41. Too much to loose

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"Si vis pacem para bellum" Vegezio
Se vuoi la pace prepara la guerra

LEVIN


Il clima a casa si era fatto soffocante dopo l'incidente alla mano. Non mi era chiaro se mio padre e mia madre si fossero bevuti la mia storia, c'era sempre qualcuno di loro pronto ad attendermi in salotto per farmi il terzo grado su dove stessi andando. Anche quel pomeriggio non fu diverso. Arrivai davanti alla porta d'ingresso per ritrovarmi mio padre alle spalle un attimo dopo, rimasi immobile nel sentirlo chiamarmi.
- Ehi, dove te ne vai? Finito i compiti?
Portai gli occhi al cielo e mi voltai indietro – Solo un giro in centro, perché?
- Esci con qualcuno in particolare?
Sapevo dove volesse andare a parare, quel suo modo di sondare il terreno era indicativo di ciò che lui e mia madre stavano iniziando ad immaginare e temere. Ero spiacente, ma nessuno dei due possedeva un'immaginazione tanto florida da poter avvicinarsi anche soltanto di striscio alla verità fortunatamente.
- Papà, passo al negozio di dischi e poi in un pub a bere e leggere qualcosa ... - dissi con il mio migliore tono paziente.
- Vedi di tornare a casa dopo.
Mi venne da ridere – Che cosa vorrebbe dire?
Mio padre sembrò in imbarazzo – Che vivi sotto questo tetto e non puoi uscire e rientrare quando ti pare. Insomma, quella mano ... io e tua madre vorremmo crederti, ma
- Ma cosa? – lo interruppi, stavolta intenzionato a parlare – che cosa volete adesso? Sbaglio o credevate che fossi fatto quando io ed Aiden siamo stati messi sotto da un'auto? E vi siete sbagliati. Intendete mettere in dubbio qualsiasi cosa esca dalla mia bocca? Non mi credete più? Che senso ha allora spiegarvi come sono andate le cose se a quanto pare non vi basta?
Avevo parlato tutto d'un fiato, mescolando verità con menzogne.
- Levin, non ho detto che non ti credo, ma conosco anche il gruppetto che tu e Kai frequentavate e che lui frequenta ancora
- E quindi? Credi che vada a dormire da lui quando non torno qui?
Mio padre sospirò, si stava massaggiando le tempie – Dove vai allora?
- Vuoi mettermi un braccialetto elettronico per controllarmi? Perché non provi a farla passare come legge?
- Levin ... perché non puoi rendermi le cose più semplici? Se hai una ragazza basta dirlo.
Lo guardai dritto negli occhi, non c'era neanche un motivo per cui avrei dovuto mentirgli anche su quella parte della mia vita, su questo punto aveva ragione lui.
- Ok, come vuoi. In effetti sì, ho un ragazzo. Dormo da lui quando non rientro. Casa sua è anche più vicina a scuola.
L'avevo detto senza battere ciglio e mio padre aveva incassato con altrettanta nonchalance, almeno apparentemente. Aveva perso le parole però, lo vidi sbattere le palpebre un paio di volte e fu quello il momento in cui colsi la palla al balzo e lasciai casa mia. Stavo ancora ridendo quando raggiunsi la metro, pensai che fossi stato crudele a lanciare quella palla avvelenata contro mio padre, in fin dei conti era altamente probabile che a causa di Kai sarei morto nel giro di qualche mese; non c'era alcun bisogno di rincarare la dose sui problemi degli Eickam con quel nuovo peso.
Immaginai come avrebbero passato il resto della serata, a parlare di me e della mia rivelazione inaspettata. Alla fine se ne sarebbero fatti una ragione, ne ero sicuro. Con quei pensieri in testa stavo quasi mancando la fermata per Coney Island, mi ritrovai a scendere tra gli ultimi, affrettando il passo per sfuggire al freddo gelido di Brooklyn.
Come era prevedibile non vedevo Andrew da un po' di tempo, forse era meglio così, mi dicevo, Aiden aveva bisogno di lui e meritava le sue attenzioni molto più di me. E poi non ero stato onesto, non ero riuscito a parlargli di Kai e di quello che stavamo rischiando. Ma quel momento doveva arrivare prima o poi, perfino camminare per strada era diventata una tortura, stavo iniziando a scegliere posti molto affollati, dove sarebbe stato più difficile crepare per una coltellata. Non potevo vivere in quel modo però, era solo questione di tempo prima di perdere del tutto la testa.
- Levin! Ehi!
La voce di Andrew mi riportò alla realtà, capii in fretta che anche lui stava rientrando a Coney Island in quel preciso istante. Lo vidi smontare dalla sua auto con qualche busta e dirigersi verso di me. Era stanco, il viso tirato, ma stava sorridendo nonostante tutto. Vederlo mi faceva sempre una strana sensazione, un vuoto allo stomaco preoccupante, quasi un bisogno fisico di toccarlo per sentire che era davvero lì. Non lo feci però, non volevo mostrargli niente di tutto quello, non era il momento e non era giusto. Invece mi incamminai verso casa, accanto a lui.
- Ho fatto tardi, mi aspettavi da tanto? – aveva parlato con un tono allegro quanto esausto, poi mi passò un braccio intorno alle spalle
- Sono appena arrivato. Tu? Eri in centro?
Andrew annuì – Già, sono andato a prendere Aiden in ospedale. Sta facendo fisioterapia e sua madre era di turno pomeriggio, mentre Keno aveva lezione, credevo di poter rientrare un po' prima, ma poi ho dovuto fargli il bagno e quindi ...
Decisi di passare oltre, di non soffermarmi su tutto quello che Andrew stava facendo per Aiden. Potevo immaginare quello che stava succedendo, il modo in cui quei due vivevano a stretto contatto per la maggior parte del tempo. Ed io che potevo fare? Che diritti avevo? Ero solo un fantasma, forse perfino un errore.
- Come sta? – dissi invece, come se non avessi fatto un solo pensiero negativo
Lui fece spallucce – Pensa ad un diciottenne che non può più fare quello che faceva prima. E' frustrato, sta iniziando a perdere la pazienza e credo che la fisioterapia lo snervi tantissimo, però è comunque vivo, no? Anche mentalmente sta recuperando molto bene.
- E i ricordi? Sappiamo di certo che ricorda quello che è successo con me – dissi senza riuscire a nascondere una smorfia.
Ma ad Andrew non faceva più alcun effetto sentirmi parlare di quello che era accaduto tra Aiden e me, glielo leggevo sul viso. Sembrava sfinito e preoccupato, ma la rabbia era passata da molto tempo, sia nei miei confronti che in quelli di Aiden
- Dice che ha dei flash su noi due, ricorda qualcosa, ma non tutto. Comunque mi ha anche detto che vorrebbe parlarti e che si scusa per il suo comportamento ... dovevo dirtelo un paio di giorni fa, ma mi è passato di mente. Sono così stanco ...
Eravamo in casa adesso, Andrew lasciò le buste sul bancone della cucina e venne direttamente da me. Mi immobilizzai un attimo, bloccando il suo viso con la mano per impedirgli di avvicinarsi al mio.
- Perché vuole vedermi?
- Perché dobbiamo parlare di lui anche adesso? – chiese Andrew, irritato.
Lo guardai, stizzito – Perché vorrei capire come stanno le cose.
- Non stanno in nessun modo. Sono alla stregua di un badante e comunque non so cosa vuole dirti. Io e te non ci vediamo da troppo tempo ... posso almeno godermi il mio ragazzo adesso?
Il modo in cui mi guardava lasciava ben poco all'immaginazione, non riuscii più a trovare un buon motivo per trattenerlo. Volevo baciarlo e fare tutto quello che potevo nel poco tempo che avevamo a disposizione. Così lo spinsi sul divano e mi misi a cavalcioni, bloccandolo sotto il peso del mio corpo. Andrew si protese, i suoi occhi erano più scuri adesso, intrisi di voglia e desiderio, ma io non gli permisi di muoversi. Passai le mani sul suo maglioncino stretto e morbido, per sentire sotto la rigidezza dei suoi muscoli. Così belli che avrei voluto percorrerli con la lingua centimetro dopo centimetro, invece mi limitai a sospirare mentre la mia erezione cresceva nei pantaloni.
- Perché stai facendo lo stronzo? Cosa devo fare per avere un bacio? – Andrew si lasciò andare ad una risatina nervosa, continuava a guardarmi come se avesse voluto divorarmi.
- Devi essere mio – dissi con un tono che non mi apparteneva.
- Lo sono. Totalmente tuo ... alla tua mercé, fa di me ciò che vuoi, ma baciami.
Le sue parole mi eccitarono e fecero ridere allo stesso tempo – Come a capodanno intendi?
La mia voce si era fatta roca, il solo ricordo di quella notte mandava in tilt il mio cervello, anche Andrew sembrava in difficoltà, lo vidi deglutire
- Vuoi stare sopra?
- Solo se ti è piaciuto stare sotto ... - dissi con un filo di voce.
Mi calai appena su di lui, fino ad appoggiare i gomiti ai lati del suo volto. Gli sfiorai il viso, passando i polpastrelli sulla barba di un paio di giorni che cresceva sulla sua mandibola. Andrew fremette appena, adesso le sue braccia erano libere di stringermi e toccarmi. Le aveva portate intorno al mio viso e mi aveva attirato a lui.
Il suo sguardo era di fuoco e quando parlò lo fece a pochi centimetri dalla mia bocca
- Mi è piaciuto da impazzire.
Non gli permisi di dire altro, lo baciai con foga, afferrandolo per i capelli fino a spingerlo indietro per poter esplorare la sua bocca con la mia. Mi sentivo sul punto di esplodere e non c'era nessuna necessità di procedere lentamente quella volta, soltanto la mia mano fasciata era un impedimento. Andrew mi stava spogliando in fretta, mentre con la mano buona sbottonavo i suoi jeans e li tiravo giù quel tanto che bastava per poter accedere ai suoi slip. La sua mano si era stretta intorno alla mia erezione, mi ritrovai senza fiato, ma abbastanza in me da potergli dedicare le stesse attenzioni che lui stava dedicando a me.
Il resto fu confuso, Andrew riusciva a mandarmi in tilt come nessun altro prima. Quelle sensazioni mi atterrivano e, allo stesso tempo, mi spingevano a volere sempre di più, a non fermarmi mai anche di fronte al buonsenso. Lo guardai inarcarsi per il piacere, ero dentro di lui e mi muovevo piano, senza mai smettere di osservare il suo viso del tutto perso. Lo stavo mettendo in pericolo? Cosa sarebbe successo se quel boss fosse arrivato per me mentre ero con lui? Mi stavano già pedinando?
- N-non smettere ...
Non lo feci, lo strinsi ancora di più, portando le sue gambe ai lati delle mie spalle per rendere la penetrazione ancora più profonda. Andrew gemette forte, quello era un paradiso a cui non volevo rinunciare. Non mi serviva nessun'altra prova per capire che mi ero innamorato di lui ed era troppo tardi per tornare indietro.
Mi ero addormentato senza rendermene conto, il tepore della vasca ricolma fino al bordo aveva mandato via tutte le preoccupazioni. Era stato il ritorno di Andrew e un leggero spiffero freddo provenire da fuori a farmi svegliare.
- Dimmi se non sono il ragazzo migliore del mondo ...
Era nudo e terribilmente bello, tre le mani reggeva un vassoio con due bicchieri colmi di qualcosa che lasciò sul bordo del box.
Mi ritrovai a ridere mentre mi spostavo in avanti per permettergli di distendersi dietro di me, dove allargò le gambe per farmi appoggiare al suo petto. Si stava fin troppo bene con lui.
- Tè freddo per rifornirti di liquidi. Hai sudato parecchio – mi fece notare, porgendomi uno dei due bicchieri
- Ti stai preparando per il terzo round? Divano, poi bancone della cucina ... quale altra superficie dobbiamo ancora inaugurare?
Andrew rise piano, mi ritrovai le sue braccia intorno al petto, poi mi posò un bacio sulla spalla
- Ho una poltrona nuova nel mio studio ... pare sia reclinabile
- Tu hai uno studio? E a che ti serverebbe? – lo presi in giro
- A studiare nuove posizioni del kamasutra ovviamente
- Che domande stupide che faccio
Poi ruotai appena il collo all'indietro per accogliere la sua bocca che cercava la mia. Le sue labbra erano fredde adesso e sapevano di tè, mi ritrovai a baciarlo con foga.
- E' preoccupante sentirti di nuovo duro ... - commentai ad un centimetro dalle sue labbra
- Visto lo scenario che ho davanti sarebbe preoccupante se non lo fossi, Levin – ribatté lui con aria provocante – ma ti sei mai visto? Riusciresti a farlo alzare perfino ad un cadavere.
- Questa è poesia – dissi, ridendo
- Lo so, sono un tipo romantico, che vuoi farci. Infatti me ne sto abbracciato in una vasca col mio ragazzo fighissimo
- Il tuo ragazzo ... è la seconda volta che lo dici oggi- dissi, incontrando il suo sguardo divertito
- Il mio ragazzo – confermò lui, serio – o forse non ti piace questa definizione?
- Mi piace tutto quello che viene fuori dalla tua bocca – confermai, memore di tutto quello che Andrew e le sue labbra erano capaci di fare e dire, soprattutto in certi momenti.
- Meglio così. Non aspettarti anelli e proposte di matrimonio però
Improvvisamente mi tornò in mente la piccola conversazione avuta con mio padre poco prima di lasciare casa; un attimo dopo mi ritrovai a ridere
- Che ti prende adesso?
- Mio padre mi ha fatto delle storie oggi. Dopo l'incidente della mano sono entrambi sull'attenti ... ha cominciato a chiedermi dove vado quando esco, chi frequento, quando intendo tornare a casa.
Andrew si fece più attento, lo vidi protrarsi verso di me – Ti fanno problemi?
- Ovviamente. Però forse ho parlato troppo stavolta ... gli ho detto che frequento un ragazzo
- Un ragazzo. Wow! Facciamo passi avanti, Eickam. Non è che devo già stampare le partecipazioni per il matrimonio? – mi prese in giro con un tono ironico.
Lo mandai al diavolo e in automatico mi strinse ancora più forte in un abbraccio che non lasciava dubbi su quanto fosse soddisfatto della cosa.
- Bene, non hai nulla da nascondere. Hai fatto la cosa giusta e così forse smetteranno di preoccuparsi troppo
- Qualcosa da nascondere ce l'abbiamo invece, almeno con qualcuno di nostra conoscenza ... - gli feci notare subito dopo.
Andrew scosse la testa – Lo diremo anche a lui a tempo debito.
Quando, mi chiesi? Per quanto tempo ancora avrei dovuto sentirmi un fantasma che prendeva vita soltanto durante quelle poche ore in cui Andrew era disponibile per me?
Non dissi nulla, non serviva a niente dargli quel nuovo peso.

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