38. Deal

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Impossibilium nulla obligatio est
(Nessuno è obbligato a fare l'impossibile, Celso)


ALENCAR

- Alencar ... -
- Continua a camminare
Io e Miles avevamo appena finito di consegnare le dosi agli spacciatori per la vendita, avevamo lasciato l'ultimo parco e sapevamo di essere seguiti.
- Di chi si tratta? – chiese il mio amico – ci viene dietro da un po'
- E' una faccenda di cui dovremo occuparci – risposi prima di entrare in un pub poco affollato.
Mi sedetti nel tavolo vicino la finestra insieme a Miles e ordinai tre birre, non fu una lunga attesa, vidi il ragazzino varcare l'ingresso qualche minuto dopo e, quando la cameriera posò le nostre ordinazioni, lui prese posto davanti a me.
Kai Eickam, che genere di uomo sei?
- Da quanto hai capito che ti seguivo? – chiese con tono irritato.
- Mi aspettavo un tuo pedinamento dal giorno in cui ho ucciso il tuo amico. Direi che sei in ritardo – risposi tranquillamente.
Accanto a me, Miles si irrigidì, quelle parole dovevano averlo sconvolto mentre Kai aveva un'espressione sempre più cupa in volto, quasi non sembrava lo stesso ragazzino che avevo incontrato settimane prima. Questo non poteva essere che un bene.
- Non lo neghi quindi – riprese a denti stretti – hai ucciso il mio migliore amico, lo hai lasciato a terra ... a dissanguarsi
- O lui o tuo fratello ... - gli ricordai – Kurt aveva chiesto Levin ma io sono riuscito a dissuaderlo, ho fatto male?
Kai prese con rabbia il boccale di birra, bevendo due lunghe sorsate – dovrei ringraziarti, quindi?
- Dovresti solo essere tanto furbo da capire che non sono io il nemico – risposi calmo – ma forse questo lo hai capito
Lo sguardo di Kai era intenso, era quello di un ragazzo che aveva finalmente compreso quanto il mondo fosse brutale. Aveva vissuto una vita dignitosa fino a quel momento, era stato uno dei fortunati che, nonostante la merda in cui sguazzava, l'aveva sempre scampata alla fine. Niente di irrimediabile, niente casini troppo grossi da non poterseli lasciare alle spalle.
Niente morte, fino ad ora.
- Se il tuo boss pensa di potermi piegare ... - continuò con voce carica di disprezzo – allora non ha ancora capito con chi ha deciso di mettersi contro.
- E perché vieni a dirlo proprio a me? -domandai – dovrei riferirgli le tue minacce?
- Perché ora capisco finalmente che genere di sguardo è quello nei tuoi occhi – rispose sostenendo il contatto visivo – riesco a vedere quanto siamo simili, hai perso qualcuno anche tu
- Io perdo qualcosa ogni giorno – precisai.
- Allora facciamolo! – esclamò – abbiamo entrambi bisogno di una via di uscita. Non ci sarà pace fino a quando quel bastardo sarà vivo.
A quel punto Miles non riuscì più restare in silenzio – ma cosa cazzo state dicendo? Alencar, vuoi spiegarmi che succede? Non starete parlando di Kurt, vero? Non puoi nemmeno pensare a una cosa del genere, non dopo quello che è successo a Jonas.
- E' proprio per quello che è successo a Jonas, Miles – dissi dedicandogli una breve occhiata – te l'ho detto che non lascerò correre ...
- E credi che questo moccioso sia l'alleato che ti serve? – insistette.
- Questo moccioso lo farà con voi o senza di voi – aggiunse Kai, perentorio.
- Tu e quale esercito? – chiese Miles con tono ancora più astioso – Kurt possiede la città, ha occhi e orecchie ovunque, centinaia di uomini e guardie che lavorano per lui come tante api operaie instancabili. È la cazzo di regina madre assoluta del crimine organizzato di Brooklyn, me lo spieghi come intendi colpirlo? Moccioso presuntuoso!
Io sorrisi – questa è una buona domanda. Se vuoi il mio aiuto non sarà per una missione kamikaze, ho ancora qualche motivo per non voler morire
Kai tacque, sembrava meditabondo e leggermene in difficoltà – i ragazzi della mia banda sono con me, vogliamo vendicare Gray
- Ammirevole – dissi con tono sarcastico – e avete qualcosa in più dalla vostra parte oltre essere quattro ragazzini affamati di vendetta da cortile?
- Che cazzo vuoi dire? – sbottò.
- Questa non è una faida fra spacciatori, Kai – chiarii – non si tratta di una scaramuccia fra tossici, non è niente di quello a cui sei stato abituato fin ora. Fra il meditare vendetta e farla davvero c'è uno spazio parecchio grande e buio, ma sei mediti di fare vendetta a Kurt ... la realizzazione di questa impresa ti farà annegare nell'abisso.
- Tu parli di una guerra – continuò Miles al mio posto, anche lui fin troppo consapevole – una guerra contro un impero, verrà versato sangue, parecchio sangue. Verrà chiesto a te di uccidere, nessuno risolverà questo casino all'infuori delle persone sedute a questo tavolo
- Devi essere dannatamente motivato Kai – chiarii – lo sei?
Lui mi fissò negli occhi, adesso vedevo del timore e ne fui grato, non era tanto sciocco da restare spavaldo anche di fronte alla realtà – Sì, lo sono.
- Per cosa combatti? – chiesi.
- Per vendetta e per June. Per una cazzo di vita libera dalla sua minaccia. Ti sembra poco? – rispose senza esitare.
- Bene, allora parla chiaramente ai tuoi amici e sbarazzati di coloro che non possono farcela. Se saremo in pochi, è bene avere una motivazione dannatamene forte e a fuoco.
- Lo farò ...- convenne.
- Ricordati che se anche uno solo dei tuoi amici si piscia addosso e fa la spia, in qualsiasi momento, verranno ad ucciderci nel sonno
- E voi? – chiese ad un tratto indagatore – c'è qualcun altro disposto a rischiare tanto?
Io restai in silenzio per qualche secondo, avendo ben in mente cosa avrei dovuto fare di lì a poco – uno solo, sarà sufficiente.
- Un solo uomo? – replicò dubbioso.
- Un solo uomo può fare la differenza
- Su questo concordo in pieno – poi si sollevò e mi porse la mano – allora siamo intesi? Abbiamo un accordo?
Io la strinsi – lo abbiamo, portami il tuo esercito allora
Lui mi dedicò un sorriso impavido, sembrava aver recuperato dell'ottimismo, poi girò i tacchi e lasciò il pub. Sentivo lo sguardo di Miles tornare a concentrarsi su di me e mi voltai per dedicargli la mia piena attenzione.
- Spero che tu abbia scelto un buon alleato – mi disse ancora scettico.
- E' l'unico abbastanza pazzo da volerlo fare sul serio, temo non avremo alleati migliori – risposi e lui sorrise.
- E ora che si fa? Di che genere di asso nella manica parlavi? – continuò curioso.
- Tu torna a casa, io penserò a lui ...
- Lui? – ripetè – non ...
- Tian
- Alencar – mi prese un braccio e lo strinse leggermente – che diavolo hai in testa? Ci ha già traditi, ha tradito Jonas ...
- Non metterei a rischio questo piano, fidati di me
- Come sempre

Ci separammo alla fine e io presi l'auto per dirigermi verso quella vecchia casa che non visitavo da mesi. Era lì che abitava Tian, nella vecchia casa della nonna in periferia, accostai l'auto vicino al vialetto e il mio passo non esitò mentre percorreva il piccolo giardino prima della porta d'ingresso.
Provavo rabbia? Sì, forse più di quanto fosse umanamente concepibile o sopportabile. Allo stesso modo in cui la terra si muoveva tanto velocemente da sembrare immobile ai suoi abitanti, la mia rabbia si agitava dentro di me tanto forte da farmi sembrare assolutamente calmo. Ero andato oltre le urla, le lacrime, i pugni e il disprezzo, ero andato oltre qualsiasi sensazione fisica o mentale. Ero il prodotto di anni di sopportazione, miseria, fallimento e obbedienza, ero stato debole una volta di troppo e ora era arrivato il momento di liberarmi.
Bussai alla porta senza esitare, non fu una lunga attesa, sentii la serratura scattare e la figura di un ragazzo giovane fare capolino fra l'anta e lo stipite. Aveva i capelli scuri e mossi poco sotto il mento, degli occhi grandi e azzurri leggermente infossati, il suo colorito sembrava aver visto tempi migliori.
- Sto cercando Tian – dissi in attesa di capire chi fosse.
- Sei Alencar, vero? – chiese sussurrando.
-Sì
A quel punto si spostò e mi fece entrare, io mi diressi verso il soggiorno ma era evidente che in casa non ci fosse nessun altro.
- Sei qui per fargli del male? – chiese nuovamente e io mi voltai a guardarlo.
La sua espressione era totalmente neutra, non c'era modo di capire cosa stesse pensando.
- Mi ha raccontato cosa ha dovuto fare per liberarmi – continuò – mi ha detto di avervi traditi e che probabilmente avrebbe pagato per questo ... che tu avevi ogni ragione per pretendere la sua testa
- E dove si trova adesso? – domandai guardandomi intorno.
- A fare la spesa – rispose ancora una volta poi mi inchiodò con quegli occhi tremendamente profondi – io non ho la forza di battermi con te e vincere. Se esistesse anche una minima speranza di prevalere su di te e ucciderti per salvarlo, lo farei, ti salterei alla gola in questo istante. Ma non c'è – sospirò – non posso proteggerlo allo stesso modo in cui lui proteggerebbe me. Ma voglio chiederti di risparmiarlo e prendere me al suo posto
- Prendere te?
- Uccidimi, per quello che Tian ha fatto al vostro amico, uccidimi
Sarebbe fin troppo semplice, pensai, semplice e inutile. Quello che ero venuto a chiedere a Tian era qualcosa di molto più pericoloso, qualcosa che lo avrebbe costretto ad espiare davvero o a morire provandoci.
Mi accomodai sul divano e lo fissai dritto negli occhi.
- Lo aspetteremo qui, siediti

Solo una manciata di minuti e sentimmo la porta di ingresso cigolare e poi chiudersi, passi lenti nel piccolo ingresso e la figura di Tian che appariva nel soggiorno, il solo incrociare il mio sguardo lo fece sbiancare.
- Alencar ... - sibilò – cosa ...
- Noi due dobbiamo parlare Tian, dobbiamo affrontare una discussione molto importante – misi in chiaro.
Lu annuì, si diresse verso l'altro ragazzo e gli lasciò le buste della spesa – vai a sistemare la roba in cucina
- Preparo il tè
E ci ritrovammo soli, io e Tian ancora una volta, come non succedeva da quel giorno, da quando mi aveva poggiato una mano sul braccio e mi aveva detto di stare a guardare il mio migliore amico morire.
- Così è per quello lì che ci hai venduti – iniziai – tre vite in cambio di una, diavolo, fai schifo in matematica
Lui tese leggermente un angolo della bocca – quella volta non si è trattato di numeri, avrei voluto poterti spiegare questo. Ovviamente non è una giustificazione per quello che ho fatto a tutti voi
- Hai la possibilità di parlare adesso
- Sei diverso Alencar -disse continuando a scrutarmi negli occhi- cosa ti è successo?
- Ti consiglio di cominciare a parlare o smetterò di avere pietà. Il motivo per cui non mi alzo e taglio la gola al moccioso in cucina, dipende esclusivamente da quello che mi dirai Tian e da come lo dirai - risposi secco – perché sono abbastanza stanco dei convenevoli adesso
Lui abbassò lo sguardo e cominciò a parlare – Arek era uno schiavo di Kurt, uno dei tanti presi da casa e trascinati qui per lavorare per lui. Venduto come merce ad un'età indecente, l'ho conosciuto diversi anni fa e ... - inspirò – me ne sono innamorato, so di parlare con un uomo che non è tanto superbo da non credere che l'amore sia una debolezza. So che puoi capire fin dove l'amore può spingere le persone
- E' questa la tua scusa? L'amore me lo ha fatto fare?
- No, l'amore mi ha spinto a fare ben altro. – gli sfuggì un sospiro – sono stato così folle da andare da Kurt per cercare di liberarlo, gli ho mostrato la parte più disperata di me e lui l'ha utilizzata per tenermi al guinzaglio. – si prese il viso fra le mani – per tenerlo al sicuro sono diventato la sua spia, pagavo ogni mese cifre esorbitanti per tenerlo al sicuro, per non farlo lavorare nei locali. Kurt lo teneva rinchiuso in un cazzo di tugurio e io dovevo ringraziarlo persino – tornò a guardarmi – non è stato l'amore a spingermi ad accettare la proposta di Kurt, è stata la stanchezza. Non ce la facevo più a vederlo vivere in quel modo, si stava ammalando e Kurt sospettava già che qualcosa stesse accadendo sotto il suo naso e voleva il mio aiuto, ha iniziato a farmi pressioni e poi ha buttato quell'accordo sotto il mio naso.
- Consegnargli i traditori e portarti a casa il tuo premio – dissi e lui annuì.
- Era convinto ci fossi di mezzo anche tu ma sono riuscito a salvarti, non avrei mai voluto tradirvi ma quel coglione di Jonas si è fatto notare e non avrei mai rischiato Arek per uno così – disse a denti stretti – se fossero scappati davvero, Kurt lo avrebbe ucciso per farmela pagare, avrebbe ucciso tutti noi ...
- E ora sei soddisfatto?
- Lo sai che non lo sono – disse rabbioso – guardami, pensi che questa sia la vita che avevo progettato? E la tua? Vogliamo parlare di come ci sei finito tu in questa merda? È stato capace di sfruttare le debolezze di due ragazzini e incatenarci per il resto delle nostre vite.
Era vero, quando ero entrato nel giro avevo perso mia madre, mi sembrava di annegare e cercavo solo un modo per raggiungerla in fretta. Prima spendendo tutto ciò che potevo in eroina, poi indebitandomi tanto da dover lavorare come spacciatore. Ma ero sopravvissuto, mi ero ripulito, peccato che nessuno esce dal giro una volta dentro.
- E come farai ad andartene? Il tuo famoso contatto canadese verrà all'appuntamento stavolta?
Quella frase lo fece ammutolire per qualche secondo, mi fissava leggermente spaventato, come se temesse che lo ricambiassi con la sua stessa moneta e facessi ammazzare anche lui.
- Cosa ti dice che sto progettando una fuga? – chiese nervoso.
- Il grande capo non ha più il suo vantaggio, no? Ti ha dato quello che volevi, quindi ormai niente ti tiene qui - risposi.
- Puoi venire con noi – propose – ti lasceresti lui e questa città alle spalle, spariresti sul serio
- Io ho ancora un conto in sospeso con questa città – replicai e lo incatenai al mio sguardo – e nessuno qui se ne andrà finchè non sarà finita
- Che cosa?
- La guerra a Kurt
Silenzio.
Adesso c'era paura nel suo sguardo, un'emozione che non avevo mai visto tanto chiaramente in lui, sapeva cosa stavo per chiedergli.
- Non puoi pensare di farlo davvero e sopravvivere – mormorò.
- Non ho intenzione di farlo da solo e con il tuo aiuto le possibilità aumentano da zero a una, non è per niente male – commentai.
- Una su un milione di cose che possono andare a puttane, non mi sembra una gran percentuale – sbottò.
- Non si tratta di numeri questa volta – lo citai e lui tacque ancora.
- Ho altra scelta?
- C'è sempre una scelta, ma questa mi impedirà di ammazzare te e il tuo fidanzatino – precisai – o sei con me o contro di me, questa volta Tian dovrai schiararti davvero. Io non sono Jonas, non mi lascerò seppellire
- E hai pensato a Callum? – mi chiese – faresti rischiare questo anche a lui? Lo sai che con Kurt ci vanno di mezzo tutti quanti.
- Lo proteggerò e, quando tutta questa merda sarà finita, verrà via con me – risposi con un tono che non ammetteva repliche.
Un leggero rumore ci annunciò che Arek stava rientrando nel salotto e portava un vassoio con due tazze di tè fumanti, lo poggiò davanti a noi. Raccogliemmo le tazze e ci fissammo di nuovo negli occhi.
- Siamo intensi Tian? Farai questa cosa per me? Mi serve tutto quello di cui sei venuto a conoscenza in questi anni, tutte le informazioni, tutti i contatti, qualsiasi cosa. Mi sta bene minacciarti ma mi piacerebbe che accettassi di tua iniziativa
Lui lanciò una breve occhiata al ragazzo che gli si era seduto vicino e poi annuì, la vendetta era un comune denominatore della razza umana dopotutto.
Fece tintinnare la tazza contro la mia – spero che il tuo piano funzioni
- Cosa succede? – chiese Arek fissando entrambi.
- Ci vendicheremo di Kurt – rispose Tian – faremo in modo che paghi per tutto quello che ha fatto a tutti noi, tireremo giù il suo culo dal trono
Il ragazzo sorrise – vi aiuterò anche io come posso – poi spostò lo sguardo verso di me e posò una mano sulla tazza che reggevo – allora non berlo questo, te ne porto un altro
Ci fissammo per un attimo perplessi, Tian parve in imbarazzo.
- Arek ... cosa hai fatto? – chiese nervoso.
- Pensavo che fosse qui per farti del male – rispose scuotendo le spalle e prendendo la tazza dalla mia mano – vado a prendere dell'altro tè
- Non serve – replicai sollevandomi – avrai altre notizie presto.
Così lasciai quella casa e mi ritrovai ad essere insolitamente di buon umore.
Viva la rivoluzione.

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