20. Another way to hurt yourself

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Mors omnia solvit.

(La morte scioglie tutto, Giustiniano)


CALLUM
Camminavo lungo il corridoio della scuola con una strana serenità nel petto, uno dei miei numerosi motivi di angoscia era stato per sempre rimosso dalla routine quotidiana. Forse non avrei dovuto esaltarmi così tanto ma sembrava che qualcuno avesse aperto una leggera breccia nel muro di oscurità che si stagliava davanti alla mia vista da tutta la vita.
Peter Maxwell era stato espulso dalla Tech in modo parecchio teatrale, gli altri studenti non facevano che parlarne da quando era successo. Il Preside aveva persino indetto un'assemblea scolastica per incentivare la denuncia di comportamenti criminosi all'interno dell'istituto. Tutti sapevano di Maxwell ma evidentemente nessuno aveva mai avuto le palle di dire niente, tranne una persona.
Fu in quel momento che arrivai in mensa, un posto che frequentavo raramente ma sapevo che ci avrei trovato la persona che cercavo. Keno Schulz infatti era lì, la sua figura mi appariva tremendamente diversa da qualche giorno a quella parte. Lo avevo sempre inquadrato come uno dei popolari, con quel gruppetto di ragazzi che gli andavano sempre dietro, il suo profilo era affilato e leggermente provocante. Eppure da qualche tempo era rimasto completamente solo, persino Aiden non stava con lui, questo mi sorprese perché avevo inteso che fossero parecchio legati. Sapevo che non era il caso che mi facessi tutte quelle congetture ma non riuscivo a togliermelo dalla testa da quando aveva fatto quella cosa per me.
Adesso mi devi un favore e prima o poi verrò a riscuoterlo.
Sembrava tremendamente minacciosa detta così, eppure non riuscivo a vedere in Keno il vero nemico, forse io, che ero abituato a demoni più spaventosi, riuscivo a vedere quel ragazzo per come era davvero: l'ennesima anima sola e in cerca di un riparo.
Quando mi sedetti al suo tavolo ci fu un lungo momento di silenzio, i suoi occhi passarono dal pranzo al mio viso e rimasero piantati nei miei.
- Che vuoi? – mi chiese con tono basso, prima di riprendere a mangiare.
- Ho notato che da un po' di tempo i tuoi amici non pranzano più con te – dissi cercando di evitare il suo astio.
- E hai dedotto che sono tanto disperato da aver bisogno che tu ti sieda qui a parlarmi? – sbuffò – lascia perdere, ho una dignità
- Tu aiuti me e io aiuto te – commentai accennando un debole sorriso – sei stato molto coraggioso con Maxwell, mi fa piacere passare del tempo con una persona così
A quel punto apparve un sorriso sul suo viso, nulla di innocente, anzi, sembrava parecchio provocante, come se tentasse di mettermi a disagio in qualche modo, cominciavo a capire che quello era il suo stile.
- Beh, non pensare che per quel favore mi accontenti di un pranzo a mensa da quattro soldi – disse alla fine con il tono perfetto per accompagnare il suo sguardo magnetico.
Non so cosa scattò in me, mi sentii preda di un'energia che non avevo voglia di reprimere, proprio come quella notte alla festa.
- Mi stai chiedendo un altro bacio? – replicai senza staccare gli occhi da lui.
Lo stavo provocando, me ne resi conto e una parte di me ne fu imbarazzata, stavo sul serio flirtando? Ne ero capace? Evidentemente si, Keno drizzò appena la schiena spostando il corpo in avanti.
- Quel coglione avrà il marchio da spacciatore super osservato in qualsiasi scuola si inscriva, se mai qualche altra scuola lo accetterà dopo questo casino – mise in chiaro con un certo orgoglio – pensi che lo abbia fatto solo per un bacio? Mio caro, dovresti darmi il culo
Ci fu un momento di puro silenzio e dopo scoppiammo entrambi in una fragorosa risata, io portai le mani al viso, stavo visibilmente arrossendo mentre nulla sembrava poter turbare il volto cereo e armonioso di Keno.
- Penso che prima potresti offrimi una cena – commentai.
- Diavolo se fai il prezioso – poi mi passò il suo vassoio – intanto possiamo dividere il pranzo, almeno non rischi di svenire da qualche parte. Poi chissà, se mi prometti di non svignartela di nuovo, possiamo uscire ancora insieme
Per un momento mi si annodò lo stomaco, ero davvero parecchio strano, mi chiesi se un ragazzo come Keno potesse sopportare il peso di una persona come me.
Perché? Perché vuoi incasinare la vita di qualcun altro? Perché se qualcuno è gentile non vedi l'ora di trascinarlo nel tuo mando di merda?
- Ehi – la voce di Keno mi riportò al presente e mi riscossi – guarda che quando vorrai potrai dirmelo davvero che ti passa per la testa. Vedrò di non trascinarti in spiaggia se è quello il problema.
Io tentai di sorridere ma sapevo già di essere impallidito, forse quello stava diventando solo parte del problema. Mi chiesi come sarebbe stato se avessi davvero accettato le avance di Keno, che sarebbe successo? Avrei avuto un fidanzato? Un frequentante? Sarebbe stato davvero tutto mio? Pensare ad Alencar fu inevitabile, perché lui in fin dei conti gestiva più di me la mia stessa vita, come avrebbe preso l'entrata in scena di Keno? Non era stato affatto contento di quella serata, persino quando avevo detto del bacio il suo sguardo era diventato più cupo.
Vorrei solo essere libero, lo vorrei tanto disperatamente.
- Un giorno te lo spiegherò che succede – dissi alla fine – la mia vita è un po' un casino
- Beh, su questo non stento a crederci – replicò ma non sembrava divertito, anzi, era molto serio e comprensivo – ultimamente anche io non me la passo alla grande
- Guarda che puoi dirmi anche tu cosa succede, non lo dico per dire – mormorai – mi interessa
Keno ad un tratto parve diventare una persona totalmente diversa, non c'era malizia nel suo viso, non c'era quella solita luce spigliata nel suo sguardo, era come una lastra di granito.
- E' tutta colpa del tuo amico Levin – ringhiò a denti stretti – Aiden si è presa questa ossessione per lui, non faceva che andargli dietro. Cazzo, ha il radar per la gente sbagliata! Ma chi sono io per giudicare? Solo la persona che lo conosce meglio al mondo! – la sua faccia era una maschera che racchiudeva mille emozioni – si è fatto trascinare nei casini di Levin e ovviamente sono io il cattivo! L'egoista che non vuole che lui sia felice
- Avete litigato per questo? – chiesi cauto – lui e Levin ...
- Sono stati coinvolti in una rissa, ho suggerito a quel coglione di lasciare fuori il mio migliore amico dalla sua merda e quello lo ha mollato. Cazzo, era la cosa più sensata da fare! Ma sai com'è andata invece? Aiden mi ha voltato le spalle per la sua storiella da quattro soldi
Capivo cosa provasse Keno, sentivo il legame che aveva instaurato con Aiden e quanto questo gli mancasse – magari chiarirete
- Vaffanculo – ringhiò, più a se stesso che a me – oggi è il suo compleanno, diciotto anni. Abbiamo festeggiato insieme ogni compleanno della nostra vita e io non sono nemmeno riuscito a chiamarlo questa volta. Ci penso da stamattina
- Ehi – mormorai, sfiorandogli la mano con le dite – andrà tutto bene, non si chiude mai così con le persone importanti
Lui non scostò la mano, lasciò che le nostre dita si sfiorassero – mi chiedo se lui mi consideri davvero importante. Quando vedo come si spende per tutti quegli idioti che frequenta, sembra sempre alla ricerca di un legame più vero del nostro. – sospirò – lui non è come me, io non gli basto. Vuole il vissero felici e contenti, quel grande amore che ti racchiude e ti completa, ma la vuoi sapere una cosa Callum? – fece una breve pausa – l'amore non esiste
Tacqui, temevo di dare voce ai pensieri che erano nati dentro di me in quel momento, ma non ero proprio d'accordo con Keno. Per me l'amore esisteva, ma non era altro che l'ennesimo modo che la gente aveva per farsi del male. Nei racconti era sempre descritto come qualcosa di meraviglioso e idilliaco, un'energia che salva persino la bella addormentata dal suo coma eterno. Io non ci vedevo nulla di salvifico invece, lo vedevo più come una morsa che afferrava e trascinava le persone in ginocchio, che li lasciava inerti e dipendenti.
Un altro modo per farsi del male.
Come se la vita non fosse già abbastanza dura, gettiamo sulle nostre spalle il peso dell'amore e incateniamo alla nostra esistenza quella di altre persone, altrettanto distrutte. Mi chiesi in che modo l'amore potesse salvarci, pensai alla triste realtà che mi perseguitava ogni giorno e la prigione in cui io, Alencar e Celia ci eravamo rinchiusi. Qualcuno avrebbe persino potuto chiamare quel tormento Amore.

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