55. Into your arms

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Potius sero quam nunquam.
"Meglio tardi che mai." Livio


AIDEN


Le sedute di fisioterapia si erano spostate nella piscina per le riabilitazioni. Gli esercizi si erano fatti più duri, per la prima volta stavo cercando di cavarmela anche lì, con le gambe immerse in acqua e la presa stretta intorno al bordo piscina per paura di affondare.
- Bravo, muovile di più. Cerca di rimanere a galla
Era più facile a dirsi che a farsi. Mi concentravo con tutto me stesso soltanto sul semplice pensiero di muovere le gambe il più che potevo. Ogni movimento era una fatica immane e andai avanti in quel modo per un'ora intera.
- Bene, stai riprendendo la mobilità, Aiden. Se continui così nel giro di qualche mese non avrai più bisogno delle stampelle.
Era un sollievo sentire quelle parole, ancora di più sapere che ben presto avrei potuto restituire quella dannata sedie a rotelle e non rivederla mai più. Era stato il periodo peggiore della mia vita quello, avevo dovuto affrontare il post coma e innumerevoli cambiamenti che mi avevano sconvolto, ma sembrava che finalmente fossi sul punto di lasciarmi tutto alle spalle.
Andai ad asciugarmi, ancora con l'appoggio delle stampelle e fu a quel punto che notai il portatore del cambiamento principale della mia vita. Keno mi stava aspettando senza che me ne fossi accorto, se ne stava seduto con un libro tra le mani e una penna in bocca, apparentemente intento a studiare. Vederlo lì mi fece stringere il cuore, quella era un'emozione nuova, una tenerezza che non avrei mai potuto provare per il vecchio Keno che avevo conosciuto per tutto quel tempo. Forse fu il mio sguardo intenso, forse, invece, avrebbe sollevato comunque gli occhi verso di me prima o poi, ma anche lui adesso mi fissava. Un sorrisino appena accennato sulle labbra, poi si mise su e mi venne incontro, ben attento a non indugiare troppo sul mio corpo ancora nudo, eccetto per i pantaloncini del costume.
- Ehi ... hai finito?
La sua mano scivolò sul mio braccio quasi casualmente, bastò quel tocco per farmi tornare in mente quello che era successo un paio di notti prima. Era assurdo, io e Keno eravamo un pensiero che fino a pochi mesi prima mi sarebbe sembrato impossibile, perfino sbagliato per certi versi. Eppure ... eppure a volte la logica cessava di avere senso.
- Sì, devo solo rivestirmi e poi possiamo andare – cercai di ricompormi. Ero consapevole di essere stato sempre io a provocare una reazione in Keno fino a quel momento. Evidentemente era ciò che volevo da qualche parte dentro di me.
- Sai, oggi quei rompipalle dei miei non ci sono. Hanno una cena, pensavo che per una volta potevamo passare la sera da me se ti va ... - il tono di Keno era tutto fuorché tendenzioso, ma io non potei fare a meno di notare il sorrisetto carico di cattive intenzioni che apparve sul suo viso.
- Perché? Non ti piace più casa di Andrew? O forse non ti piace sapere che mia madre è a portata di orecchio? – sollevai un sopracciglio, provocante.
Keno rise – Colpito e affondato. Allora che ne dici? Andrew ha un matrimoniale che io non ho, ma in compenso abbiamo l'appartamento tutto per noi ...
Era eccitato, come lo ero anche io del resto. Mi rivestii in fretta sotto le sue occhiate attente, a tratti quasi spaventose.
- Che c'è? Sono più carino di Noah?
- Più di chiunque, Aiden. – la sua voce era resa roca dal desiderio. Poi sospirò forte, lanciando occhiate truci agli altri bagnanti che occupavano gli spogliatoi – se non ci fossero questi stronzi, io ...
- Tu cosa? – mi informai, con un tono provocatorio.
Mi godevo la vista di un Keno così su di giri, era qualcosa di completamente nuovo per me. Mai prima di allora avevo avuto a che fare con un Keno così reattivo agli stimoli ... era come se quel coma non avesse risvegliato solo me, ma anche qualcosa dentro di lui. La sua umanità? I suoi sentimenti? Anche la sua fragilità probabilmente.
- Lo trovi divertente, vero? Ti piace guardarmi mentre combatto per mantenere un minimo di lucidità mentale?
Cercai di non gongolare troppo, mi piaceva quel gioco di provocazioni e, da pochi giorni, avevo scoperto che mi piaceva anche il suo corpo e quello che era in grado di farmi provare. Era stato intenso a letto, non mi ero mai sentito tanto desiderato con nessun altro. Né con Andrew, né con quelli prima, né con Levin alla fine.
- A cosa pensi?
Scossi la testa, non avevo voglia di tirare fuori quel genere di cose in un momento del genere. Mi limitai a prenderlo per il braccio e insieme lasciammo l'ospedale. Il buio dell'auto ero un posto perfetto per iniziare quello che avremmo continuato a casa. Keno non attese un istante in più, si era sporto verso il mio sedile e aveva iniziato a baciarmi con vigore, come se durante quelle poche ore in cui eravamo stati separati non avesse aspettato altro. Era così, lo era per me almeno.
Mi lasciai andare, la sua lingua cercava la mia mentre stringevo la sua vita, voglioso di sentire il suo corpo spingere contro il mio. Ma eravamo in auto, nel parcheggio dell'ospedale, ad un orario piuttosto indecente per fare quello che volevamo fare.
- E-ehi ... - provai a parlare tra un bacio e l'altro – Keno? Ci arriviamo a casa, vero?
Venni scosso da una risata quando lo sentii mugugnare. Si scostò da me a malincuore, aveva il respiro affannato e una bella erezione che premeva nei jeans.
- Wow ... direi che la possibilità di rimanere soltanto amici è bella che andata. – stavo ancora fissando il suo rigonfiamento quando Keno sollevò lo sguardo sul mio viso.
- Non è che tu stai messo meglio.
- Touché!
- Però avevi ragione ... - lo vidi scuotere la testa, era lievemente irritato adesso.
- Su?
- Sulle tue prestazioni sessuali, su quello che mi raccontavi quando andavi a letto con i tuoi ex ... - qui sollevò un sopracciglio e mi lanciò un'occhiataccia – non dicevi stronzate, l'ho potuto appurare da me.
- Avevi dei dubbi? – mi venne da ridere, vederlo così corrucciato mi faceva sentire ancora più importante.
- Se li avevo prima adesso non li ho più, sta tranquillo.
Cercai di non gongolare troppo, casa sua non era lontana e soltanto in quel momento mi resi conto di essere felice di cambiare aria per un po'. Era fin troppo difficile rimanere da soli nell'appartamento di Andrew, ma era anche vero che continuare a vedere Keno con quella assiduità poteva portare a complicare le cose.
- Vuoi andartene ancora?
Quella domanda mi colse alla sprovvista – Cosa?
- Niente, volevo solo sapere se pensi ancora di andartene con tua madre non appena avrai finito la scuola.
Il suo tono si fece cupo, sapevo che Keno doveva averci pensato molto a quella eventualità, forse si era arrovellato il cervello fino a stare male e crollare quel tanto che bastava per pormi quella domanda.
- Non ci ho più pensato, sai? Ero in un periodo in cui vedevo solo nero, quindi lasciare la città mi sembrava sensato, quasi doveroso. Ma adesso ... adesso credo di aver tutto qui ... sarebbe un peccato andar via. Poi sembrerebbe che la polizza dell'assicurazione sia parecchio buona. Mia madre stava pensando di comprare un appartamento per me con quel denaro.
Gli occhi di Keno si erano illuminati nel sentire le mie parole, era davvero raro poter vedere tutte quelle emozioni positive impresse sul suo viso. Ero io a fargli quell'effetto e quella era un'altra cosa del tutto nuova per me.
- Quindi non pensi più di mollarmi qui ...
- Mollarti? Avevi detto che saresti venuto con me – gli ricordai, adesso ridendo – ecco, in effetti quello mi aveva fatto riflettere un po'. E' stata un'uscita ambigua.
- Stavo andando fuori di testa – ammise lui – e tu eri tornato a detestarmi, avevi tirato fuori il nostro litigio e non sai quanto avevo temuto quel momento. Sapevo che prima o poi sarebbe venuto fuori e
- Basta così. Non voglio più parlare del passato, dico sul serio. Non possiamo concentrarci solo sul futuro?
Keno sembrò soddisfatto da quella risposta – E' tutto quello che vorrei.
Ci eravamo immersi nel traffico cittadino, l'appartamento di Andrew sorgeva alla fine della strada e fu proprio quando mi venne in mente che avrei dovuto avvertire gli altri che non sarei tornato a casa così presto che il mio cellulare iniziò a squillare. Guardai lo schermo e presi la chiamata
- Ehi Andrew, ti stavo per chiamare. E' venuto Keno a prendermi oggi, non preoccuparti.
- Stai tornando a casa adesso?
Il suo tono era basso, mi parve molto stanco.
- Pensavamo di fare un giro prima di tornare ... - mentii sotto le occhiate attente di Keno che stava ascoltando la conversazione.
- Potresti passare prima da qui? C'è una cosa di cui vorrei parlarti ... credo sia inutile rimandare ulteriormente. Puoi farlo?
Quelle parole mi confusero. Guardai Keno che lentamente tornava a fissare la strada. Era chiaro che le sorprese non fossero finite per me.
- Sì, sto arrivando. Non farmi preoccupare, Andrew ... - ero così tranquillo prima che quella morsa allo stomaco mi infastidii più del normale. Lui chiuse la chiamata in fretta, senza aggiungere altro.
- Ma che cazzo ... - scossi la testa – hai sentito? Fermati qui, Andrew mi vuole parlare. Ma cosa può mai esserci di così importante?
Keno sembrava essersi rinchiuso in un silenzio tombale, la sua mancanza di commenti o lamentele mi fece mettere in all'erta.
- Tu sai cosa c'è sotto ...
A quel punto lo vidi in difficoltà – I-io ... forse. Non lo so. E' meglio se ne parli direttamente con lui. Spetta a lui dirti tutto.
Ero sempre più confuso – Credi che sappia di noi? – non aveva comunque senso. Non era da Andrew chiedermi di parlare di una cosa del genere e, soprattutto, a lui non importava chi frequentavo.
Non riuscivo a pensare a niente di realmente sensato, così mi limitai a lasciare l'auto e a prendere le mie stampelle. Keno non parlava, era talmente teso da farmi paura. Quei due avevano complottato ancora alle mie spalle? Di certo lui era a conoscenza di qualcosa che a me sfuggiva alla grande. Salii in ascensore con il cuore in gola, sperai che non fosse niente di grave, perché il tono di Andrew non lasciava presagire niente di buono.
Keno aprì la porta, era incredibile constatare quanto l'atmosfera fosse cambiata nel giro di cinque minuti scarsi. Entrai guardandomi in giro, quasi aspettandomi di trovare qualcosa di strano, ma era tutto in ordine. Andrew sbucò di tutta fretta dalla stanza da letto, aveva un po' di indumenti in mano e soltanto a quel punto notai il borsone sul divano.
- Ehi, vai da qualche parte? – ero confuso, quasi perso – che succede? C'è stato qualche problema?
Mi venne incontro, la tensione era palese sul suo volto.
- Ti va di sederti? C'è una questione di cui avrei dovuto parlarti già da tempo, ma che per ovvi motivi è passata in secondo piano ... non volevamo lanciarti addosso anche questo, non dopo tutto quello che hai passato.
Mi venne da ridere, eccoli di nuovo lì. I vecchi segreti che Andrew e Keno amavano tanto tenersi dentro per paura di farmi del male. Ero calmo in quel momento, perfettamente padrone di me.
- Dimmi
Andai a sedere accanto a lui mentre i miei occhi si soffermavano per un attimo su Keno, ancora in piedi accanto al muro. Ancora terribilmente teso. Si aspettavano il peggio da me ormai.
- C'è una cosa che è successa mentre tu eri in coma – iniziò Andrew, il suo viso era cupo, i suoi occhi zigzagavano da me a Keno
- Più di una cosa, oserei dire – stavo cercando di sdrammatizzare, quell'atmosfera era terribile – di cosa parli, Andrew?
- Del fatto che ho iniziato a frequentare qualcuno.
Non era una novità quella, scossi la testa e tornai a fronteggiarlo – Beh, l'avevo intuito, sta tranquillo. A volte passavi la notte fuori, altre scomparivi e basta per ore intere ... senza considerare il fatto che ultimamente sei uno straccio ... non ti avevo mai visto in queste condizioni. Quindi? E' tutto qui? Non importa, davvero.
- No, non è tutto qui – Andrew parlò in un sussurro, stava combattendo con la sua forza di volontà per tirare fuori quelle parole.
- Quel ragazzo era Levin. E' Levin.
Il silenzio totale calò per un attimo intorno a noi. Ero rimasto immobile, troppo frastornato da quella semplice frase per riuscire a metterne insieme un senso. Levin. Levin ed Andrew.
- N-non volevamo, è iniziata come una sorta di amicizia ... ma le cose poi si sono evolute in un modo diverso. E' diventato tutto troppo intimo e in pochissimo tempo. Ci siamo sentiti in colpa per molto tempo e abbiamo anche provato a fermarci ... ma non ce l'abbiamo fatta, non si tratta di un'attrazione passeggera. Lui ha bisogno di me adesso, è in riabilitazione e qui sono veramente di troppo. Andrò da lui.
Troppe informazioni, Andrew aveva parlato in uno stato di agitazione assurda. Non potevo dire di non essere ferito, c'era una grossa parte di me che avrebbe voluto mandarlo al diavolo per quei continui sotterfugi e silenzi che continuava a propinarmi.
- Non devi giustificarti con me ... noi due avevamo già rotto e io non ero stato granché rispettoso della nostra storia – parlai a fatica, quell'ammissione mi costò caro – solo che ... perché cazzo ci hai messo tanto a dirmelo? Abbiamo avuto mille occasioni! Dannazione, perché nessuno si prende mai la briga di parlarmi? Non sono un fottuto bambino!
- Ho provato a parlartene prima, ma ogni momento mi sembrava sbagliato. – mi interruppe Andrew di getto – e poi Levin era scomparso, mi aveva lasciato ... credevo che fosse finita per sempre e a quel punto non avrebbe avuto senso neanche parlarne con te. Non ci siamo visti per più di un mese.
- E tu sapevi tutto, no? – la mia attenzione ricadde su Keno. Era stato superfluo perfino chiederglielo. Lo vidi annuire. Ancora una volta ero l'unico lì a non aver capito niente.
- Me ne sono accorto poco prima che ti svegliassi. Loro erano cambiati ... per settimane non ho fatto altro che detestarli. L'ho anche affrontato – qui lanciò un'occhiata ad Andrew - volevo dirtelo, ma sapevo che ti avrebbe fatto male e che avevi già un dannato calvario davanti... non potevo darti questo nuovo peso quando non facevi altro che parlarmi ancora di quanto fosse gentile Andrew. E poi, una volta tanto, non toccava a me essere sincero.
- E non ricordavi niente – rincarò la dose l'altro – continuavi a parlare di noi, di quando stavamo insieme e di voler sistemare le cose. Eri confuso, certo ... ma con che coraggio potevo affrontare una conversazione del genere? Dopo le raccomandazioni dei medici poi.
Scossi la testa, non volevo sentire altro per quella sera.
Keno mi venne incontro, sentii le sue braccia stringermi da dietro.
- Scusami ... giuro che non c'è più niente che tu non sappia adesso. E' tutto qui ...
- E come posso fidarmi? – dissi di getto – voi due siete davvero un'accoppiata di cui nessuno sentiva il bisogno. Cazzo ...
Mi scostai appena e vidi subito un campanello d'allarme negli occhi di Keno. Non li odiavo, anzi una piccola parte di me aveva finito perfino per comprenderli.
- Non ce l'ho con nessuno di voi due, ok? Però voglio starmene da solo per questa sera. Ho troppo a cui pensare ... fatemi questo favore.
Mi sollevai a fatica da lì nel silenzio totale. Avevo solo voglia di stendermi a letto, lontano da tutti per un po'.

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