47. Fuel to fire

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47. FUEL TO FIRE


Errare humanum est, perseverare autem diabolicum, Sant'Agostino
"Errare è umano, perseverare è diabolico"

AIDEN


Cercavo di stare al passo con la conversazione, sorridevo quando sentivo che c'era bisogno di farlo, di tanto in tanto prendevo la parola nel tentativo estremo di apparire quanto più simile potevo alla persona che Shannon e James conoscevano da sempre. Si parlava di me, della scuola che mi supportava in pieno e dell'anno che avrei passato nonostante stessi perdendo interi mesi di lezioni. Ero il ragazzo miracolosamente sopravvissuto ad un incidente terribile, il paralitico che aveva problemi perfino a scrivere il proprio nome su un foglio ... che cosa ci si poteva aspettare da me? Respirare era più che sufficiente per garantirmi l'ammissione al prossimo anno di scuola.
Quel pensiero mi mozzò il respiro ancora una volta, ispirare pietà nel prossimo era la cosa che mi riusciva meglio. Lasciai cadere lo sguardo sugli appunti e le registrazioni che Shannon e James mi avevano portato.
"Per quando sarai pronto a tornare", avevano detto. Non potevano immaginare che non avevo alcuna intenzione di aggirarmi per i corridoi della scuola su una dannata sedia a rotelle, a farmi trascinare tra un'aula e l'altra da uno di loro due. No, nessun'altro avrebbe dovuto vedermi in quelle condizioni, preferivo stare male da solo, lontano dal biasimo della gente.
- I tuoi professori sono stati gentili. Dopo tutto quello che ci è capitato so che perdere un anno non sarebbe stata una tragedia, ma è comunque meglio se rimani con i tuoi amici, no?
Non risposi, mi limitai a spingere verso di me la tazza fumante che mia madre mi aveva passato. Di quali amici parlava esattamente, mi chiesi? Di quelli che mi avevano mentito spudoratamente? O forse si riferiva a chi mi reputava un essere patetico e senza spina dorsale.
- Che cosa ne sarà di noi? – dissi invece. Il mio tono era talmente freddo e distaccato che mia madre si bloccò sul posto, sorpresa da quella domanda così improvvisa e lapidaria.
- Cosa vuoi dire, tesoro?
- Voglio dire che dovremmo andarcene da qui. Era già nei piani da prima dell'incidente, no? Brooklyn è troppo cara e non possiamo approfittare dell'ospitalità di Andrew per tutta la vita.
Mia madre era più confusa che mai quando venne a sedere accanto a me, i suoi occhi scandagliavano i miei in cerca di qualcosa.
- Credevo che non volessi partire. Abbiamo anche litigato a causa del trasferimento ... e in fin dei conti avevi ragione. La tua vita è qui, i tuoi amici, la scuola. Non navighiamo nell'oro, ma presto otterremo il risarcimento per i danni che hai subito e con quel denaro potrai avere un futuro in questa città, nel frattempo possiamo stringere la cinghia ancora un po'.
- Non importa. Dovresti iniziare a guardarti intorno, non vale la pena rimanere qui. Ho cambiato idea – dissi senza alcun tentennamento.
Il silenzio calò tra noi due in fretta, il viso di mia madre era corrucciato e meditabondo mentre soppesava le mie parole.
- Che cosa c'è di male nell'iniziare da un'altra parte? Che cosa ci ha dato Brooklyn?
Non riuscivo a trovare una sola motivazione sensata per rimanere ancora lì. Sarebbe stato più sopportabile essere storpio in un altro luogo, davanti a dei perfetti estranei che non avevano mai avuto la possibilità di conoscere e poi compatire il povero Aiden che sin da bambino amava arrampicarsi, correre e sfrecciare sul suo skate, mentre adesso, alla terribile soglia dei diciannove anni, era costretto su una sedia a rotelle.
- Ci penseremo, ok? Nel frattempo ti metterai in forze e seguirai le tue sedute. Dopo si vedrà, faremo quello che preferirai, anche se non riesco a capire perché vuoi allontanarti da qui. Guarda cos'hanno fatto per te i tuoi amici, ci hanno aiutati e supportati in ogni modo ... sono stati un'ancora di salvezza.
Quelle parole bastarono per farmi venire voglia di tornare in stanza, lontano da mia madre e dalla sua visione distorta della realtà. Non aveva senso ribattere o prendermela con lei, sapevo come dovevano apparire Keno ed Andrew visti da fuori, era semplice credere che stessero agendo spinti soltanto dal loro affetto per me. Ma c'erano soprattutto i sensi di colpa a reggerli.
- Oh, si è fatto tardissimo! Devo correre in ospedale, tesoro. Hai bisogno di qualcosa al volo?
Scossi la testa, poi mia madre venne a darmi un bacio di commiato prima di sparire in tutta fretta. Ero rimasto solo e non capitava molto spesso ormai, tutti si sentivano in dovere di girarmi intorno per il timore che avessi bisogno di qualcosa che da solo non potevo avere. Per fortuna in quel momento avevo voglia soltanto di un po' di musica ed il computer era vicino.
I miei pensieri andarono in automatico a Levin, alla notte dell'incidente, quando mi aveva trovato in pessime condizioni e non aveva tentennato ad aiutarmi. Lo avevo messo in pericolo ed usato più di una volta, compresi che forse anch'io in fin dei conti non ero tanto meglio di Andrew e Keno. Quella realizzazione mi provocò un nuovo moto di angoscia. Fino a poco tempo prima avrei potuto nascondere la mia pessima indole dietro una facciata all'apparenza perfetta, adesso andavo a pezzi sia dentro che fuori. Non mi stupiva che Andrew non fosse mai stato capace di innamorarsi di me ... ero sempre stato infantile, geloso ed opportunista. Il tradimento aveva solo confermato ciò che ero davvero, un essere spregevole che amava giudicare gli altri e ignorare le proprie mancanze.
Rinchiuso nei miei pensieri non feci caso al passare del tempo, capii di essermi addormentato soltanto quando aprii gli occhi sulla stanza che adesso era quasi del tutto immersa nel buio. Mi mossi confusamente sul divano e tirai giù il plaid con cui qualcuno degli altri mi aveva coperto, mi ci volle più di qualche secondo per riprendermi dall'intontimento e notare la sagoma di Keno sulla poltrona.
Vederlo lì non mi sorprese più di tanto, aveva deciso di continuare a passare nonostante non avessi nulla da dirgli e a quanto pare intendeva mantenere la sua promessa. I suoi occhi erano fissi nei miei, tanto che iniziai a chiedermi per quanto tempo fosse rimasto lì a scrutarmi. E soprattutto perché si ostinava fino a quel punto? Il Keno che conoscevo io era sempre stato troppo orgoglioso per farsi trattare in quel modo. Forse era il suo modo di chiedermi scusa, forse, invece, stava cercando di farmi capire che il mio volere non gli importava, che avrebbe comunque fatto ciò che voleva.
Mi allungai per prendere la bottiglietta d'acqua dalla quale bevvi un po', i muscoli mi facevano male, ma le mie braccia stavano reagendo molto meglio delle gambe in quella fase di sedute. Non avevo alcuna intenzione di parlare con Keno, così afferrai cuffie e computer e me lo misi in grembo.
- Per quanto ancora hai intenzione di andare avanti così?
La voce di Keno giunse bassa, non riuscii a percepire la sua solita rabbia malcelata, c'era soltanto una nota di stanchezza e quella stranezza mi colse di sorpresa tanto da farmi parlare
- Fino a quando non capirai che dicevo sul serio e che stavolta non mi passerà – dissi a denti stretti.
Stavo per mettere le cuffie quando Keno me le strappò di mano, mi voltai verso di lui per ritrovarmelo davanti, ancora perfettamente in sé, ma con un'espressione spaventosa impressa sul volto.
- Stai mandando tutto a puttane per una lite? Ci conosciamo da quando avevamo sei anni, Aiden! Sei fottuti anni!
Scattai sui gomiti – E mi hai spiegato chiaramente come mi vedi, dimmi perché dovremmo continuare ad essere amici se non provi un briciolo di rispetto per me!
- Ma cosa cazzo stai dicendo? Volevo soltanto proteggerti! Eri finito in un pestaggio e hai ragione, vorrei avere il controllo su tutto e tutti, lo ammetto! Non mi stavi a sentire e ho perso la testa, ma non succederà di nuovo e credimi, se ho esagerato è soltanto perché non ne potevo più di vedere il modo in cui Andrew ti trattava. Adesso ricordi, adesso sai!
Mandai giù quel boccone amaro, ma la rabbia rimase lì. Avevo riflettuto parecchio durante quel periodo e anche gli ultimi tasselli stavano tornando finalmente al loro posto. C'era soltanto una questione da chiarire adesso.
- E non c'è altro che devi dirmi? Nessun altro motivo per cui dovrei avercela con te? – la mia voce tremò, mi resi conto che stavo percorrendo una strada pericolosa. Ormai era tardi per tornare indietro però, volevo tutta la verità prima di farla finita in modo definitivo.
Keno era confuso e agitato, la sua intelligenza gli impediva di sottovalutare la mia, lo vidi aprire la bocca un paio di volte, era chiaro che sapeva quello di cui stavo parlando.
- Sei stato tu a dirlo ad Andrew, vero? Gli hai raccontato di Levin e me mentre ero in coma ... nell'unico momento in cui non potevo difendermi in nessun modo. Sai, all'inizio pensavo che se ne fosse accorto da solo, sono anche arrivato a immaginare che fosse stato Levin a cedere, ma continuo a sottovalutare quel ragazzo, continuo a reputarlo subdolo e debole come noi ... invece non è mai stato niente del genere. Così alla fine anche un idiota come me ci è arrivato.
- A-Aiden
Scossi la testa, avevo freddo nonostante facesse caldissimo in quella stanza.
- Perché mi hai fatto una cosa del genere? So che per te l'amicizia non è mai contata abbastanza, ma credevo che tra noi due fosse diverso. Invece hai deliberatamente fatto qualcosa che sapevi mi avrebbe ferito ... mi hai posto in una situazione terribile e hai costretto Andrew a sopportare un dolore che non meritava in quel momento.
- No, non l'ho fatto per ferire te! Non ho mai voluto ferire te, Aiden. Ero disperato e lui continuava a girarti intorno come se gli importasse! Quando sappiamo entrambi che non ti ha mai trattato come meritavi! Era lì soltanto perché si sentiva in colpa per te! E' un ipocrita e volevo soltanto che sapesse che non ti doveva niente, che finalmente eravate pari e che non aveva senso continuare quella sceneggiata del cazzo!
- Che diritto avevi di farlo, Keno? Chi cazzo ti aveva dato il diritto di intrometterti in questo modo? – mi portai le mani al volto – eri il mio migliore amico e non hai pensato neanche un attimo a preservare me?
- Era esattamente quello che stavo facendo, Cristo! Apri gli occhi!
- L'ho fatto e tu rimani un ipocrita di merda
Keno era sbiancato – Andrew continuava ad entrare ed uscire dalla tua vita come meglio credeva. Questo teatrino patetico andava avanti da anni ed ero stanco di vederti stare male per uno come lui. Non ti meritava e tu non eri capace di far fronte alla cosa, eri completamente succube, forse non te ne sei mai reso conto, eri come accecato, gli bastava tirare fuori qualche scusa per farti tornare nelle sue braccia ... io volevo soltanto aprirti gli occhi, Aiden.
- Quindi lo avresti fatto per me? – mi lasciai andare ad una risata nervosa – stai cercando di farmi credere che lo hai fatto per preservarmi e non per dare sfogo alla tua indole del cazzo, Keno? Tu volevi solo ferirlo! Volevi che mi abbandonasse, è così? Volevi dimostrare di aver ragione su tutto come sempre ... ma ti sbagliavi. Andrew è rimasto.
Il silenzio calò su di noi per un attimo, stavo cercando di riprendere fiato. Keno era immobile, raggelato sul posto, i suoi occhi chiari non mi erano mai sembrati così cupi come in quel momento. Mi sollevai a fatica dal divano, la sedia a rotelle era dall'altra parte della stanza.
- Aspetta, ti porto io
- No. – dissi in fretta, ignorando la mano di Keno sulla mia spalla.
- Volevi che non avessi più bisogno di nessuno? Bene ... non ho bisogno di nessuno. Me la caverò da solo, se c'è una cosa sulla quale avevi ragione è che dovevo reagire e lo sto facendo. Non devi più preoccuparti di niente.
Strisciavo come un verme, ma non mi importava, avrei fatto di tutto pur di impedire a Keno di credermi un debole. Mi aggrappai alla sedia con enorme fatica, spingendo con tutta la forza che avevo sui muscoli delle braccia. Quella era la mia vita e dovevo farmene una ragione, non avrei vissuto da parassita, piuttosto sarei morto.
- Tua madre mi ha detto che stasera devi uscire con una tua amica. Devo portarti io.
Mi morsi le labbra – Mi farò portare da mia madre quando avrà una sera libera, quindi grazie per l'offerta ma non serve.
- Perché devi comportarti in questo modo?
- Perché non accetti che la tua presenza qui è superflua?
Keno tremò di rabbia – Perché non è così.
- Invece lo è – cercavo di mantenere la calma, la confusione per il comportamento di Keno si scontrava con la mia voglia di ferirlo – sei duro di orecchi, per caso? Tempo fa ti sarebbe bastato sentire una frase sbagliata per scattare e mandarmi al diavolo. Dovevo controllarmi sempre con te, dovevo filtrare qualsiasi giudizio per paura che la prendessi male e te ne andassi. E adesso che ti prende? Temi ancora che ti possa spirare davanti? Non creperò, Keno. Fattene una ragione, puoi tornare a trattarmi di merda.
- Non voglio farlo.
Non riuscivo a capirlo, quel Keno che avevo davanti aveva qualcosa di sbagliato. Il modo in cui se ne stava lì ad incassare, quello sguardo cupo, quasi disperato. Cosa poteva fargli tanto male? Doveva essere successo qualcosa di grosso e che sfuggiva alla mia comprensione. Non gli avrei chiesto un bel niente però, il nostro rapporto era stato distrutto a causa sua e adesso ne avrebbe pagato le conseguenze.
Accesi la tv e finsi interesse per il programma che stavano dando in onda. Se voleva rimanere lì non avrebbe avuto nient'altro che silenzio e indifferenza da me.

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