Ero rimasto a bocca aperta, qualche schizzo mi aveva raggiunto anche sugli occhi
- Ma che cazzo fai? Che cos'è?
- Solo acqua, ha piovuto. La prossima volta che ridi ti lancerò altro – mi avvertì lui, parlava tra le risate. Quanto cazzo era andato?
- Tipo?
- Tipo che mi sto pisciando addosso, fai due più due.
- Cazzo, anch'io. Questo freddo è micidiale
- Facile dare la colpa all'inverno e non a tutto quel cazzo di whiskey che ti sei tracannato – Levin mi prese per il culo, poi lo vidi saltare su se stesso – no, non riesco a tenermela. Io la faccio qua
- Buona idea – me la stavo facendo anch'io. Mi guardai intorno e appurai che non c'era un'anima viva, a parte noi due.
Era tardi, come diavolo avevamo fatto a rimanere in quel pub per più di quattro ore? Cos'avevamo fatto esattamente? Cosa ci eravamo detti? Avevamo parlato di tutto e di niente, era stato così naturale ... cosa stavo combinando?
- Aaaahhh – Levin si lasciò andare ad un sospiro di sollievo. Mi ero avvicinato a lui e stavo tirando giù la cintura dei miei pantaloni. Il sollievo fu immediato, lanciai un'occhiata soddisfatta a Levin che mi guardò con un'espressione altrettanto entusiasta sul viso
- Dio, se ci voleva ...
- E' stata meglio del sesso – aggiunsi
- Andrew, ma che cazzo dici?
Un'altra risata di gusto, forse anch'io ero più ubriaco di quanto mi piaceva pensare – Che vuoi? Pensa per te. A me è piaciuta da morire. Qualche problema?
Levin aveva provato a ribattere con qualcosa di cattivo, ma alla fine se n'era uscito con un'altra risata stupida e immotivata che però trascinò anche me. Stavamo barcollando lunga la via come due idioti, soltanto quando raggiungemmo il fondo della strada mi fermai.
- E adesso? Dov'è che ho la macchina? – chiesi tra me e me, mentre Levin mi si accostava accanto, confuso.
- Cazzo, è tardi. Devo darmi una mossa se voglio prendere l'ultima metro. Passa tra dieci minuti.
- Ti accompagno io a casa se vuoi, ti ho anche fatto fare tardi. Tu domani hai scuola – cercai di riprendere il controllo delle mie azioni.
Levin scosse la testa – No, tranquillo, è meglio se cammino un po', magari mi passa prima che rientri a casa.
- Allora muoviamoci.
Poi l'avevo spinto in avanti e afferrato per la felpa imbottita, costringendolo a gettarsi in una corsa a perdifiato con me
- Mocassini di merda! – imprecai
- Togliteli – mi provocò Levin, senza fermarsi – dai, ti sfido a farlo.
- Che cazzo di sfida sarebbe? Che cosa potrei mai guadagnarci nel togliermi le scarpe a meno cinque gradi?
Un'altra risata che mi rallentò, sentivo il petto bruciare, ma forse era soprattutto colpa dell'alcol quella volta. Arrivammo alla metro un paio di minuti dopo e andammo ad arrestare la nostra corsa sulla prima panchina a disposizione. Avevo il fiatone e uno strano senso di euforia che non mi apparteneva da molto tempo, forse perfino anni. Lanciai un'occhiata a Levin, anche lui completamente sconvolto e senza respiro. I suoi occhi non mi erano mai sembrati tanto brillanti mentre ricambiava il mio sguardo
- N-non dovevi venire fin qui, non era necessario – esalò a fatica, con la mano sul petto
- Sei sotto la mia custodia stasera e visto che non hai voluto uno strappo, allora come minimo dovevo scortarti fino alla metro. Inoltre ti ho fatto bere troppo, mea culpa.
- Ma che gentiluomo – mi schernì quello, tossendo forte – Cristo, stavolta crepo
- Per così poco? – lo provocai – oh, c'è il tuo treno. Forza, tirati su
Lo avevo spinto gentilmente verso la striscia gialla dei binari, le luci erano rade lì, soltanto qualche lampione dalla luce opaca e poco altro. Levin si voltò verso di me, un sorriso impresso sulle labbra che avevano preso un colorito più vivace, forse a causa di quella corsa furiosa.
- Allora la ringrazio per la serata e per aver scortato un povero ragazzo incapace fino al suo treno. Il suo lavoro è finito qui, può andare in pace – ancora quel tono divertito, aveva chinato il capo in un gesto elegante.
Mi feci indietro di un passo esatto e allungai la mia mano verso il suo braccio che strinsi.
- Lo rifacciamo però?
Avevo osato troppo, sicuramente non mi stavo ponendo nessun filtro e quello poteva essere un problema. No, forse un minimo di buonsenso ce l'avevo ancora
- Ti è piaciuto?
Annuii piano – Mi sono sentito normale, quindi direi di sì.
- Allora rifacciamolo presto, ma niente Whiskey stavolta. Mi sa che devo vomitare l'anima.
- Dai, dici sul serio? – a quel punto stavo iniziando a preoccuparmi – ti accompagno a casa io. Posso rimanere con te se non ti senti bene.
- Nah, Levin Eickam può sopportare questo ed altro. E' il re delle sbronze e degli eccessi. Buonanotte, Andrew – un altro sorriso divertito, poi aveva iniziato a retrocedere verso le porte aperte della metro
- Ehi! Scrivimi quando arrivi!
- Non ho il numero! – aveva urlato oltre la porta che si stava chiudendo davanti a noi.
Feci mente locale in fretta, il treno stava partendo, non avrei avuto il tempo di dettarglielo. Lo guardai con un sorriso idiota sul volto e feci spallucce.
- Te lo do domani
Levin aveva letto il mio labiale e aveva riso. Poi era toccato a me concentrarmi sul movimento delle sue labbra.
Domani è troppo tardi.
- Lo so. Ma meglio tardi che mai, no?
Il treno partì e la tipica scia di vento dell'alta velocità mi colpì dritto al volto. L'ultima immagine che avevo davanti era il viso divertito di Levin.
Forse, dopotutto, quella giornata non era del tutto da dimenticare.


ANGOLO AUTRICI: Buon sabato a tutte! Gli intrecci ormai sono tantissimi e ce li avete sotto gli occhi, speriamo vi piacciano e che stiate seguendo la storia con entusiasmo. Aspettiamo con ansia di sapere cosa ne pensate, buona lettura e un bacio a tutti!

BLACKSTEEL

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