Nihil sub sole novum.
(Nulla di nuovo sotto il sole, Ecclesiaste)
KENO
Faceva freddo e aveva persino iniziato a nevicare mentre camminavo lungo il marciapiede, mi strinsi nel giubbotto e accelerai il passo. Non mancava molto, quando vidi l'ingresso della piccola fumetteria ci entrai dentro velocemente, riparandomi finalmente dal gelo.
L'uomo al bancone mi sorrise – ciao Keno, come va?
- Al solito – mormorai mentre lo raggiungevo e mi appoggiavo alla superfice di legno lucido.
- Nessuna notizia dal mio cliente preferito? – chiese il signor Robinson senza nascondere il tono amaro.
- Per il momento non ci sono novità – replicai senza riuscire a nascondere la mia sofferenza – avrà più fumetti da leggere quando si sveglierà, no?
Ci scambiammo uno sguardo cupo e poi lui controllò il monitor del computer – è molto bella questa cosa che stai facendo. Sai, comprare i suoi fumetti preferiti ogni settimana e tenerli da parte per lui
Mi si strinse lo stomaco, chissà se tutto questo serviva davvero a qualcosa, chissà se li avrebbe mai letti.
- Pensavo – ripresi schiarendomi la voce – che magari se dovesse svegliarsi questo potrebbe essere il mio regalo
L'uomo annuì – mi sembra un'ottima idea, Aiden non si perdeva un numero, stai salvando la sua anima di fan – cominciò a radunare tutti i fumetti nella lista di Aiden – oltre i nuovi numeri mi hanno portato delle edizioni speciali di Natale, te le prendo?
- Sì, grazie mille.
Li posò tutti sul bancone davanti a me, Spiderman, Deadpool, gli Avengers, erano la nostra passione, per anni avevamo indossato i costumi alle feste e ci eravamo sentiti invincibili. Il Signor Robinson arrotolò anche un foglio lucido e lo mise accanto ai fumetti.
- E' un poster di Ironman, è il suo preferito, glielo regalo. Spero davvero che possano essere il suo regalo di Natale – mormorò con tono addolorato.
Io annuii e lo ringraziai, pagai il conto e mi immersi nuovamente nella strada verso casa, mentre la mia mente tornava a tormentarsi con i soliti pensanti pensieri. In quei giorni i ricordi non mi davano tregua, non facevo altro che pensare ad Aiden e tutte le cose che avevamo fatto insieme e che non potevamo più fare. Contemplare la possibilità di dover passare il Natale senza di lui era qualcosa di sconvolgente, nonostante fosse una probabilità molto elevata. Non sarei scappato a mezzanotte di casa per correre da lui a scambiarci i regali, non ci saremmo visti qualche giorno prima per parlare di cosa ci sarebbe piaciuto ricevere o pensando di regalarci qualcosa che i nostri genitori avrebbero disapprovato.
Quella volta c'ero solo io, che avevo comprato tutti i numeri dei fumetti preferiti di Aiden da quando si era addormentato, così, se mai avesse aperto gli occhi, avrebbe potuto leggerli.
Se.
Mi riscossi e tornai a camminare impettito verso casa, si stavano tutti arrendendo, stavano tutti perdendo la speranza, come se non si fidassero più di Aiden e della sua forza, come se ormai fosse tutto finito lì.
Entrai in casa e fui felice di trovarla deserta, salii al piano di sopra e mi infilai in camera, tirai fuori una scatola dall'armadio e dentro c'erano il resto dei fumetti, unii quelli che avevo appena comprato e riposi tutto accuratamente.
Non mi trattenni in casa più del necessario, solo il tempo di fare una doccia, cambiarmi e prendere i compiti che Callum mi aveva segnato, li avrei fatti in ospedale.
In meno di venti minuti mi ero fiondato nuovamente fuori casa, avevo preso l'auto e mi ero diretto verso l'ospedale.
Entrando nella stanza fu evidente che nulla era cambiato, non sembrava nemmeno Natale, fatta eccezione per una ghirlanda appesa alla finestra. In quella stanza il tempo era ancora fermo, tutto era immobile e scandito soltanto dal lento bip delle macchine. Andai a sedere accanto ad Aiden, ripetendo quel gesto che ormai era parte della nostra routine, sfiorai il suo braccio lievemente con le dita fino ad arrivare alla sua mano, che strinsi fra le mie.
- Sapessi che freddo del cazzo che c'è fuori – dissi cercando di parlare con tono vivace – ha persino iniziato a nevicare, se continua così domani dovrò mettere gli scarponi. Ho la faccia totalmente gelata, probabilmente mi cadrà il naso – commentai e ancora una volta i ricordi mi assalirono senza pietà.
– Lo dicevi sempre che sembravo un elfo, quando eravamo piccoli. Con le orecchie, le guance e il naso rosso per il freddo, mi prendevi sempre per il culo ... tu invece, avevi le mani calde, cazzo, anche a meno dieci gradi – lo strinse più forte – mi ci vorrebbero le tue mani calde in faccia adesso ... - mi mancò il respiro – anche se probabilmente mi picchieresti sul serio se ti svegliassi, visto quanto mi sono comportato da stronzo ... però sarei contento lo stesso, saresti il mio personale regalo di Natale, se solo ti svegliassi ... mi starebbe bene che uscissi con chiunque, te lo giuro – mi portai le mani al volto – se volessi tornare con quel coglione di Andrew, se ti mettessi con Levin, quello che vuoi, non metterei mai più becco nella tua vita se solo aprissi gli occhi ...
Mi servì una pausa, ormai erano rimasti solo i sensi di colpa e il dolore a muovermi – mi dispiace tanto di averti detto quelle cose, di averti fatto credere che non mi importava di te, di averti fatto sentire giudicato. Non ti ho mai giudicato un giorno della mia vita Aiden, non ho mai voluto chiudere la nostra amicizia un solo istante. E se ... se fossi riuscito a dimostrartelo sul serio forse avresti preso una delle mie chiamate, forse non saresti salito su quell'auto.
Trattenni un singhiozzo – avevi ragione, forse ero io quello solo e volevo a tutti i costi che tu fossi solo come me, non mi sono mai fidato degli altri e sono riuscito solo ad allontanare anche te – conclusi distrutto – ma se solo tu restassi in questo mondo con me, se solo aprissi gli occhi, ti prometto che non lo farò più. Sarò migliore, mi impegnerò
Ovviamente, ancora una volta, il corpo di Aiden restò immobile, nessun miracolo, i suoi occhi azzurri erano ancora chiusi e quasi stavo dimenticando quanto fossero brillanti. Era ancora lui quello nei miei ricordi, oppure era già una versione più dolce? Smussata dai rimpianti e dai miei desideri.
Resta con me, apri gli occhi, fai vedere a tutti che sei qui.
Sentii un rumore e mi voltai verso la porta, Levin fece il suo ingresso nella stanza quasi in punta di piedi, come se non volesse essere visto. I nostri sguardi si incrociarono brevemente e lui andò a sedere subito, senza indugiare nella mia direzione.
- Qualche novità? – chiese in un sussurro.
- No – risposi secco.
Poi tirai fuori i libri, nessuno dei due voleva fare conversazione, era evidente, cosa potevamo dirci? Così mi immersi nella lettura di infinite pagine di Storia, senza curarmi del tempo che passava, ancora stringendo una mano di Aiden.
Solo tempo dopo, forse un'ora o due, sentii nuovamente la porta della camera aprirsi, sollevai lo sguardo, pensando che potesse trattarsi della madre di Aiden, invece era Andrew. Lui non aveva fatto caso subito a me, il suo sguardo si fermò su Levin e ci restò per un tempo considerevole, accennò persino un sorriso che l'altro ricambiò. Poi si voltò verso il letto e, constatando la mia presenza, il suo volto si spogliò di qualsiasi emozione evidente.
- Guarda chi c'è – dissi con il mio solito tono pungente – l'uomo a cui siamo tutti debitori
Lui mostrò immediatamente il suo fastidio – non cominciare Keno, non sono dell'umore. Sono solo passato a vedere come sta
- Mi sembra che non ci sia niente di nuovo, giusto? Quindi prego, non trattenerti – lo schernii.
- Keno – questa volta fu Levin ad intromettersi stranamente – cerchiamo di comportarci decentemente qui dentro
Alzai le mani – ovvio, non sia mai che ricordiamo ad Aiden lo schifo che lo aspetta in questo mondo, fra l'ex che lo ha sfanculato ma si sente in colpa e gli paga le cure, il padre bastardo che si aggira per questi corridoi in cerca di redenzione e poi abbiamo Levin ovviamente. Scusa, tu perché sei qui?
È così che mantieni le promesse? Perché non riesci nemmeno a tollerare la loro presenza?
- Ora basta – il tono di Andrew era infastidito, forse mi avrebbe anche picchiato se avesse avuto le palle per farlo – andiamo. Torneremo quando lui non sarà qui.
Quello parve confuso per un momento ma Andrew era in preda alla rabbia.
- Venire qui è dura per tutti Non intendo sopportare anche questo– ringhiò – andiamo.
Levin sembrò non dissentire, forse ero troppo persino per la sua corazza imperturbabile, li vidi uscire entrambi ed io restai nuovamente solo con Aiden. Mi sollevai stiracchiandomi, qualche tempo fa avevo portato una piccola radio perché il dottore aveva detto che anche la musica poteva aiutare. Decisi di accenderla e lasciare che la musica coprisse il silenzio che ero riuscito a creare e la posizionai accanto al comodino. Fuori la neve stava ancora cadendo e distrattamente i miei occhi si posarono sulla strada sotto la finestra, dove c'era il parcheggio dell'ospedale. Notai solo qualche secondo dopo che Levin e Andrew erano ancora lì, stavano parlando e i loro corpi erano vicini.
Forse troppo vicini.
Già, forse troppo. Da quando avevano tanto da dirsi? Perché si parlavano ancora dopo quello che avevo detto su Levin? Perché l'unico annientato da tutto quell'inferno ero io mentre loro sembravano in grado di andare avanti? Poi Andrew fece il giro e salì al posto dell'autista, Levin indugiò, poi aprì lo sportello del passeggerò e si infilò dentro l'auto che partì poco dopo. Forse è vero quello che si dice: il dolore unisce le persone.
Che irritante ironia.
Mi allontanai con il mio solito senso di fastidio, per sedermi nuovamente accanto ad Aiden e lasciarmi cullare dal suono ritmico della musica.
ALENCAR
Come la fenice risorge dalle sue ceneri, a me toccava riemergere dai cadaveri da cui mi ero lasciato sommergere e tornare nel mondo reale, dove altra gente contava su di me per non morire.
Il campanello suonò e, quando aprii la porta, Miles mi si gettò al collo stringendomi in un abbraccio soffocante.
- Cristo Santo, amico – disse con voce ricolma di panico – ho sentito tutto, mi hanno detto ... quel pezzo di merda ... e tu ... tu non rispondevi alle mie chiamate, sono passato mille volte e non aprivi e ...
- Va tutto bene, Miles – risposi con tono calmo – avevo bisogno di stare solo. Dovevo pensare
- Cazzo, devono pagare! – lui non sembrava affatto capace di calmarsi – quello che hanno fatto a Jonas, alla sua famiglia. È tutta colpa di quel pezzo di merda di Tian, ha avuto la faccia tosta di venire da me a raccontarmelo, a dirmi di starti vicino! Quel traditore figlio di puttana!
Non ha avvisato solo Miles, ha mandato Callum da te.
- Mi sono fidato della persona sbagliata, ma è arrivato il momento di rimetterci in riga. Non moriranno altri innocenti, solo chi lo merita davvero
A quel punto il suo sguardo si illuminò – contami, faremo giustizia, ci vendicheremo
Lo afferrai con forza per la mascella e avvicinai il suo viso al mio fissandolo negli occhi tanto da spaventarlo – non dire mai più una cosa del genere o ti taglio la lingua. Farai quello che dico io, quando te lo dico, senza fare domande. Intesi?
- Intesi – sussurrò.
- Andiamo allora.
L'unico motivo per il quale ero riuscito ad uscire davvero di casa e rivedere quella gente era la vendetta, pensare che dall'interno avrei potuto distruggerli più lentamente e permanentemente che se avessi fatto irruzione con dei mitra.
Così, come se Jonas non fosse in qualche fossa a decomporsi, entrai nel covo di Kurt, durante la riunione settimanale insieme al resto dei suoi uomini. Ci fu un momento di silenzio quando entrai, gli occhi di tutti furono su di me e poi si levarono diversi mormorii. Notai Tian appoggiato al muro e fu lì che mi sistemai, accanto al traditore che avrei volentieri ucciso con le mie mani.
- Alencar – disse subito Kurt senza perdersi in convenevoli – mi hanno riferito che sei stato assente negli ultimi giorni
Ma certo che te lo hanno riferito, ognuno di quegli schifosi vorrebbe vedermi morto.
- Ho avuto l'influenza – fu tutto quello che replicai.
Insolente? Forse. Ma che cosa avrebbe mai potuto farmi di così terribile, uccidermi? Ero già morto.
- Parliamo in privato – mormorò sollevandosi e io lo seguii in silenzio nel suo ufficio.
Chiuse la porta e mi inchiodò con i suoi occhi privi di anima, il pensiero che quel viscido bastardo avesse dato l'ordine di giustiziare una neonata mi fece venire voglia di infilzargli il taglia carte nella gola. Ma, con sommo rammarico, mi limitai a trascinare indietro una sedia e accomodarmi davanti alla sua scrivania.
- Sei ancora dei nostri Alencar? – mi chiese schietto, scrutandomi come se volesse leggermi la mente – sai, quel piccolo episodio spiacevole con il tuo vecchio amico
- Mi pare che Tian ti abbia riferito che ero d'accordo – replicai senza esitare.
- Lo ha fatto, saperti così leale mi ha sorpreso, ho sempre intravisto in te... – cercò le parole – quel guizzo di ribellione negli occhi
- Prendo il mio compito molto seriamente, mi sento offeso se questo è una specie di colloquio per stabilire se ti sei lasciato scappare qualche traditore – conclusi fissandolo dritto negli occhi.
Lui sollevò le mani in segno di resa – me ne guarderei bene. Voglio discutere della nostra faccenda personale, quella che riguarda Eickam e mia figlia June.
Per un momento pensai di trascinare quella ragazzina fino al suo ufficio e tagliarle la gola davanti alla faccia boriosa di quel bastardo, inspirai, ricordando a me stesso che essere come lui non doveva diventare la risposta alla mia rabbia.
- Kai non si è fatto vivo con me – gli ricordai – come dobbiamo procedere?
- Procederemo molto chiaramente, inequivocabilmente – il suo tono era diventato estremamente aggressivo e sanguinario – sono stato paziente Alencar, molto paziente. Sono stato disponibile e ragionevole. Ho offerto i miei soldi e in cambio non ho avuto niente. La mia magnanimità finisce qui – disse fissandomi – se domani quel piccolo idiota si sveglia, ritorna sano di mente e viene da te supplicandoti che accetta l'accordo, sappi che non c'è più nessun accordo! Da adesso in poi ho finito di trattare, ho finito di mostrare pietà e benevolenza a chi non li merita.
E quando ne hai mai mostrata?
- Hai in mente qualcosa di preciso? – chiesi.
- Non ancora, ho intenzione di controllare bene il passato del nostro amico, di osservarlo e quando avrò elaborato la punizione più adeguata ti chiamerò. Te ne occuperai tu, qualsiasi cosa deciderò di fare, sarà affidata a te, chiaro?
-Agli ordini
Tornammo nell'altra stanza dove la riunione si era quasi conclusa, feci cenno a Miles e Tian di seguirmi e lasciammo il covo a passi svelti. Ci dirigemmo verso le auto ed io mi voltai parlando molto chiaramente.
- Organizziamo la vendita come si deve – dissi ad entrambi – in questi giorni di festa la gente avrà soldi da spendere, le feste a Brooklyn Heighs non sono le stesse senza un bel po' di coca. Possiamo fare buoni affari e cerchiamo di organizzare il Soul per Capodanno –
Conclusi e aprii lo sportello dell'auto, seguito da Miles che prese posto al lato passeggero.
- Alencar – Tian aveva bloccato la portiera e mi stava fissando, forse c'era dispiacere nel suo sguardo ma a me non importava – quando me lo concederai ... vorrei parlarti, seriamente, senza
- Parleremo solo di affari, è l'unico modo che ho di stare nella stessa stanza con te senza ucciderti – replicai con un tono che non ammetteva fraintendimenti – io ordino e tu esegui, se ti chiedo il resoconto dei soldi me lo dici e ci vedremo alle riunioni di Kurt, fine della storia.
Poi strinsi lo sportello e lo chiusi, misi in moto e partii, senza aspettare una replica, lo lasciai immobile mentre diventava un punto lontano sullo specchietto retrovisore.
- E' incredibile che voglia ancora parlarti – disse Miles a denti stretti – se penso a tutto quello che è successo, non me ne capacito. Come ha potuto farlo? A noi, a lui, non pensavo che potesse essere così ...
- Tutti gli uomini sono meschini ed egoisti – dissi – io, tu, anche lui ... qualsiasi sia la motivazione che lo abbia spinto a farlo non cambia quello che è successo, Tian non è un santo esattamente come chiunque altro di noi. Esattamente come non lo sono io, il perdono dovrebbe cercarlo da Dio, non da un uomo
Restammo in silenzio a quel punto, forse Miles aveva altre domande, forse voleva chiedermi cosa fosse successo esattamente, ma non ebbe la forza di farlo oppure decise di tacere volontariamente, niente dettagli. Gliene fui grato.
Lo lasciai davanti casa sua, prima che potessi ripartire, bussò sul mio vetro ed io lo abbassai.
- Tian ti ha tradito ed ora mantieni rapporti di circostanza con lui per necessità – mormorò – ma io sono ancora tuo amico Alencar, sono ancora dalla tua parte e ti voglio bene. Quindi non trattare con distacco anche me, parlami, usciamo, beviamoci una birra ... non sparire mai più come hai fatto in questi giorni, ti prego. Ho avuto paura, credevo che stesse per succedere ... lo sai, dopo la morte di tua madre
Quelle parole, dette da un uomo ben piazzato come Miles, sembravano quasi stonare, come se un tipo tutto d'un pezzo come lui non fosse autorizzato a lasciar spazio ai sentimenti, ma lo fece. Era spaventato, giustamente preoccupato per l'effetto che la morte di Jonas poteva avere su di me.
Non questa volta, davvero.
- Non preoccuparti amico, prometto che mi farò vivo – gli sorrisi – mi dispiace di averti fatto pesare di dover seppellire anche me
Lui annuì e i suoi occhi divennero lucidi – è solo che c'eri andato vicino una volta ...
- E non ricapiterà
Ci stringemmo la mano, come a sugellare quella promessa e poi mi lasciò andare.
Io ovviamente finii per percorrere una strada poco appropriata, ma questa volta senza il solito senso di fastidio che provavo solitamene. Non mi opposi, lasciai che il mio desiderio mi portasse verso le villette a schiera e poi accostai l'auto davanti a quella che una volta era casa mia. Guardai l'orologio, poi nello specchietto retrovisore mi accorsi di due figure che camminavano lungo il marciapiede. Mi ci volle qualche minuto e poi diventarono abbastanza grandi da essere riconoscibili, si trattava di Callum e Levin. Stavano parlando abbastanza intensamente, Callum aveva persino riso, li vidi fermarsi davanti all'entrata della villa degli Eickam e scambiarsi un saluto rapido. Poi Callum procedette dritto e finalmente mi notò, sembrò stupito ma non ignorò l'auto come spesso aveva tentato di fare in passato, si affrettò ad accostarsi al vetro.
Io abbassai il finestrino – ciao
- Ciao – rispose lui poggiando timidamente le dita sulla portiera – come mai sei passato? Stai meglio?
- Stavo facendo un giro, hai da fare? – chiesi.
Lui sembrò per un momento a disagio – Levin ... mi ha appena invitato a vedere un film da lui, devo dirgli di annullare ...?
Non era una vera domanda, gli uscì fuori un tono strano, tipico del Callum pieno di paranoie – perché dovresti dare buca al tuo amico?
Lui parve più sereno e sorrise – non lo so ...
- Ti fa ridere? Ti trovi bene con lui? – gli chiesi e lui annuì.
- E' una delle poche persone a cui tengo, gli ho anche ... parlato di te – notai il rossore della vergogna sul suo viso – ci confidiamo
- E' bello avere un amico, giusto?
Lui annuì.
- Allora non farlo aspettare e vai a vedere il film, non ti trattengo – gli dissi.
- Si, prendo dei biscotti da casa e vado ... - ma in realtà non si mosse, tenne ancora le dita sullo sportello, come se volesse dirmi qualcosa.
- C'è altro? – chiesi.
- Torni a casa per Natale? – sussurrò tanto rapidamente da scandire le parole a stento.
- Adesso non esageriamo – risposi scuotendo la testa – non mi va di passare la serata con mio padre che odio e quella puttana di tua madre che non farà altro che torturarti con lo sguardo
- Già ... è una merda se la vedi così – replicò portandosi una mano al volto per coprire l'imbarazzo.
- Stai da me – dissi all'improvviso.
Lui mi fissò immobile, come se non avesse capito.
- Stai da me a Natale, cena e resta a dormire, ci facciamo un giro. Forse sarà meno deprimente di casa, almeno ci possiamo provare
- Sì! – esclamò – sì, ci vengo
- E ora dammi un bacio, se è quello che vuoi fare restando appeso a quello sportello – conclusi.
Lo vidi nuovamente in imbarazzo ma si chinò subito per sporgere la testa dentro l'auto e lasciarmi un bacio rapido ma profondo.
- Non fa niente se non sai cosa sta succedendo Callum, non lo so nemmeno io – ammisi.
- Sai, ero preoccupato – confessò – ieri notte ho fatto un sogno così strano. C'eri tu nella tua vecchia camera, scosso da brividi, sembravi malato. Ti passavo un secchio per vomitare e ti asciugavo la fronte dal sudore, mi sono svegliato così angosciato. Ma era solo uno stupido sogno ... tu stai bene
- Già, va tutto bene
Un sogno? Sì, eppure sapeva tanto di realtà, quella di tanti anni fa quando avevo affrontato la crisi di astinenza con Celia, chiuso in camera mia. Forse anche Callum era lì, forse c'era più lui che lei ma lo aveva solo dimenticato, forse stavamo soltanto rimettendo insieme i pezzi di qualcosa che c'era sempre stato.
- Ci vediamo in giro
Lui si scostò e io sollevai nuovamente il finestrino, misi in moto e partii, anche se i miei occhi rimasero ad indugiare nello specchietto retrovisore e lui rimase lì sulla strada a guardarmi andare via.
KAI
Non ero riuscito a starle lontano. Osservavo June intenta a completare i suoi bozzetti di moda, era così bella con quegli occhi scuri e concentrati, le labbra lievemente stirate in un'espressione meditabonda e l'aria di chi credeva ancora un po' troppo nella bellezza di questo mondo per vedere davvero il mostro che si celava dietro il volto di suo padre.
Saremmo potuti andar via e mettere quante più miglia ci venivano consentiti tra Brooklyn e noi; forse sarebbe stato del tutto inutile, probabilmente Kurt ci avrebbe stanati prima e, a quel punto, June sarebbe stata costretta ad affrontare ciò che restava dietro la maschera indossata da suo padre. Non avrebbe fatto del male a lei, non alla sua unica bambina, ma se la sarebbe scontata con me e con chi mi circondava. Quel pensiero non mi faceva dormire la notte, perché sapevo che quel silenzio era solo la quiete prima della tempesta ... un attimo di pace prima che l'inferno ci venisse scagliato contro.
Chi avrebbe colpito per primo? Continuavo a pormi quella domanda incessantemente, presto mi avrebbe fatto impazzire.
Finii di fumare la mia sigaretta e mi misi in piedi, attirando l'attenzione di June
- Dove vai?
- Passo dai ragazzi, è da un po' che non li vedo
E avevo parecchie ragioni per tenermi lontano da loro, non credevo che il rosso mi stesse pedinando ancora, ma non potevo esserne certo. Uno come Kurt aveva il potere di conoscere ogni punto debole dei propri nemici, a quel punto doveva già conoscere il gruppo che frequentavo o la famiglia dalla quale provenivo. Come l'avrei messa con Levin? Forse tenerlo all'oscuro lo avrebbe messo in pericolo ancora di più o, forse, parlargliene lo avrebbe esposto ad un tipo di pericolo diverso; il suo senso di protezione nei miei confronti era sempre stato fin troppo spiccato.
- Ti dispiace passare a ritirare la cena allora?
June sorrise, era troppo presa dai suoi lavori per l'accademia per notare l'espressione cupa che aveva preso il mio volto.
- Nessun problema, piccola
La strinsi in un abbraccio da dietro e mi lasciai cullare un attimo dalla sua risatina bassa e da quel profumo che adoravo. Come poteva Kurt minacciare la felicità della sua stessa figlia? Come poteva volersi liberare dell'uomo che amava?
- Sarà un bel Natale ... - disse quando ormai ero sulla porta. Mi voltai e la vidi sorridere – dovresti invitare qui i ragazzi, potremmo cenare tutti insieme. E' da così tanto tempo che non ricordo un Natale felice, più o meno da quando mia madre è tornata a Tokyo. Dopo di che è stato tutto orribile
Non avevo dubbi, Kurt non mi sembrava un uomo molto paterno.
- Glielo dirò, ma soltanto se cucini tu.
- E chi altri sennò? Non ti lascerei mai vicino ai fornelli! – mi schernì lei, poi si voltò verso le sue bozze e continuò a disegnare.
Ero felice che stesse bene, che tutto sommato sembrava aver dimenticato la minaccia di Kurt che incombeva su di noi. Almeno lei riusciva a dormire la notte e a vivere come se non ci fosse un enorme ragno assetato di sangue a pendere sulle nostre teste.
I ragazzi del gruppo non erano così spensierati invece, anche quel pomeriggio stavano sbrigando i loro soliti affari al nostro covo fatiscente.
- Guardate chi si fa vedere, l'uomo più ricercato del pianeta – mi accolse Gray, sempre con il suo solito sorriso furbo sulle labbra – ce ne hai messo di tempo prima di tornare.
- Non fare lo stronzo, sai che ho dei cazzo di problemi irrisolti fuori da qui
Anche Rod e Mike mi fissarono con attenzione, ma fu sempre Gray a parlare
- Allora che diavolo ci fai ancora qui a Brooklyn? Perché non prendi la tua bella e ve ne andate?
Ci avevo pensato e anche numerose volte negli ultimi tempi. Non avevo il coraggio di trascinare June via dal suo mondo che sembrava amare così tanto. Aveva le sue amiche, l'accademia, i suoi amati negozi e la bellezza luminosa di Brooklyn.
- Non dirmi che Kai ha smesso di essere un egoista di merda e ha iniziato a preoccuparsi per gli altri ... questo sì che sarebbe un cambiamento di cui tenere conto
Guardai Gray dritto negli occhi – Sarebbe dovuto arrivare questo momento prima o poi, no?
- Non ci speravo quasi più – ammise, ancora sorridente. Poi mi diede una pacca amichevole sulla spalla
- Sai che ti dico, Kai? Stai lottando per la tua causa e se lotti per qualcosa in cui credi non puoi mai sbagliare
- E se la mia fosse una causa persa?
Per la prima volta diedi voce ai miei dubbi, se c'era qualcuno di cui mi fidavo, a parte Levin, era Gray.
- Beh, te ne accorgeresti soltanto quando sarebbe troppo tardi ormai, quindi che importa? Fa quello che reputi giusto.
- Cosa ti sei fumato per dispensare consigli così filosofici? Deve essere roba di prima classe, ne voglio un po'
I ragazzi risero, non potevo sbagliarmi più di tanto, il puzzo di erba era ovunque. Rod mi passò la sua sigaretta e ne presi un bel tiro.
- Ci sei mancato, stronzo. Perché non mettiamo a segno qualche colpo prima delle vacanze? Vuoi vedere a cosa stavamo lavorando prima che ci interrompessi con le tue stronzate romantiche? – Mike fece scivolare un paio di fogli sul tavolo, verso la mia direzione.
- Un altro Walmart? Siete ossessionati, Cristo!
- L'ultima volta abbiamo tirato su una somma che ci ha permesso di starcene buoni per tre mesi interi ... fossi in te non mi lamenterei. Allora? Sei dentro o no?
Avevo bisogno di soldi se volevo sperare un giorno di poter condurre una vita decente, soprattutto perché intendevo condividerla con June. Ero stanco di farmi mantenere da lei per la maggior parte delle cose, dovevo darmi da fare e il furto era l'unica cosa in cui mi sentivo abbastanza ferrato.
- Certo che sono dei vostri. Aggiornatemi, figli di puttana
Il resto del pomeriggio trascorse tra progettazioni e fumo, alla fine eravamo talmente fatti e felici che la minaccia di Kurt non sembrava poi così spaventosa come mi era sembrata quella mattina e nei giorni precedenti. Ero steso sul divano ad osservare Grey che si cimentava in una disastrosa partita a freccette contro sé stesso quando sentimmo qualcuno bussare alla nostra porta. Con enorme sorpresa vidi Levin fare capolino ed entrare
- Wow, siete nel bel mezzo di un brainstorming – constatò con una punta di ironia nella voce
- Ehi big bro! – cercai di darmi un tono, ero talmente fatto che non era semplice. Allungai una mano verso di lui e gli strinsi il braccio – vuoi favorire? Ce n'è abbastanza per rincoglionire un rinoceronte
- Per rincoglionire te ne basta un quarto – commentò lui, ma non c'era un reale rimprovero nella sua voce. Anzi accettò la sigaretta e venne a sedersi accanto a me.
Non mi aspettavo di vederlo lì, non riuscivo a nascondere né la sorpresa, né il piacere che mi provocava quella visita inaspettata. Lo guardai in tralice, gli altri ragazzi erano di nuovo presi dalla partita a freccette
- Come va a casa? La mamma?
Levin fece spallucce – La mamma avrebbe voluto che rimanessi, niente di nuovo. L'avevo preparata a non aspettarsi troppo, ma sai com'è fatta ...
Rimanere in quella casa? Scossi la testa – C'è lui, Levin. Inizierebbe con quelle prediche di merda e poi
- E poi cosa? Credi che ti sbatterebbe la porta in faccia se vedesse che ti stai impegnando a rigare dritto? – mi interruppe mio fratello
Ancora quella storia, forse il Natale rendeva tutti più ottusi – Io rigare dritto? Cos'è il vostro desiderio per l'anno nuovo? Provate a scriverlo nella letterina a Babbo Natale, magari vi dà una mano!
- Lascia perdere. Avrei anche potuto trovarti un lavoro, il signor Hamilton del negozio di dischi in centro ha bisogno di un aiutante
Ero sconvolto – E hai pensato a me? – non risi soltanto per non peggiorare le cose
Levin mi guardò male – Un lavoro onesto ti fa tanto schifo, Kai? Ti farebbe perdere la tua aura di figlio di puttana incallito? O credi che June non lo troverebbe sexy?
- Quello che voglio dire è che non fa per me! Non sono io quello! Guardami ...
- Fa come diavolo ti pare. Ho già abbastanza problemi di mio per potermi occupare anche dei tuoi. – poi prese una boccata di fumo e non mi degnò di una seconda occhiata.
- Come va con ... com'è che si chiama? Il ragazzo in coma
- Ti interessa davvero o cerchi solo di fare conversazione?
- E tu sei stronzo davvero o vuoi solo farmi incazzare? – ribattei, riprendendomi lo spinello che Levin mi stava passando
- Deve essere una caratteristica della famiglia che tanto detesti ...
- Non detesto nessuno io – precisai – abbiamo solo una divergenza di opinioni!
- Ah, è così che la chiami adesso? Divergenza di opinioni? – Levin rise piano, gli effetti dell'erba iniziavano a farsi sentire, presto saremmo stati tutti amici e pronti a cantare Kumbaya in cerchio.
- Aiden è sempre lì ... è trascorso un mese ormai. Le speranze stanno scemando. In più credo di aver commesso più di qualche stronzata nell'ultimo periodo.
- Benvenuto nel club, big bro
Ah, se soltanto avesse intuito il casino in cui ero finito io! Ma non era il caso di farlo preoccupare, come immaginavo Levin aveva già abbastanza problemi di cui occuparsi.
- Che genere di casino? Hai rivisto Yael?
Levin scosse la testa – E' Natale, dovrei passare da lui ... ma per dirgli cosa? Forse vederci peggiora soltanto le cose. E non è a Yael che sto pensando comunque.
Per la prima volta nella sua vita, avrei voluto aggiungere. Possibile che Aiden fosse riuscito a scavare in Levin una ferita talmente profonda da oscurare tutto il resto? Non avrei mai pensato che un giorno fossi stato sul punto di osservare ad un evento di una portata così grande ... Levin stava davvero dimenticando Yael alla fine. Cosa avrei dovuto fare? Conoscevo le intenzioni del nostro amico comune, sapevo che proprio in quel momento stava impiegando tutte le sue forze per risalire il pozzo nel quale era sprofondato. E lo stava facendo soltanto per Levin. Non avevo dubbi sulla tenacia spaventosa di Yael, non c'era nessuna impresa che uno come lui non avrebbe tentato pur di tornare da noi, o meglio, da mio fratello.
Il mio stomaco si torse in una morsa dolorosa, avevo visto quei due ferirsi e risollevarsi a vicenda nel giro di pochi minuti, la loro relazione era malata e neanche un'idiota come me poteva augurare al proprio fratello di rivivere l'inferno che aveva trascorso con Yael ... eppure non riuscivo a volergli del male. Yael era uno di noi, forse il peggiore, forse il più pericoloso, ma tutto questo non riusciva a cancellare il nostro passato e la fiducia che riponevamo l'uno nell'altro. Lui non avrebbe lasciato affondare nessuno di noi, eravamo l'unica famiglia che avesse mai conosciuto e per questo il nostro valore era immenso.
- Uscirà a breve, vuole vendere dei criminali, diceva ... - e lo ha fatto soltanto per te, avrei voluto dire, ma non lo feci. Levin era fin troppo intelligente per non capirlo da solo.
- E tutti gli daranno la caccia per questo. Ci sarà una grossa taglia sulla sua testa. Niente di nuovo, probabilmente lo trova anche divertente
- Cosa intendi fare con lui?
Levin era steso accanto a me, il suo viso non esprimeva niente come spesso accadeva.
- Non tornerò con voi. Io non solo lui, mi piace credere di aver imparato dai miei errori, Kai. Faglielo sapere
- Come se non verrà a cercarti non appena sarà fuori dal Crossroads ... - gli feci notare
- Non troverà niente.
L'amarezza di quelle parole mi colpì dritto allo stomaco. Ero davvero tanto egoista da sperare nel ritorno dei magnifici tre? Volevo rivivere il passato con così tanta forza da mettere a rischio la sanità mentale ed il futuro di mio fratello? No, era troppo perfino per me quello, non volevo cadere così in basso da sperare in una cosa del genere.
- Sono felice per te, big bro. Sei riuscito a risollevarti e a uscirne meglio di chiunque altro io conosca ... non lasciare che Yael ti trascini di nuovo giù, non meriti questo. Rimani concentrato su Aiden, per quando si sveglierà ...
Un attimo di silenzio, il volto di mio fratello si era incupito nel sentirmi pronunciare quelle parole, ma non disse nulla. Stese le sue gambe lunghe sul tavolo sgangherato e tutta la sua attenzione cadde sui nostri amici chiassosi e strafatti. Mai come quel giorno sentii il peso opprimente delle cose che io e Levin non ci stavamo dicendo.ANGOLO AUTRICI:
Nuovo capitolo e nuove informazioni XD Abbiamo il ritorno di due personaggi che non si vedevano da un pò, Keno e Kai! Sicuramente il primo non se la passa benissimo mentre il secondo si ritrova a confrontarsi con un Levin diverso, forse si è reso conto che quella diversità è un bene anche se li ha resi distanti. Come sempre speriamo che il capitolo vi sia piaciuto, aspettiamo i vostri pareri e al prossimo aggiornamento!
BLACKSTEEL
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Split
RomanceBrooklyn. Le vite di un gruppo di giovani ragazzi si intrecciano nella città piena di luci mentre cercano di tenere a bada le ombre del loro passato. C'è chi lotta per un amore inconciliabile e chi, semplicemente, si batte soltanto per rimanere a ga...