5. Vanishing Point

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Nella foto: Levin Eickam

Neque imbellem feroces progenerant aquilae columbam - Orazio

"Le focose aquile non generano mai una pacifica colomba"


AIDEN

Lavoravo al Back Room quando vidi Andrew per la prima volta. Solo quando ero sul punto di perdere la pazienza a causa del suo caratteraccio scoprii che lui e i suoi amici facevano parte della clientela fissa del locale e, proprio per questa ragione, veniva riservato loro un trattamento speciale. Da parecchio tempo il Back Room veniva considerato uno dei locali notturni più in voga di Brooklyn, l'arredamento tipico degli anni 30 insieme agli ottimi drink che servivano gli avevano conferito una fama di gran lunga superiore all'effettiva qualità del servizio.
Erano trascorsi soltanto due anni da quell'incontro che aveva cambiato ogni cosa, era quello che pensavo mentre mi facevo largo tra la folla allegra e vociante che mi circondava. La nostra storia non era iniziata sotto i migliori auspicii, già da lì avrei dovuto intuire che le cose non sarebbero mai andate come mi sforzavo di immaginare. Andrew era stato il peggiore cliente che avessi mai conosciuto in tre mesi di lavoro. Era già ubriaco quando aveva fatto la sua entrata al Back Room, ovviamente seguito dal suo gruppetto di amici boriosi e pieni di pretese. Tutto gli era dovuto perché erano ricchi e specialmente perché lavoravano per la Air Force americana, ecco cosa mi era stato detto dagli altri camerieri in turno quella sera. Avevo provato a rigare dritto più che avevo potuto, Andrew dal canto suo mi aveva puntato dal primo istante e non faceva niente per nasconderlo.
Aveva reso la mia terza serata da cameriere un vero inferno in terra, tanto che ricordavo ancora la terribile ordinazione del tavolo dieci, capeggiato da Andrew. Mi ero lasciato prendere per il culo e li avevo assecondati su tutto, continuavo a ripetermi che i soldi mi facevano davvero comodo e che presto quegli idioti sarebbero andati via, ma non c'era stato verso. Dopo aver riportato per la quarta volta il drink di Andrew indietro era successo il caos totale. Mi ero ritrovato a litigare con lui, nella derisione totale del tavolo che era scoppiato in una grossa risata; alla fine lo avevo preso in disparte e, in un momento di ira cieca, gli aveva versato il suo dannato Long island addosso.
Due ore dopo eravamo finiti a letto insieme.
Adesso le cose andavano diversamente, mi ero trasformato in un essere patetico e bastava la mia presenza in quel locale per farmi sentire meno di un verme. Ero lì a spiare Andrew, a caccia di quella verità che lui non mi avrebbe mai detto.
Camminavo con circospezione, i miei occhi scandagliavano la folla di gente accalcata all'interno del locale, ma non mi fu troppo complicato trovare chi cercavo. Bastava seguire le risate più alte e sguaiate per trovare Andrew ed il suo gruppo di amici. Tutti piloti per lo più, vivevano in simbiosi dentro e fuori dalle loro dannate missioni ... somigliavano fin troppo ad una famiglia rumorosa e rozza. Ed io li odiavo. Andrew era seduto in mezzo e come sempre teneva banco, ovviamente Alec Keller occupava il posto accanto al suo, proprio sulla sua destra e lo fissava con uno sguardo che lasciava ben poco all'immaginazione. Lo stava spogliando con gli occhi e forse, dopo, lo avrebbe spogliato con le mani. Quel pensiero mi mandò fuori di testa, era proprio come immaginavo. Andrew si stava godendo la sua serata mentre io mi lasciavo corrodere le viscere dalla gelosia. Non volevo andare via, rimasi lì a fissare il mio ragazzo con ostentazione. Quel bastardo mi era mancato e continuava a farlo, quelle sue labbra carnose, gli occhi verdi ed intensi, adoravo baciare quel piccolo neo sulla guancia destra. Aveva smesso di scrivermi e aveva ottenuto quello che si aspettava e che otteneva sempre ... ero di nuovo lì a strisciare, ancora alla disperata ricerca delle sue attenzioni.
E poi era successo. Andrew aveva distolto l'attenzione dai suoi amati compagni per qualche istante, giusto il tempo per notare me, ancora appoggiato con ostinazione al bancone, in attesa che quel bastardo si decidesse a sollevare lo sguardo. Vidi della sorpresa sul suo viso, ci mise un paio di secondi a posare il bicchiere pieno fino all'orlo e sollevarsi da lì, fino ad avanzare verso di me.
- Che cosa ci fai qui? – il suo tono era basso, sentii le sue mani sfiorarmi la camicia, mi stava tenendo fermo
- Anch'io sono felice di vederti
- Ripeto, che ci fai qui? –
Stavo iniziando ad incazzarmi – Non rispondevi ai miei messaggi, Andrew. Cosa avrei dovuto fare? –
Lo vide corrugare la fronte – Ah davvero? Tu non hai risposto alle mie chiamate per una settimana intera, Aiden. Come la mettiamo?
- Ero incazzato
- E io lo sono adesso – ribatté, ma era vicino ... troppo vicino per essere anche lontanamente credibile. Mi stava guardando con attenzione, potevo sentire l'odore dell'alcol misto alla sua colonia leggera. Quei profumi erano inebrianti
- Che cosa pensi di fare? Ti presenti qui quando ti pare e speri anche che ti venga dietro, vero? Troppo spesso dimentichi che io non sono un moccioso che tiene il muso come te.
- Ah davvero? Perché mi pare tu lo stia tenendo adesso – lo provocai, avanzando verso di lui ancora un po', fino a quando non rimasero che pochi centimetri tra le mie labbra e le sue. Avevo voglia di divorarlo – visto che ti reputi tanto superiore perché non vieni via con me? Dimostrami quanto tu sia maturo! Mettiamo un punto a questa stronzata
Andrew rimase immobile, il suo sguardo era annebbiato, continuava a fissarmi le labbra fino a quando non mi attirò a lui e mi baciò. Non riuscivo a respirare e non lo volevo, strinsi le mie braccia intorno al suo corpo e lo spinsi contro di me per sentire meglio il suo petto muscoloso contro il mio, mentre con le mani accarezzavo la sua schiena fasciata soltanto dalla camicia leggera. La sua lingua era bollente, le labbra fresche sapevano di tequila, sale e limone. Andrew mi bloccava il viso con le mani in una presa ferrea, fu soltanto quando un cameriere ci venne quasi addosso che riuscimmo a staccarci. Eravamo eccitati e quel posto non andava più bene
- Andiamocene.
Mi voltai verso di lui e sghignazzai – Senza neanche salutare i tuoi amici? Alec potrebbe mettersi a piangere
- Si fottano i miei amici –
Poi mi trascinò via senza che potessi anche solo ribattere, ma non era mia intenzione farlo. Le sue mani erano bollenti a contatto con la mia pelle, aveva infilato le dita sotto la mia camicia e adesso mi stringeva i fianchi.
- L-la mia auto è nel parcheggio sotterraneo
Non lo lasciai finire, avevo voglia di sentire il suo sapore sulla mia lingua, volevo stupirlo e ricordargli il motivo per cui alla fine aveva scelto me.
- No.
Andrew mi guardò confuso ed eccitato – Come sarebbe a dire no?
Poi seguì il mio sguardo e solo a quel punto vidi la consapevolezza nei suoi occhi. Un lampo di desiderio inspiegabile, fu il primo a lanciarsi contro il vicolo buio sulla nostra destra.
- Piccolo Aiden, ne sai sempre una più del diavolo, eh?
Lo misi a tacere spingendolo contro il muro e tappando le sue labbra con le mie. Adoravo il suo sapore, il modo in cui mi baciava, le sue braccia sode e muscolose che mi stringevano la vita, poi lo strofinare lento della sua cerniera contro la mia, lo sentivo premere e spingere, fino a quando, con un movimento agile, mi sollevò letteralmente da terra, bloccandomi tra il suo corpo ed il muro oltre le mie spalle.
Eravamo incuranti di tutto, dalle risate fin troppo vicine della gente, allo scalpiccio di chi attraversava la strada, non troppo distante dal nostro vicolo, dove il lampione mezzo distrutto ed impolverato lanciava una luce smorta. Tutto quello che contava davvero era il mio corpo e le sensazioni che Andrew risvegliava in me, soltanto toccandomi o baciandomi. Ero aggrappato a lui, le mie mani vagavano lungo le sue spalle muscolose e ad ogni tocco potevo sentire i suoi muscoli flettersi sotto il tessuto leggero della camicia. Aveva infilato la testa sotto il mio maglioncino e mi stava cospargendo la pelle di baci e leccate. Tremavo e rabbrividivo, volevo muovermi e liberarmi di tutto, ma ero bloccato, totalmente alla mercé di Andrew e dei suoi baci. Mi sorreggevo a fatica sulle sue spalle, lo vidi scendere ancora, poi tirò giù i miei jeans con uno strappo secco e in un colpo solo liberò la mia erezione ormai sveglissima dalla costrizione dei boxer.
- Vedi di reggerti Aiden, perché non mi fermerò
- Promettimelo – Biascicai, poi non ebbi più modo di dire altro. La sua bocca si era chiusa intorno a me, potevo sentire la sua lingua caldissima lasciare scie bollenti sulla punta per poi scendere più giù. Poi lo prese completamente in bocca senza tante cerimonie, succhiava avidamente come se la sua vita dipendesse da quello. Con la mano che non si stava appoggiando al muro dietro di me, iniziò a giocare con i miei testicoli sensibili, osando persino passare velocemente il pollice sopra la mia apertura che già stava pulsando, in un gesto apparentemente casuale ma che io sapevo essere studiato per farmi impazzire ancora di più.
"A-Andrew
Stavo vedendo le stelle, forse letteralmente, avevo il viso rivolto in alto e mi mancava il fiato, Andrew era perfetto, mi resi conto che dalle mie labbra stavano venendo fuori delle suppliche, volevo che continuasse fino alla fine, perché ero vicino, terribilmente vicino.
- Ti piace? – le sue labbra erano gonfie e umide
- P- Perché ti sei fermato?
Lo sguardo di Andrew si assottigliò, vidi l'eccitazione svanire piano dai suoi occhi, poi, senza alcun preavviso, mi lasciò andare. Mi ero ripreso abbastanza in fretta da evitare una caduta rovinosa, ma atterrai comunque sulle ginocchia e il colpo mi lasciò senza fiato per qualche attimo. Ero incredulo e dolorante quando finalmente riuscii a mettermi in piedi
- Che cosa diavolo pensi di fare?
Andrew si era portato le mani al viso ancora accaldato, poi aveva sorriso con fare cattivo e calcolatore
- Torno dentro. Reputati fortunato, stronzetto ... io non ti ho morso almeno
- Che cosa? – lo raggiunsi in fretta, poi lo spinsi con ferocia, tanto da farlo voltare di nuovo verso di me.
- Si chiama karma, hai presente? Occhio per occhio? Ti è più chiaro adesso? La prossima volta che ti chiamo vedi un po' di rispondere, ecco il mio consiglio
Ero incredulo e furioso allo stesso tempo. Mi stava lasciando lì, in un vicolo fatiscente e con un'erezione più grossa di una casa.
- Torna indietro. – stavo urlando adesso – Andrew, ti avverto –
- Mi avverti? Dio, che paura. Aiden mi avverte! –
Quella risata sprezzante mi mandò fuori di testa, avrei voluto ucciderlo, strappargli quella dannata cassa toracica dal petto per vedere se lì dentro batteva ancora qualcosa o se fosse tutto morto come immaginavo.
- Perché ti comporti così? – la mia voce suonò patetica perfino alle mie orecchie, era spezzata, apparteneva ad un moccioso, ecco perché Andrew non mi avrebbe mai preso sul serio.
- Perché mi comporto così, mi chiedi? Vediamo un po', ti aiuto ad analizzare la situazione se non ti è chiara. Il tuo ragazzo torna da una fottuta missione in Libia dopo tre mesi in cui ha visto solo morte e distruzione, lui adesso vorrebbe un po' di pace, si illude che qualcuno possa essere un minimo comprensivo vista la situazione, ma no! Si sbaglia! Stiamo chiedendo troppo! A chi importa lo schifo che deve sopportare Andrew quando Aiden ha solo voglia di litigare, fare lo stronzo e rinfacciare mancanze! –
- Avresti dovuto passare la tua ultima notte con me! – le mie urla avevano ricoperto le sue, stavo tremando, non volevo sentire nient'altro per quella notte.
- Ho commesso un cazzo di errore! Vuoi rinfacciarmelo per il resto della mia esistenza? Se è così perché diavolo dici di voler stare con me? Perché devi rendere tutto un inferno?
- Wow, quindi stiamo insieme noi due? – mi lasciai andare ad una risata sarcastica e sprezzante – non lo sapevo! Credevo fossi impegnato ufficialmente con quei ritardati dei tuoi compagni della Air Force! Esci con loro! Lavori con loro! Passi perfino le tue vacanze con loro e hai anche il barbaro coraggio di dire che io e te stiamo insieme? Su quale pianeta? Deve essermi sfuggito qualcosa–
- Guardati, Aiden! Sentiti! Sei così fottutamente pieno di rabbia e odio che avveleni tutto ciò che tocchi. Nessuna persona sana di mente vorrebbe passare il suo tempo con te! Nessuna!
La sua mano mi strinse il volto in una presa ferrea, ma furono le sue parole a farmi davvero male. Rimasi immobile, senza più nient'altro da dire e ferito come un'animale a cui era stato assestato un colpo mortale. Capii che quello era il momento giusto per andare fino in fondo in modo definitivo, dovevo trovare la forza di farlo, soltanto poche parole e sarebbe tutto finito. Andrew abbassò la mano e la ritrasse, la rabbia lasciò il posto a qualcosa di peggiore, disgusto probabilmente, sperai che non fosse diretto a me per quella volta e forse non sbagliai.
Coraggio. Lo stavo chiamando a me, anche Andrew era in attesa di un addio definitivo che avrebbe risolto i nostri problemi, ma nessuno di noi due parlò. Passò del tempo, avevo lo sguardo fisso sulle mie scarpe, mentre Andrew accese una sigaretta
- Ti accompagno a casa?
- No – Avevo risposto troppo in fretta, non volevo la sua pietà.
- Allora torno dagli altri?
Da Alec. Era come mandare giù un bicchiere colmo di cicuta.
- Fa come ti pare
- Aiden ...
Non gli risposi, né lui provò a seguirmi. Ero sul punto di urlare che era tutto finito, sentivo quelle parole rimbombarmi in testa ad un volume così alto da assordarmi. Ma non dissi nulla. Non trovai la forza di dire nulla ancora una volta. Non riuscivo a vivere con lui, ma non potevo neanche stare senza ... se fosse mai esistita una via d'uscita sentivo che non ero più in grado di trovarla ormai, brancolavo nel buio in attesa che fosse qualcun altro a decidere per me.
Non volevo ancora rientrare a casa per ritrovarmi la solita scena patetica di mia madre che tentava di far tornare i conti seduta al tavolo della cucina. La sua faccia stanca e quel tono di chi vorrebbe farmi credere che non ci fosse niente di cui preoccuparsi mi faceva andare fuori di testa. Ero stanco di vivere in quella dannata menzogna e non era così che avevo immaginato di trascorrere il venerdì sera.
Finii seduto su un muretto fatiscente a fissare dei ragazzi sui loro skate mentre io non ricordavo quale fosse stata l'ultima volta in cui mi fossi cimentato in qualcosa che mi divertiva o intrigava davvero. Avevo perso qualsiasi tipo di interesse che non fruttasse bene, ero diventato cinico e scostante o forse lo ero sempre stato, Andrew non poteva sbagliarsi di molto nel suo giudizio. Ma adesso qualcosa aveva destato il mio interesse e non avevo intenzione di far nulla per sedare quella strana sensazione che sentivo allo stomaco ogni volta che incrociavo Levin Eickam tra i dannati corridoi della Tech. Non ragionai affatto, composi il suo numero e portai il cellulare all'orecchio. Era tardi? Beh, chi se ne importava.
Prima ancora di sentire la sua voce bassa e controllata, percepii la musica soffusa che Levin stava ascoltando.
- Ehi, sei sveglio allora – la mia apparente sfrontatezza durò poco, stavo già crollando. Che cosa diavolo mi aveva detto la testa?
- Aiden? C'è qualche problema?
- No, per carità. Ero solo in giro ad annoiarmi e ho pensato a te! –
Lo sentii ridere piano – Ti annoi e pensi a me, non è molto lusinghiero questo.
- Anche credere che ci sia qualche problema quando ti chiamo non è il massimo! – gli feci notare e stavolta fu il mio turno di ridere
- Scusa, deformazione professionale! Se vivessi in casa mia ne sapresti qualcosa
- Beh, dov'è che vivi? Non me l'hai mai detto – stavo andando troppo oltre? Che male c'era a tentare un po' la sorte? Era solo un gioco dopotutto, uno di quelli maledettamente intriganti, ma pur sempre un gioco.
- Perché vuoi saperlo?
- E se passassi a trovarti?
Silenzio. Il mio stomaco si torse dalla tensione, il respiro di Levin era regolare dall'altra parte del telefono e la sua voce calma quando finalmente rispose.
- Saint Henry Street, numero sedici. Mi faccio trovare davanti l'entrata secondaria
- Ok. Cercherò di non perdermi nel tuo quartiere snob!
Lo sentii ridere appena – Ti aspetto  

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