54. Lost and Found

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Silent leges inter arma.
(Le leggi tacciono in tempo di guerra, Seneca)


ALENCAR


Il piano di Kai aveva dato i suoi spaventosi frutti, ne fui certo quando arrivò quella chiamata e la voce di Kurt mi sembrò ancora più spaventosa del solito, perché non era solo arrabbiata. Quella volta il tono del boss dei boss era misto a qualcos'altro, qualcosa che nemmeno più credeva di provare, molto simile alla paura.
La sua preziosa figlia era stata presa di mira, sottratta sotto i suoi occhi e lasciata in vita solo per quello che sembrava un semplice capriccio. Per poter mandare l'ennesimo messaggio, ero certo che Kurt avesse assaporato la possibilità opposta, l'eventualità che chiunque fosse stato avrebbe potuto benissimo ucciderla e rispedirla a casa in pezzi.
Feci aderire bene il giubbotto antiproiettile al mio busto prima di indossare la felpa mentre Callum mi fissava con i suoi occhi truci.
- Ritornerò, non aver paura – tentai di rassicurarlo ma ovviamente non servì.
- Non posso credere che tu stia dicendo una cosa del genere con un giubbotto antiproiettile addosso – replicò con tono teso – stai andando a partecipare ad una fottuta sparatoria
Non potevo negare, lo avevo coinvolto io fino a quel punto, gli avevo permesso di vedere quanto fossi marcio.
- Non ho scelta Callum, lo sai – gli ricordai – siamo vicini, presto sarà finita
- Se non morirai prima! – protestò – hai ancora la ferita al braccio! Perché devi andare proprio tu?
A quel punto feci qualche passo verso di lui, prendendo il suo volto fra le mani – lui si fida di me, abbiamo fatto in modo che fosse così. Più sono vicino, più avrò la possibilità di ucciderlo senza correre rischi
Mi abbracciò, nascondendo il suo volto nell'incavo del mio collo – allora ... io ti aspetto, ok?
Come posso meritarmi uno come te?
Me lo chiedevo sempre più spesso da quando era iniziata quella convivenza, da quando avevo sentito quanto Callum fosse legato a me. Come potevo meritare l'amore di una persona come lui? Non ne avevo idea, mi era sembrato di aver vissuto troppo indegnamente per avere il diritto di vivere al suo fianco ma stava accadendo e, cosa ancora più egoista, non volevo che finisse.
- Torno presto, promesso

Quando arrivai al quartier generale di Kurt si respirava già l'aria di guerra, non c'erano altri boss nella grossa stanza per le riunioni, solo soldati. Vidi immediatamente Tian che mi si affiancò mentre percorrevo con lo sguardo il resto della sala, c'erano soltanto gli uomini migliori.
- Ha convocato il suo plotone di esecuzione – disse il mio amico sotto voce.
Stavo per commentare ma l'ingresso di Kurt nella stanza mi fece restare in silenzio. Ovviamente non era solo, Hauser era con lui, il suo fedele braccio destro lo affiancava silenzioso e quella visione fu dannatamente disturbante. Lo ricordavo bene quel volto, il modo in cui aveva strappato la vita a Jonas e la sua famiglia senza un briciolo di umanità, anche lui era sulla lista di coloro che l'avrebbero pagata.
Cercai di inghiottire la rabbia, mettendo la mia solita maschera indecifrabile sul volto, mi soffermai sulla figura di Kurt e rimasi spiazzato per un momento mentre fissavo il suo abbigliamento. Indossava anche lui abiti scuri, la fondina della pistola era in bella vista e dei guanti neri gli fasciavano le mani, non riuscivo a credere al fatto che avrebbe partecipato a quello scontro.
- Vi ho chiamati qui per una questione molto importante – cominciò con il suo solito tono autoritario – oggi vedremo di rimettere le cose a posto. Di ristabilire l'equilibrio.
Ci fu una breve pausa in cui il silenzio riempì la stanza.
- Come saprete qualcuno sta minando alla mia autorità, ha rubato la mia merce e i miei guadagni. Ha fatto anche molto di più ... - la sua voce si incrinò appena – era ovvio che accedesse ... prima o poi Xavier doveva fare la sua mossa, questa città evidentemente non è abbastanza grande per entrambi.
Ancora un breve silenzio in cui i suoi occhi scuri andarono alla ricerca di qualunque incertezza sulle facce dei presenti, forse ancora non del tutto certo della fedeltà di tutti. Era andata così alla fine, la sua paranoia lo aveva portato a credere che fosse proprio il suo acerrimo nemico la causa di tutto. L'altro grande boss della città, l'unico che non si era inchinato al grande Kurt e che adesso stava tentando di spodestarlo.
- Andremo a casa sua, nella sua tana, dove si sente più protetto e al sicuro, poi sradicheremo lui e il suo gruppo da questa città – disse perentorio – mi avete capito? Non voglio superstiti, non voglio prigionieri, quella feccia morirà stanotte.
Una mossa altamente rischiosa? Decisamente, ma nessuno lo avrebbe mai detto, nessuno si sarebbe opposto ad un suo ordine, soprattutto quando era evidente che sarebbe stato anche lui in prima linea. Erano anni che non accadeva, da ben prima che io stesso fossi dentro quel mondo, l'ultima volta che Kurt aveva partecipato ad una guerra era stato per conquistare Brooklyn. Quando aveva personalmente massacrato tutti i suoi avversari e aveva ridotto gli altri al silenzio e a quella reverenziale obbedienza.
Adesso il grosso lupo cattivo sarebbe sceso nuovamente in campo ed il sangue avrebbe iniziato a scorrere sul serio per le strade dei bassifondi.
Ci muovemmo quando anche lui lasciò la stanza, pronti a salire sulle jeep e dirigerci tutti verso il covo di Xavier nel Queens.

Impugnai più saldamente la pistola fra le mani quando sentii l'auto fermarsi, c'eravamo quasi, improvvisamente sentivo le possibilità di vittoria ridursi drasticamente e mi chiesi seriamente se ne saremmo usciti vivi. Quando Kurt perdeva la testa sapeva essere non solo spietato ma anche estremamente impulsivo, infilarci direttamente nel territorio di Xavier non era affatto la scelta migliore.
Tenni per me le mie riserve e seguii gli altri lungo il perimetro della vecchia fabbrica, dove il boss aveva la sua base. Circondammo l'edificio, mentre vidi Tian insieme agli altri cecchini salire lentamente dalle scale di emergenza esterne per cercare un punto in alto dal quale entrare e posizionarsi.
Restammo in attesa ancora qualche secondo, pronti a scattare al segnale di Kurt e, quando tutti gli uomini furono in posizione, il boss fece irruzione, portando tutti noi con lui.
Non c'erano state cerimonie, non erano servite parole o esitazioni teatrali come si vedevano nei film, quando piombammo dentro l'edificio fummo inglobbati dal caos.
Il suono dei colpi che veniva sparato a ripetizione era diventato assordante, le urla, gli ordini, i volti che improvvisamente apparivano tutti uguali e sfocati. Eravamo toltamente inghiottiti in quella faida, circondati dal fumo e dell'odore di polvere da sparo, il pavimento divenne vischioso per il sangue in pochi minuti.
Mi ritrovai a gettarmi di lato, riparandomi dietro un grosso pilastro mentre sentivo gli spari farsi sempre più vicini a me. C'erano già i primi uomini a terra, i loro corpi ammassavano il pavimento e le scale che portavano verso un piano superiore che non riuscivo a vedere bene.
- Avanzate! Non permettetegli di scappare! – la voce di Kurt tuonava al di sopra del rumore infernale degli spari.
Scattò in avanti insieme ad altri uomini, pronto a lanciarsi all'inseguimento di Xavier che stava arretrando con un piccolo gruppo di uomini.
Io mi ritrovai a seguirlo, attraversai correndo la stanza, cercai di tenere il corpo basso e salii le scale insieme al resto del gruppo.
Altri proiettili, altre urla, vidi due uomini cadere a qualche passo da me, con i fori delle pallottole che gli avevano trapassato la faccia.
Altro sangue, l'aria era diventata opprimente mentre sentivo Kurt urlare ancora più forte.
- Figlio di puttana! – la sua voce rimbombò nell'edificio – se credi che esista un posto in questa terra o all'inferno in cui io non possa trovarti, ti sbagli!
Era riuscito a scappare, Xavier era sparito attraverso qualche passaggio di sicurezza del suo covo, ci ritrovammo a sparare verso la strada, ad un furgone blindato che conteneva lui e qualche altro superstite.
Kurt stava tremando di rabbia ma era ovvio che la guerra non sarebbe finita quella notte, anzi, era appena cominciata. A differenza di quello che pensava lui, Xavier non aveva nulla a che fare con gli attacchi e l'agguato a June, per cui avrebbe visto quel gesto come un assalto immotivato. I due cani più grossi e spietati della città si sarebbero dati addosso finchè uno dei due non fosse morto, noi ci saremmo accertati che quella persona fosse Kurt.
Non c'erano molti feriti da soccorrere, forse uno o due, il resto degli uomini caduti giaceva già senza vita.
Lasciammo l'interno del quartier generale e ci radunammo intorno all'auto di Kurt, notai con sollievo che Tian era uno dei sopravvissuti e mi diede una pacca amichevole quando mi fu vicino.
- Quel bastardo è scappato – disse Kurt attirando la nostra attenzione – se crede che riuscirà a nascondersi per molto tempo si sbaglia, forse se è abbastanza pazzo farà lui la prossima mossa. Quello che è certo, è che questa faccenda non sarà finita finchè quel pezzo di merda è in vita.
Per il momento non c'era altro che potevamo fare, salimmo nuovamente sulle auto e ci allontanammo dalla zona, rientrando a Brooklyn dove ormai nessuno era al sicuro.

Quando varcai la soglia del mio appartamento era notte fonda, quasi mattina, feci piano e notai con sollievo che Callum era riuscito quanto meno a mettersi a letto. Preferivo che non mi vedesse ridotto in quel modo, ancora sporco di sangue, polvere e sudore.
Misi in un sacco i vestiti sudici e mi gettai sotto il getto caldo della doccia, mi lavai accuratamente e poi cambiai la fascia al braccio, misi dei vestiti puliti e andai a distendermi a letto.
Callum era sveglio, non ne fui meravigliato, ma ne ero segretamente felice, perché quando il mio corpo fu sotto le coperte, il suo mi venne vicino. Restammo in quel modo, abbracciati e stretti l'uno all'altro, in quel momento sentire il suo respiro, il suo calore, era tutto ciò di cui avevo bisogno, tutto quello che mi faceva sentire ancora un essere umano.
Ti amo, Callum.
Prima o poi mi sarei sentito abbastanza degno da poterglielo dire.

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