"Leonis catulum ne alas" proverbio
"Non nutrire il cucciolo del leone"
LEVIN
Quando appresi che Gray era morto fu come se mi fosse caduto il mondo addosso. Rimasi sconvolto, le parole concitate di Kai mi giungevano lontane e per lo più incomprensibili. Mi misi a sedere sulla panchina gelata del nostro parco per tossici, senza rendermene conto avevo trattenuto il respiro per molto tempo. Lo shock lasciò ben presto posto a qualcosa di diverso.
- Perché non me lo hai detto subito? Che cosa cazzo mi stai nascondendo? Quella sera, quando sei venuto da me ed eri sconvolto ... non mi hai detto tutto, è vero?
Ero stato talmente preso dal mio mondo da non notare quanto Kai fosse diventato sempre più strano in quell'ultimo periodo, perfino la sera in cui si era presentato a casa mia c'era qualcosa in lui che non ero riuscito a decifrare. Lo guardai, ero sconvolto.
- Perché è tutta colpa mia.
Speravo di sbagliarmi e forse non volevo credere a quelle parole, mi venne perfino un ghigno sulle labbra quando gli risposi
- Non ti starai dando troppi meriti?
Sarcasmo misto a dolore, bastò guardare Kai negli occhi per farmi rendere conto di quanto non avessi afferrato neanche lontanamente la gravità della cosa.
- Che cazzo hai combinato? – c'era dello sgomento che non ero riuscito a camuffare nella mia voce. Mi imposi di stare calmo, di riorganizzare qualsiasi cosa fosse uscita dalla sua bocca prima di scaraventarlo contro un muro e pestarlo a sangue. Le mie mani tremavano.
Kai tentennò, il suo viso era pallido, poi prese un profondo respiro e mi guardò dritto negli occhi
- Sono finito in una situazione da cui non posso uscire. Gray è stato ucciso per colpire me. Per ferire me. Siamo tutti in pericolo, te compreso. Kurt ci farà fuori tutti, uno dopo l'altro fino a quando non sarà soddisfatto. E io ho bisogno di aiuto, devi starmi accanto, Levin ... devi starmi accanto o non ci sarà nient'altro da fare.
Quelle parole non avevano senso, non riuscivo a crederci, ma l'espressione mortalmente seria sul viso di mio fratello mi costrinse a tacere. Sentivo un conato di vomito risalirmi lungo la gola, un malessere che provavo spesso di recente, ma mai con quella violenza.
- K-kurt? C-ci farà fuori tutti? Che cazzo sta succedendo? – chiesi con un filo di voce.
- E' il padre di June, voleva pagarmi per andare via e lasciarla. Non l'ho fatto ... non l'ho fatto, cazzo, ma non credevo che sarebbe arrivato a tanto! Non potevo saperlo. E adesso ha iniziato a fare sul serio ... è stato lui a ... - perse il fiato – a uccidere Gray
Poi crollò davanti a me, bocconi sul terreno gelato e sporco di ghiaccio tritato e grigiastro. Mi prese le gambe, le artigliò con le braccia e iniziò a piangermi addosso, come un peccatore a caccia di un'assoluzione che avrebbe potuto ricevere soltanto da un uomo importante. Un re. Il conato di vomito era reale adesso, lo cacciai indietro e mi misi in piedi, strappandomi di dosso quel cencio che era mio fratello.
- Che cosa cazzo vieni a piangere da me adesso? Perché non me lo hai detto subito? Da quanto va avanti questa storia? Volevi farci ammazzare tutti?
Mi voltai verso la prima cosa solida che avevo davanti, poi assestai un pugno micidiale contro il tronco di un albero. Il dolore mi fece urlare e a quel punto la sofferenza fisica divenne abbastanza forte da sedare tutto il resto. Mi portai la mano devastata al petto, il sangue colava rosso sul bianco sporco della neve. Avevo colpito quel dannato tronco per evitare di colpire il bastardo ancora steso davanti a me.
- M-mi dispiace, te lo giuro. E' da giorni che non r-riesco a dormire ... non riesco a fare niente, penso soltanto a Gray, a quello che ho provocato ... a questa mia cazzo di testa che non funziona, a questa cazzo di vita che non vuole darmi niente di buono! Che vuole strapparmi via l'unica cosa decente che abbia mai avuto!
- No, è troppo facile incolpare la vita, Kai. Il cancro sei tu. Guardati, infetti tutto quello che tocchi e non c'è modo di fermarti. Non puoi essere estirpato! Ti ostini a prenderti quello che vuoi senza pensare alle conseguenze! Lo hai sempre fatto e lo farai per sempre. E non importa quanta gente dovrà sacrificarsi al posto tuo, tu non imparerai mai! Quindi adesso dobbiamo guardarci tutti le spalle da un boss mafioso soltanto perché tu ti porti a letto sua figlia!
Le parole vennero fuori come un fiotto inarrestabile, insulti dopo insulti, emozioni spaventose che, fino a quel preciso istante, non sapevo neanche di provare nei suoi confronti, ma che prendevano carne sotto forma di frasi che nascevano dalle mie labbra. Kai era annichilito, non mi importava, continuai a parlare, ad accusarlo, ad augurargli la morte e la liberazione di tutti quelli che aveva condannato per sempre al suo posto.
- Non avrai più niente da me. Sparisci. Sei rimasto solo adesso
Lo sentii lanciare un urlo disperato, da animale ferito rimasto in coda al branco, dove nessuno avrebbe più potuto aiutarlo.
- T-tu non capisci ... Kurt non ha finito! Se la sconterà con tutti, te compreso, Levin. Devi aiutarmi se vuoi vivere. Ho un piano, conosco della gente che può aiutarci ... dobbiamo combattere.
Mi voltai verso di lui, il dolore alla mano stava diventando insopportabile, ma riuscii comunque a stirare le labbra in un sorriso velenoso
- Che venga pure. Che ammazzi me e anche i nostri genitori, se preferisce. Mi consolerà sapere che alla fine gli sarai ancora rimasto tu. E che vivrai nel terrore, aspettando quel momento nell'angoscia e nella sofferenza.
Ero andato via, piegato in due per il dolore, ma con passo fermo. Mi sentivo rovente, come se avessi potuto dare fuoco a tutto quello che fosse capitato sotto il mio sguardo, forse lo volevo, pensai, ormai avevo perso il controllo su ogni cosa, perfino la mia vita dipendeva dalle scelte di Kai, perfino quella dei miei genitori e di tutti coloro che erano entrati in contatto con noi due nell'ultimo periodo. Eravamo marchiati, sarei potuto morire in quel momento, avvicinato da un cazzo di sconosciuto e accoltellato allo stomaco, com'era successo a Gray.
E Kai che parlava di combattere? Quel pensiero mi fece ridere e disperare allo stesso tempo. Avevo bisogno di una dose immediatamente. Sapevo dove trovarla e avevo abbastanza denaro per procurarmela, non pensai a nient'altro, né alla mano sanguinolenta che pulsava in modo atroce, né ad Andrew che avrei dovuto vedere da lì a poco. Volevo solo chiudere gli occhi e riaprirli su un mondo diverso, veloce e sfavillante, forse confuso, ma mai spaventoso. Morire a causa di Kai mi sembrava quasi giusto a quel punto ... in fin dei conti mi ero già fatto tagliare a pezzi l'anima per lui.
Il torpore pacifico in cui ero caduto si stava lentamente dissolvendo, il nulla lasciò spazio a sprazzi sempre più ampi di rumore. Poi immagini, colori troppo reali e, infine, quella fitta dolorosa da qualche parte dentro di me.
- Levin? Levin!
Aprii gli occhi sul mondo vero. Il viso di un ragazzo era vicino al mio, mi sentii toccare, quasi trascinare in avanti. Soltanto a quel punto vidi la strada imbiancata e sentii l'atroce morso del gelo su ogni centimetro del mio corpo. Callum.
- Ha aperto gli occhi ... fermo! Non chiamare nessuno. Ha aperto gli occhi!
Il viso allarmato di Callum lasciò il posto a quello altrettanto sconvolto di Andrew. Mi stavano tirando su a fatica. Troppo veloce, luci e colori passavano davanti a me e mi facevano male. Riconobbi il mio quartiere, le auto eleganti e le ville rispettabilissime con i loro giardini sempre ben curati.
- Cristo, Levin. Dì qualcosa! Mi senti?
Andrew mi reggeva ancora a lui, sentii il freddo gelido della sua auto dietro la schiena, provai a muovere la testa su e giù e scoprii di riuscirci.
- D-dove lo porti? Devi sbrigarti, penso che tra poco potrebbero tornare i suoi. Di solito tornano per quest'ora ... è già tanto che non se ne siano accorti i vicini. Dovete andarvene
Non riuscivo a seguirli bene, li sentii parlare in modo concitato, Andrew che ribatteva qualcosa a Callum, poi la decisione di trascinarmi nella sua auto in fretta.
- Ti prego fammi sapere come sta ... appena puoi.
- N-non sono morto – dissi con una risata idiota che non mi apparteneva – non ancora almeno – aggiunsi dopo, a bassa voce, forse in un sussurro che nessuno poté percepire.
E poi tutto mi piovve addosso di nuovo, come una scarica d'acqua dopo un piccolo intermezzo di sereno. Gray era morto, mio fratello ci aveva condannati tutti alla medesima sorte e, ciliegina sulla torta, mi ero strafatto ad un livello che soltanto il vecchio Levin di tre anni prima aveva raggiunto.
- Urrà! Urrà! - tornai a ridere, stavolta forte, in modo sguaiato. Sentivo lo sguardo di Andrew addosso mentre metteva in moto in fretta con l'intento di fuggire al più presto dal quartiere. Che diavolo mi importava dei miei genitori? Saremmo morti tutti probabilmente, vedermi mezzo svenuto e strafatto davanti a casa sarebbe stato niente in confronto a ciò che li attendeva in un futuro molto meno roseo di quanto avrebbero mai potuto immaginare.
- La tua mano ... vuoi spiegarmi che cazzo è successo? E cosa hai preso? Hai vomitato, sei stato di merda e se non mi fossi preso la briga di passare da casa tua dopo averti aspettato per più di due ore alla fermata solo Dio sa quello che sarebbe successo.
Parole su parole. Lo guardai e mi chiesi quanto ci avrebbe messo a piantarmi ed etichettarmi come un terribile errore di percorso, dettato da uno stato emotivo altalenante. Un'ora? No, forse un giorno. Prima si sarebbe occupato di me, mi avrebbe rimesso in sesto e solo dopo mi avrebbe piantato. Era giusto così, ero un fattone di merda con un boss della droga pronto a sguinzagliarmi contro i suoi uomini.
- Levin? – mi chiamò di nuovo
- Andrew?
Lo guardai, lui mi guardò sconvolto – Dobbiamo andare in ospedale per questa mano.
- Non posso andare in ospedale – era un mantra, lo ripetevo da quando avevo sedici anni ormai.
- E dove diavolo puoi andare allora? Hai qualcosa di rotto lì dentro.
Mi venne da ridere – Davvero? Grazie per l'informazione, Andrew. Non me ne ero accorto, sai? Cosa te lo ha fatto pensare? Il fatto che il mio mignolo sia quasi torto all'indietro?
Mi venne quasi da vomitare quando la guardai, l'effetto anestetizzante della droga stava passando in fretta e iniziava a farmi male da morire. Era gonfia e rossastra, quasi tendente al viola. Il panico crebbe piano, anche Andrew dovette leggermelo in faccia
- Andiamo in ospedale e basta.
- Non posso.
- Gli dirò che sei caduto mentre facevi snowboard o qualche stronzata da coglione quale sei – sbottò Andrew con un tono terribile
- E non mi sono fatto male da nessun'altra parte cadendo? Ti sembra credibile?
- Guardati meglio
Abbassai lo sguardo sul mio corpo e soltanto in quel momento notai i miei jeans lacerati sulle ginocchia e il sangue rappreso sotto – Che cosa cazzo mi è successo?
- E io che ne so? Ti abbiamo trovato così. Speravo che me lo dicessi tu che cazzo ti è successo. Senti Levin, è da un po' di tempo che non ti riconosco
Ed eccoci lì, mi venne quasi da ridere, forse era l'effetto della cocaina, forse ero solo io
- Mettiamo in chiaro un paio di cose allora. Io sono sempre stato questo, quello che sono stato con te per un po' di tempo è stato anomalo anche per me, non ero io. Io sono così, come mi hai avanti adesso.
Non dissi "prendere o lasciare", anche se stavo per farlo. Non c'era neanche da metterlo di fronte a quella scelta, tanto aveva già scelto, dentro di sé. Non avevo dubbi su questo punto.
- Quindi la tua giornata tipo è strafarti di qualcosa e crollare davanti casa con una mano rotta e le ginocchia sbucciate? Magari la prossima volta anche riverso nel tuo vomito ...
- Esatto – la mia voce assunse un tono fin troppo di sfida. Non mi piacque, mi stavo descrivendo peggio di quello che ero per rendergliela più facile. Era una tattica? La stavo mettendo in pratica senza neanche accorgermene. Forse era meglio così, pensai, sarebbe stato più facile per tutti prendersela l'uno con l'altro.
- Fatto sta che adesso ce ne andiamo in ospedale.
Non parlai più, la mano faceva troppo male, volevo soltanto che quel tormento finisse in fretta, in qualsiasi modo possibile. Non stava prendendo la strada del Memorial, ma dell'ospedale più vicino a casa mia.
- Gran bel modo di trascorrere il pomeriggio, eh? Era proprio così che lo avevo immaginato – interruppi quel silenzio con una battuta che avrebbe dovuto farlo ridere o fargli pensare a quanto fossero vere le mie parole. Era una seccatura occuparsi di me quando avrebbe voluto avermi a letto con lui, come al solito. Invece Andrew mi prese alla sprovvista
- Mi dispiace solo che ti sei fatto male. Per il resto non importa, siamo comunque insieme
Ogni mia intenzione di prenderlo in giro morì quando sentii la sua mano accarezzarmi il braccio. La lasciò vagare un po', era calda e ferma quando si posò sulla mia coscia e restò lì per tutto il tragitto. Iniziai a sentirmi di merda, forse me lo lesse nello sguardo, perché subito dopo abbassò un po' il finestrino per farmi prendere aria.
- Va bene anche se non vuoi parlarmene. Sono solo preoccupato ... se è stato qualcuno a farti questo, se sei nei casini per qualche situazione che non comprendo ...
- Sono stato io. Contro un albero – dissi in fretta, per liberarlo da quel timore il prima possibile – ho avuto da ridire con mio fratello. Ho preso a pugni un albero per non spaccare la sua faccia di cazzo. Mi è sembrato giusto in quel momento, col senno di poi un po' meno
- Te la rimetteranno a posto. In guerra ho visto parecchie ferite del genere, ho anche fatto un paio di corsi di soccorso. Forse non dovrai neanche fare un intervento, ma te la sistemeranno. Così poi potrai tornare a suonare anche meglio di prima, come se non fosse successo nulla.
Aveva pensato anche a quello, quando a me, per primo, era sfuggito. Rimasi attonito, stupefatto dal giro assurdo che avevano fatto i suoi pensieri mentre io credevo di essere stato soltanto un peso fino a quel momento. Non volevo piangere, mi morsi le labbra con violenza, ma fu tutto inutile.
- Lo so che fa male, stiamo arrivando. Resisti, ok?
Non aveva capito niente e quello mi avrebbe anche fatto ridere se non fossi così stordito dal male sordo alla mano. Non lo corressi, in effetti il dolore stava diventando insopportabile, tanto da togliere il fiato. Il modo in cui mi parlava e mi guardava attutiva tutto quello che stavo provando però, si stava prendendo cura di me senza che glielo chiedessi. Soltanto un'altra persona lo aveva fatto prima. Ma nel caso di Yael era diverso, era lui a farmi del male per primo. Lui a curarmi dopo.
- Se hai bisogno di aiuto ... di qualsiasi tipo di aiuto. Non starò qui a stressarti, Levin. Non voglio farti sentire in gabbia o romperti le palle come farebbe un padre, però questo non può più succedere, potresti non essere così fortunato da trovare me o Callum la prossima volta. Pensa ai tuoi genitori, potevano vederti e spedirti da qualche parte. O poteva beccarti una pattuglia della polizia
Aveva ragione, avevo perso la testa e non potevo permettermelo. Io non ero Kai, io avevo ancora dei genitori da cui poter tornare ogni giorno, avevo una casa e qualcuno che non mi odiasse.
- Scusami. Ti sto dando fin troppi problemi, hai già Aiden a cui pensare, non ti serviva anche questo. Sono costernato – dissi con sincerità, tornavo piano piano in me.
Andrew fece un'espressione strana, per un attimo pensò che non avrebbe detto nulla, poi però si decise
- Tu rimani la mia priorità. E credimi, questo periodo non può durare per sempre.
Volevo credere a quelle parole con tutto me stesso, ma gli ultimi avvenimenti del pomeriggio mi avevano aperto definitivamente gli occhi sulla mia vita. Non potevo avere speranze sul futuro, con ogni probabilità non ce l'avevo neanche un futuro. Ma come dirlo a lui? Perché farlo stare male e addossargli altri problemi?
Era tardi quando arrivammo in ospedale, aspettammo e combattei contro quel dolore senza emettere un solo suono. Andrew mi sedeva vicino, mi accarezzava le spalle, cercava di farmi pensare ad altro parlando un po', poi si sollevava di scatto e chiedeva informazioni in giro, fermando medici e infermieri con un tono prima gentile, poi sempre più autoritario.
- Quanto cazzo ci vuole? Potete almeno dargli qualcosa per il dolore? E' pallido, tra un po' sviene!
- Andrew ... - volevo rimproverarlo, ma non avevo neanche la forza di parlare.
Urlare era servito, poco dopo mi aiutò a sollevarmi e insieme salimmo al secondo piano, dove finalmente qualcuno mi avrebbe visitato e dato qualcosa. Mi lasciai stringere da lui, davanti a tutti, senza alcun tipo di imbarazzo. A lui non importava, a me nemmeno. Era strano, forse era tutta colpa del dolore che mi impediva di pensare a dovere.
Nel frattempo il suo cellulare suonava sempre, ma non lo prese neanche una volta.
ANDREW
Era stato un pomeriggio assurdo, la paura che avevo provato nel vedere Levin ridotto in quelle condizioni aveva lasciato ben presto posto ad un sentimento diverso. Ero preoccupato, ma allo stesso tempo sollevato di sapere che per quella volta si trattava soltanto di una mano. Non potevo lasciar perdere l'altra questione però, il fatto che Levin facesse uso di sostanze mi agitava, mi lasciava confuso e incapace di reagire. Non capivo quel comportamento e allo stesso tempo non mi sentivo in grado di dire niente di potenzialmente pericoloso per paura che questo lo avrebbe fatto allontanare da me. E se le mie parole fossero suonati come giudizi? Se lo avessi fatto incazzare fino a mandarmi al diavolo e scomparire?
- Mettiamo il tutore per adesso. Con la manovra dovrei aver messo tutto a posto, ma mi aspetto di rivederlo tra un po'. Le ossa delle dita sono molto piccole e delicate, questo genere di traumi è molto frequente. Se tutto va bene tra un paio di settimane potrà già iniziare a muoverla.
- La ringrazio molto, dottore. Mi prescrive anche quello che dovrà prendere?
- Certo, partiamo dagli antidolorifici e dalla pomata per sgonfiare.
Lanciai un'occhiatina a Levin, gli stavo massaggiando i capelli per rilassarlo un po'. Se l'era vista brutta, sistemare quelle fratture era stato terribile, soltanto sentire lo schiocco secco delle ossa che tornavano al loro posto mi aveva messo i brividi. Lui aveva sopportato tutto stoicamente, soltanto in quel momento si era permesso di cedere, forse era a causa dell'effetto degli antidolorifici che lo avevano intontito un po'. Si sollevò piano, non vedevo l'ora di tornare a casa con lui, anche se in veste di infermierina. Salutai il dottore e finalmente lasciammo i corridoi opprimenti della struttura per avviarci verso l'auto.
- Cosa vuoi mangiare? Prendiamo qualcosa per strada?
- Non ho fame
- Troppa coca? – mi lasciai sfuggire
Levin non rispose, si voltò verso il finestrino e appoggiò la fronte sul vetro. Il suo profilo era bello quanto pallido, con la linea del collo in bella vista, lunga e perfetta, mi metteva voglia di passarci su il dito.
- Devi chiamare i tuoi, Levin. Saranno in pensiero – dissi invece, con un tono troppo perentorio, quasi da genitore.
- Farò di meglio, andrò a casa e parlerò con loro di persona
- Cosa? Non vuoi venire da me?
Ero sorpreso e anche ferito a quel punto. Lo guardai, indagatore. Che cosa pensava di fare?
- Non dovresti tornare al tuo appartamento in centro? E' ora di cena e ieri mi hai detto che la madre di Aiden ha il turno in ospedale, devi darle il cambio. Lasciami a casa e basta, me la sbrigo io
- C'è Keno, gli ho già telefonato e ha detto che starà lui con Aiden per stanotte. Non fare il melodrammatico e inizia ad accettare che per stasera staremo insieme, succeda quel che succeda.
Dio solo sapeva quanto mi era costato parlare con quella testa di cazzo. Sentirgli rinnovare le sue accuse, quella volta non aveva usato nessun mezzo termine però, non c'era da leggere tra le righe, mi aveva semplicemente accusato di essere troppo preso dalla mia scopata del momento per occuparmi di Aiden.
- Vuoi dirmi che cazzo ti prende? A parte la storia di Aiden che vive da me. – dissi improvvisamente, venendo meno ai miei buoni propositi di lasciar perdere.
Era iniziando a lasciar perdere che si finiva male. Mi voltai sulla strada, poi verso il suo viso illuminato dalle luci sgargianti della città che non sembravano attecchire sul suo malumore.
- Niente. Mi prepari la carbonara?
Rimasi perplesso da quel brusco cambiamento, non voleva parlarne. Voleva tenersi i problemi per sé, forse non si fidava di me, forse non ero ancora abbastanza importante per lui da affidarmi quel genere di cose. Non potevo costringerlo a farlo, ma quella decisione di tacere mi rammaricò.
- Certo che te la faccio. Avevo anche una sorpresa per te, ma a questo punto non so se te la meriti ... - finsi di pensarci un po', avevo sollevato un sopracciglio in un'espressione piena di alterigia
- Che sorpresa? Sono tipo sconvolto dopo il trattamento del dottore, non puoi anche uscirtene così
- Ma le sorprese sono belle – lo tentai, ghignando appena. Tutta la sua attenzione era su di me, si rimise dritto sul sedile
- Non riesco a pensare a niente
- Strano. Ti sei solo sparato una striscia di coca e svariati antidolorifici dopo. Mi stupisco che tu non riesca ad avere la prontezza mentale di Einstein
- Ah-ah – Levin finse una risata divertita, poi mi diede uno schiaffo sulla coscia con la mano buona. Si era avvicinato, a caccia di baci e altre attenzioni da strapparmi mentre guidavo. Mi fece piacere rivederlo così, illudermi che ammorbidendolo avrei potuto rendere le cose meno difficili e regalargli uno spiraglio di cielo puro dove poter respirare.
- Mi distrai ... vuoi che ci schiantiamo in auto anche noi?
- Perché no? Potrei scriverlo sul mio curriculum. Organizzatore di incidenti stradali
Mi ritrovai a ridere piano, mi fingevo infastidito, ma non facevo niente per resistere a quegli assalti meravigliosi. Mi lasciai baciare e massaggiare, persi il respiro e la mia attenzione altalenava tra la strada verso Coney Island ed il viso troppo vicino di Levin, sempre pronto a strapparmi gemiti e sussulti.
- Vedo che te la cavi bene anche con una mano sola ... interessante.
Parlavo a fatica mentre sentivo la cerniera dei miei jeans cedere sotto i tocchi decisi di Levin.
- Visto che fai il figo e parli tanto di sorprese, adesso lascia che sia io a sorprenderti
Non aveva perso tempo, non lo faceva mai, era diretto e spaventoso in tutto quello che faceva. Sentii la sua bocca chiudersi intorno alla mia erezione, già pronta ed umida per l'eccitazione provocata dal pensiero di Levin che mi prendeva in bocca. Il fiato mi si mozzò in gola, guidavo con una certa fatica, muovendo il bacino per andargli incontro un po' di più e sentire ogni centimetro della sua cavità caldissima e stretta stringersi sempre di più intorno a me, per poi scendere il più possibile. E quei suoni gutturali, il suo fiato corto e il profumo del suo gel per capelli.
Il motore rombò forte per un errore mio, questo fece ridere Levin.
- Dovresti farlo come lavoro – dissi confusamente, soltanto dopo un paio di secondi capii che forse non suonava molto come un complimento. Ma lui rideva ed io non avevo le forze necessarie per parlare, me le stava portando via, affondo dopo affondo, gemito dopo gemito. Volevo solo venire ed ero vicinissimo, quasi quanto il semaforo rosso al quale mi fermai. Finalmente potevo chiudere gli occhi, ormai al culmine del piacere, e lasciarmi andare all'orgasmo senza più freni.
Levin mi portava sempre al punto di massima perdizione, nessuno era mai stato capace di farmi sentire in quel modo e qualcosa mi diceva che il sesso in sé c'entrava ben poco. Era qualcosa di diverso, era l'effetto che mi faceva non solo il suo corpo, ma tutto ciò che gli apparteneva. Il profumo, la voce, il suo sguardo, perfino quel modo a volte scostante di starsene sulle sue. E le sue mani, il suono della sua chitarra dopo che facevamo l'amore nel mio letto, quel modo strano che aveva di tacere per paura di dire troppo. Era Levin e basta.
- Andrew?
Mi voltai verso di lui a fatica – Mm?
- E' verde – un sorriso canzonatorio gli illuminò il viso – siamo in macchina, ricordi?
- Va a farti fottere, Eickam
- Non sono questi i piani per la serata?
Si credeva divertente, forse lo era anche un po'.
- Dipende
Avevo altro in mente e provavo un piacere viscerale a vederlo così confuso e allo stesso tempo intrigato dalle mie parole. Pendeva dalle mie labbra.
- Che vuoi dire? Mi vuoi punire? – chiese, ora con un sopracciglio sollevato in segno di stizza.
A quanto pare il trattamento che gli riservavo a letto gli piaceva più di quanto avevo immaginato se lo considerava un premio.
Feci spallucce e non dissi nient'altro, adesso toccava a me torturarlo un po'. Mi limitai a guidare e dentro di me mi dannavo e mi maledicevo per quei pensieri che da un po' di tempo mi passavano per la mente. All'inizio volevo soltanto farlo felice, dargli qualcosa che desiderava dal primo momento in cui avevamo iniziato ad andare a letto insieme, volevo farlo sentire a suo agio, nel ruolo che preferiva. Adesso era diverso, avrei preferito che fosse lui a chiedermelo di nuovo, ma non stava succedendo. Forse pensava che non volevo e basta, ma si sbagliava.
- Ti giuro che non capisco. Oggi sono veramente lento – disse con un tono di rammarico verso sé stesso che mi fece ridere e mi intenerì allo stesso tempo.
- Che cazzo ridi? Dici che non è una punizione, ma non vuoi fare niente – attaccò subito dopo, lamentoso
- Non ho detto che non faremo niente – gli feci presente, poi aprii il cancello della villa con il mio telecomando e parcheggiai all'interno. Sentivo ancora lo sguardo perplesso di Levin addosso. Aprii il mio sportello e mi affiancai a lui, si reggeva in piedi meglio di un paio di ore prima, sembrava tutto sommato in salute, a parte per la mano con il tutore. Non feci in tempo ad entrare dentro, Levin mi strinse da dietro, bloccandomi sulla porta. Mi girai a fatica per ricambiare quell'abbraccio e aggiungere qualche piccolo bacio. Perché mi piaceva così tanto? Più lo guardavo negli occhi, più credevo di sapere la risposta a quella domanda. Mi morsi le labbra, niente stronzate patetiche che con ogni probabilità non voleva neanche sentirsi dire.
- Te la senti di stare tu sopra stasera? Sai, per via della mano ... - l'avevo buttata lì come se stessi parlando del tempo e non del mio culo.
Levin si era ripreso in fretta dalla sorpresa, aveva spalancato gli occhi, ma il tutto era durato meno di due secondi
- Certo.
- Bene, adesso fammi mettere a cucinare
- Cucinare? Dopo quello che mi hai appena detto? Sei ritardato?
Il suo fu un assalto in piena regola, mi scontrai con il suo corpo, eravamo dentro, ma nessuno dei due aveva trovato l'interruttore. Non importava
- In effetti speravo di farti passare la fame – dissi tra un bacio estremo ed un altro. Levin mi aveva bloccato il viso in una presa ferrea, quasi violenta, nonostante usasse una mano sola, poi mi costrinse ad aprire la bocca per accogliere la sua lingua con uno scatto. Un bacio bollente, rude, così eccitante da spedire una scossa ad ogni terminazione nervosa del mio corpo. Gli strinsi la vita, mi aggrappavi ai suoi fianchi stretti, stringendo, spingendolo ad aderire contro la mia erezione di nuovo gonfia, poi gli strinsi il sedere tra le mani.
- M-mi sembra assurdo... sei sicuro che vada bene?
- Perché non dovrebbe andarmi bene? Tu lo hai fatto per venirmi incontro – gli feci presente
- A me piace però – disse lui con un sorrisino tra il beato e l'eccitato.
Sentirglielo dire mi provocò una nuova scossa nello stomaco – E chi ti dice che a me non piacerà?
- Te lo farò piacere. Questo è certo
Aveva sussurrato ad un centimetro dal mio lobo, poi lo aveva catturato nella sua bocca e succhiato. Non rimase più niente di me, iniziai a spogliarmi in fretta, poi aiutai lui a fare piano, ben attento a non urtare la mano.
- Per fortuna non è la destra. Queste dita mi servono in modo particolare stasera – mi fece presente, ancora ad un centimetro dalla mia bocca, sempre più provocante. Voleva vedermi morire forse? Avevo la gola secca, pendevo dalle sue labbra ormai. Andammo a letto per comodità, non so con quale forza mi muovevo, se fossi io o soltanto il mio desiderio di poter toccare il suo corpo nudo e farmi toccare a mia volta.
Mi lasciai spingere giù sul materasso, lo stavo accarezzando ovunque mentre si abbassava piano su di me e faceva aderire la sua pelle caldissima contro la mia. I muscoli che si sfioravano appena, le sue gambe intrecciate alle mie, quei baci lenti come una tortura infinita e poi le sue mani che vagavano giù, a stuzzicare appena la mia erezione, quasi casualmente, per passare subito oltre, si dedicava ad altro, poi mi riempiva di piccoli morsi leggeri che mi facevano trasalire ed eccitare allo stesso tempo.
- Sei bello da fare paura, Andrew
Gli occhi di Levin erano come due pozzi neri ed incandescenti, scivolavano sul mio corpo mentre scuoteva la testa, all'apparenza incredulo di ciò che aveva davanti. Mi accarezzò i pettorali, fino a scendere giù lungo l'ombelico, poi l'interno coscia. Allargai le gambe un po', quasi a spingerlo all'azione, la voglia era troppa.
- Hai bisogno di un invito formale da parte dei miei genitori? – gli chiesi con un filo di voce cupa, troppo intrisa di desiderio
Levin piegò le labbra in un sorrisino provocante – Se mi volevi così tanto da non poter aspettare neanche un attimo perché non me lo hai detto subito? Da quant'è che pensi a questo, Andrew?
Scese giù, seguii i suoi movimenti con sguardo febbrile, fino a quando non si fermò all'altezza del mio inguine
- Q-questo? Puoi essere più specifico? – risposi a tono, con quel poco di senno che mi era rimasto.
Lo avevo chiesto e l'avevo avuto. Levin era sceso giù, aveva portato le mie gambe sulle mie spalle e si era spinto sulla mia apertura, forzandola con la sua bocca, leccando forte quel punto fino a farmi perdere il respiro. Perché con Levin doveva essere tutto diverso? Perfino quello mi sembrò amplificato all'inverosimile. Inarcai la schiena, senza rendermene conto mi stavo contorcendo appena, non troppo, non volevo dargli tutte quelle soddisfazioni insieme. Il piacere era forte, mi aggrappai alle lenzuola, volevo soffocare i miei respiri sregolati con qualcosa, ma sentirmi ansimare lo eccitava ancora di più, lo spingeva ad aumentare quelle attenzioni. Tornò su dopo un tempo indefinito, erano passati secoli a giudicare da come stavo messo, stavo tremando, allungai le mani per attirarlo a me.
- Non hai idea di quanta voglia avevo di fartelo ... - ammise Levin, gli occhi lucidi e persi, ancora fissi nei miei.
- Trasferisciti qui – venne fuori quasi come una supplica. Non mi importò, l'imbarazzo non esisteva più superate certe soglie di pateticità.
- E aspetta che ti faccia dell'altro, poi mi chiederai anche di sposarti
Immginai che sarebbe tornato a baciarmi con più foga, ma lui si ritrasse e sfuggì dalla mia presa. Tornò a toccarmi piano, quasi casualmente, sentivo la punta del suo dito giocare con me mentre lui continuava a fissarmi dritto in volto, come a voler fotografare nella sua memoria ogni minimo cambiamento del mio viso. Sostenni il suo sguardo, non ero un ragazzino, non poteva imbarazzarmi in nessun modo a letto. Non chiusi gli occhi neanche di fronte al piacere che mi provocò il suo dito. Sorrisi appena, troppo eccitato per pensare ai suoi occhi vigili su di me. Il suo petto era bellissimo, adornato da piccoli rivoli di sudore che scendevano giù, lungo la peluria chiara del suo inguine; lo guardavo da uno strano stato di trance e piacere mai provato prima. E Levin continuava a penetrarmi piano, a strapparmi dei gemiti dalle labbra, continuò così per un po', fino a quando fu chiaro che volevo qualcosa in più. I suoi movimenti erano rigidi, si tratteneva a stento, potevo riconoscere la stessa fatica che provavo io ogni volta che volevo far piano pur essendo troppo eccitato per controllarmi a dovere.
- Non preoccuparti. Dritto alla meta
Facevo lo stronzo temerario, ma la mia vita era stata costellata soltanto da ragazzi ben felici di fare da passivi con me. Quella era la seconda volta nella mia vita che permettevo a qualcuno di entrare dentro di me, e la prima era stata talmente disastrosa che non avevo più voluto provarci.
Per Levin farei di tutto, mi ritrovai a pensare, con una paura crescente che aveva ben poco a che fare con la sensazione della sua erezione sulla mia entrata. Venne giù, in automatico passai le mie cosce intorno alla sua vita e accolsi la sua bocca con entusiasmo. Lo accarezzai piano, quasi a calmare lui, a dosare la forza che metteva nel penetrarmi piano, ma con decisione. Mi irrigidii appena e lui si fermò subito. Tornò a baciarmi, sentire il suo stomaco premere contro la mia erezione aiutava, mi strusciai contro di lui e mi lasciai mordere e leccare ovunque. Stavo andando a fuoco. Levin prese un altro po' di gel dal comodino, me ne accorsi soltanto per la sensazione fresca che percepii subito dopo. Mi penetrò del tutto, spingendosi fino in fondo, poi si fermò. I suoi muscoli erano tesi quanto i miei, per motivi diversi restammo entrambi immobili, lui a prendere fiato, io a far fronte al dolore che andava e veniva.
- Tutto bene? – la sua voce era spezzata
- Senza un po' di dolore che gusto c'è? – dissi di rimando, poi gli passai la lingua sulle labbra in un gesto provocante che gli fece perdere la testa.
Riprese a spingere ed io mi aggrappai a lui con più forza. Levin era dentro di me, mai come in quel momento mi sembrò di essere veramente un tutt'uno con lui. Il dolore cessava mentre le sensazioni che provavo crescevano in modo inarrestabile, così come i gemiti gutturali che mi strappava, incitati dai suoi respiri bassi, quasi animaleschi mentre trovava un ritmo che si armonizzava con il mio in un crescendo sempre più eccitante. Gli presi il viso tra le mani in una stretta ferrea
- Se provi di nuovo a farti in quel modo ti ammazzo. Sono stato chiaro? Ti ammazzo io. Con le mie mani.
Levin si fermò un attimo, le mie parole lo avevano sorpreso, ma forse ancora di più lo sorpresero le sue
- Se sono con te non ho motivo di farlo. Ero terrorizzato
- Non esserlo. Non far stare di merda chi ti ama.
Lo avevo detto e lui aveva afferrato il messaggio
- Chi mi ama? – chiese un attimo dopo, ancora confuso e immobile dentro di me
Lo guardai dritto negli occhi – Io di sicuro, non so chi altro.
Avevo usato un tono violento, poco romantico. Avevo mantenuto del decoro, mi congratulai con me stesso per quella uscita, ma dentro di me stavo andando a fuoco lentamente. Perché non mi rispondeva? Mi ero innamorato di qualcuno che non provava lo stesso per me? Beh, forse era quello che meritavo, venire ripagato con la mia stessa moneta.
Quel pensiero mi disturbò, Levin era ancora fermo, troppo intontito dalle mie parole per continuare. Così lo spinsi indietro con poche cerimonie e gli diedi le spalle.
- Mi piace così.
Meglio uccidere l'imbarazzo ed evitare il suo sguardo smarrito. Mi penetrò di nuovo e c'era ben poco violenza in quel gesto. Mi baciò il collo, le spalle, cercò il mio viso nonostante la posizione scomoda. Per un attimo pensai di sentire del bagnato scorrere dal suo viso al mio.
KENO
L'importante era mantenere le apparenze, lo sapevamo tutti, forse era per questo che io e Andrew riuscivamo a rimanere nella stessa stanza senza saltarci addosso. Solo per Aiden.
Quel pomeriggio fortunatamente non lo dovetti sopportare a lungo, sembrava ben felice di andare via e lasciarmi solo con Aiden e sapevo anche il perchè.
Traditore, bugiardo ...
Ma anche io lo ero. Ero suo complice fino a quando non avrei potuto raccontare tutto ad Aiden, ma non potevo, non ora.
Strinsi i pugni ed entrai nel soggiorno dove il mio amico era seduto sul divano, cercai di cancellare il volto di Andrew dalla mia mente e concentrarmi unicamente su di lui.
- Ehi ... - lo salutai andando a sedermi accanto a lui.
Aiden sorrise, ma sembrava parecchio pensieroso, ultimamente lo era sempre più spesso, avrei voluto chiedergli cosa gli frullasse in testa ma potevo anche capirlo. Era stato un mese in quel letto e adesso sembrava in balia di chiunque lo circondasse, confuso dai suoi stessi pensieri. Aveva persino perso la sua malizia, quella scintilla tipica negli occhi del mio amico si era spenta, lasciando il posto ad un velo di dubbio e incertezza.
- Cosa vuoi fare oggi? Ti va di esercitarti per la fisioterapia? – gli chiesi riportandolo finalmente con la mente al presente.
- Non ti annoia?
- Certo che no. Dai
Mi posizionai davanti a lui e lo aiutai a stendere le braccia, doveva esercitarsi a tenere un buon controllo muscolare, con le braccia tese, senza tremare, e poi c'erano gli esercizi alle gambe, per la circolazione e recuperare il tono muscolare. Facevamo sempre quegli esercizi insieme, ma quel giorno la mente del mio amico era lontana, più del solito.
Avevo iniziato a massaggiargli una gamba e aiutarlo a portare il ginocchio verso il petto quando decisi di parlare.
- Aiden? Che cosa succede?
Lo vidi sobbalzare leggermente, come se lo avessi sorpreso a fare qualcosa di sbagliato – niente ...
- Parlami – mormorai mentre lo aiutavo a mettersi di nuovo a sedere – lo sai che puoi dirmi tutto
- Me lo ricordo ... - sibilò, il suo volto era pieno di disagio e vergogna – quando Levin è venuto qui ... io ho ricordato tutto
Silenzio. Il mio petto si strinse, era di certo una di quelle conversazioni che non avrei potuto affrontare come volevo, era scontato ed era frustrante.
- Sei sicuro? – chiesi quasi con rammarico.
Lui mi rifilò un' occhiataccia – Sì, ricordo di aver tradito Andrew con Levin ... mio Dio, come ho potuto? – il suo sguardo era confuso e desolato – lui sta facendo tutto questo per me, per un traditore bugiardo.
No, no, no, non è vero!
- Le cose non sono mai così semplici Aiden, non addossarti tutte le colpe – replicai.
Lui scosse la testa – avresti dovuto dirmelo! Perché non mi racconti ogni cosa, voglio sapere tutto ... tu devi saperlo ... tu s-sei il mio cazzo di amico. Devi dirmi tutto quello che ho fatto!
- Non agitarti – lo interruppi – il dottore ha detto che devi dare alla tua mente il tempo di recuperare, che i ricordi devono tornare da soli
- E' solo che ... non capisco ... perché l'ho fatto? Perché ad uno come Andrew? – continuò ancora.
Perché, come credi che sia Andrew?
Dovetti mordermi la lingua ancora una volta, cosa potevo fare? Ricordargli che razza di egoista fosse il suo ex? Dirgli che preferiva abbandonarlo per mesi piuttosto che rimanere con lui? Che Aiden sarebbe sempre venuto per ultimo e che tutto quello che stava facendo adesso era solo per sentirsi meno in colpa? Come potevo dire la verità a quel ragazzo che si svegliava urlante nel cuore della notte? Come potevo dirgli che Levin era stato il suo modo per sentirsi apprezzato in una relazione, ma che anche quella persona si era rivelata infida, che anche lui lo stava tradendo proprio in quel momento, proprio con Andrew?
- Sono certo che avrai avuto i tuoi motivi, le relazioni sono complicate – risposi alla fine.
Lacrime. Iniziarono a bagnare il volto pallido del mio amico. Non era pronto a sostenere quella consapevolezza.
- L'ho pugnalato alle spalle ... - iniziò a dire – l'uomo che sta pagando tutto questo, che mi ha offerto casa sua, che passa con me ogni giorno, sta rivoluzionando la sua vita per me ... ed io sono stato un verme. Con che coraggio posso guardarmi allo specchio?
Smettila, ti prego Aiden.
Lo abbracciai e sentii il suo viso affondare nel mio petto – Andrew non vorrebbe che ti sentissi in questo modo – guarda cosa sta facendo per te ... lui non ti odia. Va tutto bene, Aiden.
Ancora singhiozzi disperati e parole che non riuscivo a comprendere, stava tremando e la mia rabbia cresceva allo stessa velocità della sua disperazione.
- Respira ... va tutto bene – continuai a sussurrargli all'orecchio.
Alla fine riuscì a calmarsi abbastanza da dire qualcosa di chiaramente comprensibile – se solo ... riuscissi a rimediare ...
No, no, non farlo Aiden, non lasciarti ingannare.
- Tu non ...- mi fermai prima di dire qualcosa di inopportuno.
- Pensi sia possibile Keno? – chiese sollevandosi dalla mia spalla, con un guizzo di speranza nei suoi occhi lucidi – credi che potrebbe funzionare?
- Tu ... vuoi ... tornare con lui? – fare quella domanda mi costò tutto.
- Beh, forse con il tempo ... insomma, tutto quello che sta facendo per me ... e se provasse ancora qualcosa? Forse potrei rimediare – rispose velocemente.
Non prova niente per te, è solo un bugiardo.
- Potrei sistemare le cose – insistette.
Tu cosa provi per lui?
Non ebbi il coraggio di chiederlo, mentre mi fissava con quel leggero sorriso non potei fare altro se non sorridere a mia volta e accarezzargli i capelli.
- Se è quello che vuoi ... - fu tutto quello che riuscii a dire.
Cercai di non riaprire l'argomento, il volto di Aiden sembrava più rincuorato, come se adesso avesse recuperato un filo dell'ingarbugliata matassa che aveva in testa. Peccato fosse il filo sbagliato, peccato non potessi fare niente se non aspettare.
Ad un tratto sentii il mio cellulare vibrare, osservai lo schermo e riconobbi il numero di Andrew, così mi sollevai uscendo dalla camera.
- Che vuoi? – chiesi prendendo la chiamata.
- Ho un problema, puoi cenare e passare la notte con Aiden? – domandò rapidamente.
Un problema.
Una scossa mi si arrampicò lungo la schiena, quel bugiardo, occupato a vivere la sua tresca da quattro soldi mentre Aiden arrivava persino a sentirsi in colpa per lui.
- Questo tuo problema ti impiegherà tutta la notte?- commentai acido.
- Perché ti manco? – rispose con tono spazientito – sappiamo entrambi di non amare la nostra reciproca compagnia, quindi, ci sei o devo disturbare la signora Berg?
Spocchioso arrogante.
- Io ci sono sempre per Aiden ... - commentai – non ho nessun cazzo di problema che non sia pensare a lui
- Sei fortunato allora. Ci vediamo domani.
Chiamata terminata.
Dovetti inspirare forte prima di tornare di là ad affrontare il mio amico. Come prevedevo il suo volto era già pieno di domande appena misi piede nel salotto e sapevo di non potermi sottrarre, sapevo di non poter dire la verità.
- Che succede? – chiese Aiden quando mi sedetti di nuovo accanto a lui.
- Era Andew, niente di cui preoccuparsi. Stasera ceniamo noi due e io resto a dormire, ha avuto un contrattempo – risposi vagamente.
- Non viene? – c'era una nota di agitazione nel suo tono – che contrattempo? Sta bene? È successo qualcosa?
Io scossi le spalle – non me lo ha detto, forse qualcosa di lavoro. Ma sta bene, niente paura
O forse prevede di scoparsi Eickam per tutta la notte.
- Non è per colpa mia, vero? – insistetti – non pensi che sia arrabbiato per la storia di Levin, vero? Vederselo spuntare in casa così ... l'altra volta ... io ...
Aveva ripreso ad agitarsi, vidi la sua mano tremare visibilmente ed io la coprii con la mia, stingendola delicatamente.
- Ehi, guardami – dissi inchiodando il suo sguardo al mio – nessuno è arrabbiato con te, Aiden. Abbiamo commesso tutti degli errori, nessuno è perfetto. Tutti sbagliamo e tutti possono essere perdonati.
Lui annuì lentamente.
- Beh, Andrew non c'è ma spero di andarti bene io lo stesso – dissi colpendo leggermente il suo ginocchio con il mio.
Sul suo viso apparve un sorriso, fin troppo caldo e dolce per essere un sorriso di Aiden – certo che mi va bene, sono contento che tu sia qui.
Sono l'unico che ci dovrebbe essere.
- Anche io. Puoi contare sempre su di me, chiaro? – lo incoraggiai.
- Sì...
- Allora andiamo a cenare!
Lo aiutai a mettersi sulla sedia a rotelle e lo spinsi fino alla cucina, la Signora Berg aveva lasciato del minestrone già pronto. Lo scaldai e lo misi in due piatti, presi due cucchiai e portai tutto al tavolo. Io mangiai il mio rapidamente mentre osservavo Aiden lottare con la sua posata, era difficile per lui compiere quei piccoli movimenti. Le sue mani continuavano a tremare e la presa delle sue dita non era salda, provava con enorme sforzo a raccogliere del minestrone ma sia quello che il cucchiaio crollavano nel piatto dopo pochi secondi.
- Che ne dici se ti do una mano? – chiesi indicando il piatto.
Il suo volto la diceva lunga su quella situazione, non doveva essere facile chiedere assistenza per qualsiasi cosa e, anche se non se ne lamentava, sentivo che soffriva.
- Forse è meglio – disse alla fine dopo qualche istante di silenzio.
Così presi il cucchiaio e cominciai a raccogliere il minestrone, lo avvicinai alle sue labbra e lo guardai soffiarci sopra, poi aprì la bocca e lo mandò giù. Silenziosamente finì l'intero piatto ma il suo sguardo era triste, come se avesse fallito.
Mi dispiace Aiden.
- Certo che il minestrone è un gran casino – buttai lì attirando la sua attenzione – che dici se domani ti porto un hamburger? Il cibo spazzatura serve sempre e vuoi mettere la soddisfazione di prendere un bel panino con le mani? Altro che questa roba da malati del cazzo.
Lui rise – Dio, mi servirebbe un hambuger.
- E lo avrai, dovresti avere tutto quello che cazzo ti pare – risposi facendogli sfuggire un'altra risata.
Alla fine lasciammo la cucina e, prima che potessi chiedergli qualcosa, fu Aiden a parlare.
- Ho la schiena a pezzi su questa dannata cosa – si lamentò – mi aiuti a mettermi a letto? Preferisco stare disteso, poi domani avrò fisioterapia quindi vorrei riposare ...
- Certo, non c'è problema
Prima che potessi portarlo nella camera con il suo letto, tornò a parlare.
- Visto che Andrew non c'è ...- cominciò leggermene a disagio – non è che potrei dormire nell'altro letto? Quello normale ...
Pensai al letto che avevano portato per lui, con quelle sbarre e il materasso reclinabile e lo trovai altamente deprimente.
- Certo, ti porto di là
- Se non è un problema – si precipitò a dire – insomma, quello è più alto e comodo se devi aiutarmi a salire. Non devi stancarti o farti male Keno
- Ehi – mormorai scompigliandogli i capelli – non c'è nessun problema. Quel letto è orrendo, ti meriti una serata in un letto vero. – precisai – e scommetto che quel riccone di Andrew avrà un materasso comodissimo, di quelli in memory foam.
Lui rise e si fece trasportare nella camera da letto senza altri disagi, lo aiutai a sfilarsi il maglione e gli passai la maglietta del pigiama. Provò a metterla da solo e io intervenni solo quando era necessario mentre per i pantaloni fu più complesso. Dopo che ci liberammo di quelli della tuta, Aiden si aggrappò a me ed io lo aiutai a sollevare quelli del pigiama.
Alla fine spostai la sedia accanto al bordo del letto e, sempre con le braccia di Aiden intorno alle spalle, lo sollevai e lo poggiai sul materasso. Si tirò su il più possibile ed alla fine trovò una posizione comoda, poi sorrise.
- Keno?
- Che c'è?
- Questo materasso è pazzesco, è come mettere il culo su una nuvola – mormorò ed entrambi scoppiammo a ridere.
- Fammi provare – dissi facendo il giro e buttandomi sul lato libero.
- Senti? – chiese divertito.
- Wow ...ci potrei morire qui sopra -confessai – ti dispiace se dormo qui con te?
Lui scosse la testa – no, resta
- Bene, allora recupero l'ipod e poi mi metto a letto anche io. Ci sono alcune canzoni nuove che devo farti ascoltare per forza – dissi prima di sollevarmi ed allontanarmi per pochi secondi.
Quando rientrai mi tolsi i vestiti rapidamente e mi misi sotto le coperte, tirai fuori le cuffie e ne posizionai una nel mio orecchio e l'altra in quello di Aiden.
Lasciai che la musica ci cullasse e che quel posto non fosse più solo la casa di Andrew, i miei pensieri vagarono liberi verso tante altre notti che avevamo passato insieme, così in silenzio ad ascoltare la musica. Sperai che anche Aiden riuscisse a distrarsi, a pensare a qualcosa di felice e a sentirsi nuovamente se stesso per un po'.
Restammo lì per ore, le nostre teste erano a pochi centimetri di distanza ed io accarezzavo i capelli di Aiden con la punta delle dita mentre la musica intorno a noi ci rinchiudeva in un bozzolo fuori dal tempo.
- Pensi che tutto tornerà come prima? – lo sentii chiedere.
Non sapevo se stesse parlando proprio con me o fosse una considerazione fatta a se stesso, a voce alta, pensando che dormissi. Io non risposi, lasciai che pensasse che non lo avevo sentito perché in quel momento non avevo abbastanza forze da mentire ancora. Mentre stavo lì pensavo solo a quanto desiderassi che le cose non tornassero mai com'erano una volta, che persino Andrew non tornasse in quella casa il giorno dopo.
Non riuscivo a vedere niente di confortante nel passato, avrei voluto che tutto smettessi di andare com'era sempre andato.ANGOLO AUTRICI:
Oh oh oh Buon Natale XD in realtà è passato da un pezzo ma dei piccoli regalini questa storia li concede ancora XD se non altro a parte il pericolo ormai tangibile ci sono dei piccoli momenti di pace. Scommettiamo che avrete tanto da dire sulla coppia Andrew-Levin che si è spinta ancora un pò in avanti, in particolare Andrew XD E poi ovviamente abbiamo il piccolo Aiden, ancora confuso e in balia di ricordi frammentati, assistito dal fedele Keno, che per stargli accanto ingoia più di un boccone amaro </3 Dite la verità, nessuno se lo aspettava così morigerato!
Aspettiamo con ansia i vostri commenti per sapere se la storia vi sta piacendo! Alla prossima.
BLACKSTEEL
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RomanceBrooklyn. Le vite di un gruppo di giovani ragazzi si intrecciano nella città piena di luci mentre cercano di tenere a bada le ombre del loro passato. C'è chi lotta per un amore inconciliabile e chi, semplicemente, si batte soltanto per rimanere a ga...