36. Welcome Home

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Nec tecum possum vivere nec sine te.
(Non posso vivere con te né senza di te, Marziale)


CALLUM


Il Natale, tanti anni fa, quasi in un'altra vita, era una delle mie feste preferite. Adoravo tutto del Natale: l'atmosfera, i regali, le luci, mamma e papà a casa dal lavoro, tutti per noi. Passavamo le serate in famiglia a giocare, a guardare i film d'animazione e rimpinzarci di dolci. Io e Celia avevamo il permesso di andare a letto tardi e crollavamo fra le braccia di nostro padre sul divano.
Questo era prima, questa era un'altra vita.
La casa dell'avvocato Loss era esattamente come gli altri giorni a Natale, asetticamente ordinata, silenziosa e triste, non c'erano luci, né l'odore di una cena fatta in casa. Io mi fissai allo specchio e dovetti fare i conti con il mio riflesso leggermente compiaciuto.
Non sarei rimasto in quella desolazione quella sera, non mi sarei sorbito l'ennesima cena con mia madre che mi odiava e l'avvocato Loss che parlava di stronzate solo per riempire il silenzio. No, quel Natale era diverso finalmente, avevo una scelta, avevo qualcuno e avevo ritrovato me stesso.
Sentii il cellulare vibrare per pochi istanti e mi resi conto di avere un messaggio da parte di Levin: Ehi, sono bloccato dai parenti e poi vado da Andrew. Tu stai bene? Buon Natale!
Sorrisi mentre spostavo lo sguardo verso la finestra, dove intravedevo la camera di Levin, mi affrettai a rispondere: Sì, va tutto bene, mi sto preparando per andare da Alencar. Penso che sarà una bella serata e spero che sia bella anche la tua. Buon Natale e salutami Andrew.
Ancora una risposta: Lo farò. Magari ci becchiamo domani, così mi racconti ;)
Gli dissi che andava bene, che mi sarei fatto sentire e posai il telefono nuovamente in tasca mentre tornavo con gli occhi allo specchio per fissare il mio riflesso. Forse avrei dovuto essere meno compiaciuto e felice, forse stavo riponendo troppe speranze su quella sera ma, forse, avere delle belle sensazioni per una volta non mi avrebbe ucciso.
Ha scelto te, ti ha chiesto di restare.
Quel pensiero fece accelerare i battiti del mio cuore, lei non era più comparsa, non era più desiderata e io finalmente potevo cominciare a vivere. Presi il pacchettino che avevo preparato e lo misi in tasca poi scesi le scale ed incrociai l'avvocato Loss vicino l'ingresso, con una bottiglia in mano.
- Dove vai? – chiese sorpreso – sto scaldando la cena e tua madre sarà qui a momenti
- Lo so, preferirei uscire prima di incontrarla – ammisi e questo lo stupì per la seconda volta.
- Callum, questa è una serata da passare in famiglia. So che è difficile fra te e tua madre ma dovresti almeno provarci – commentò dal suo pulpito di indifferenza.
- Ci provo da tutta la vita se proprio vuole saperlo, signore – commentai con una punta di rabbia - e di certo stanotte non ci sarà un miracolo ad attenderci – cercai di passare oltre ma lui sembrò intenzionato a trattenermi.
- Ma dove stai andando? – chiese ancora senza nascondere la sua disapprovazione.
- Da Alencar – confessai alla fine e il suo volto non fu mai sorpreso quanto quel momento.
Tacque per una manciata di secondi prima di avere il coraggio di indagare – e da quando vuoi due ... andate tanto d'accordo?
- Da un po' – risposi vago – abbiamo chiarito alcune cose e mi ha invitato da lui, passo il Natale lì
- Perché invece non lo convinci a stare qui! – disse ad un tratto – possiamo riunire la famiglia e passare una serata piacevole
Per un momento mi chiesi se fosse impazzito e dicesse sul serio, se credesse in quelle parole che a me sembravano tanto assurde. Non c'era nessuna famiglia lì, non c'era più niente e soprattutto Alencar non avrebbe mai accettato di rivederlo.
- Se vuole rimediare a qualcosa dovrebbe parlarne davvero con Alencar, ne ha persino avuto l'occasione per anni ma è sempre stato distante e ora si aspetta che io faccia da tramite – gli dissi mentre i suoi occhi mi fissavano irritati – non posso essere la sua arma per attirarlo qui. Penso di averle già detto che se voleva un figlio doveva comportarsi da padre
La mia risposta non gli piacque – non permetterti di giudicarmi ragazzino, non sai com'è stato ... perdere lei ...
- Invece conosco quel genere di dolore – mormorai interrompendolo – lo conosco bene e lo conosce anche Alencar, lei non è il solo ad aver perso qualcuno e dovrebbe smetterla di comportarsi come se solo il suo dolore sia degno di rispetto – quelle ultime parole lo ammutolirono – e ora vado da lui, Buon Natale
Quando mossi i primi passi fuori dalla casa la mia mente era sgombera e il mio corpo più leggero, sentivo di essermi tolto un altro peso dopo tanto tempo.

Suonai il campanello dell'appartamento di Alencar circa quaranta minuti dopo, non fu una lunga attesa, sentii i suoi passi e la porta aprirsi dopo nemmeno un minuto. Ci fissammo, quasi come se entrambi fossimo sorpresi di trovarci lì e poi lui si fece da parte per lasciarmi entrare.
Nemmeno la casa di Alencar era decorata, non c'erano luci o tracce del Natale ma proveniva un buon dalla piccola cucina e poi c'era lui, questo mi bastava.
- Ti ho preso una cosa – dissi attirando la sua attenzione mentre estraevo il pacchetto dalla tasca.
Lo avevo sorpreso, era evidente ma prese il regalo senza indugi – non dovevi farlo, io non ti ho comprato niente
- Non è un problema, l'ho visto ieri in una bancarella e l'ho preso – spiegai incitandolo ad aprirlo – non è niente di speciale, mi faceva piacere che lo avessi
Alencar cominciò a scartarlo ed in poco tempo si ritrovò con il mio regalo fra le mani, era un bracciale ispirato a quello dei vichinghi, era spesso e rigido completamente lavorato fino alla chiusura che culminava con due teste di serpete che si fissavano. C'era una distanza sufficiente per allargarlo e metterlo al polso ma lo vidi indugiare mentre se lo rigirava fra le mani.
- Non ti piace? – chiesi leggermente preoccupato – non devi metterlo se non ti piace, non so ... l'ho visto e ho pensato che fosse carino ma
- Callum – mi interruppe – me lo metteresti?
Restai interdetto per qualche istante mentre lo guardavo passarmi il bracciale e porgere il polso sinistro verso di me, mi riscossi e con un po' di pressione infilai l'anello. Eccolo lì, quello strano bracciale adesso adornava il braccio di Alencar e gli conferiva un'aria ancora più pericolosa di prima.
Ma tu hai smesso di tremare.
Assurdo ma vero, avrei dato del folle a chiunque mi avesse detto una cosa del genere, io che mi lasciavo accarezzare da Alencar, che mi lasciavo sfiorare da quelle dita e mi sporgevo per sentire il suo profumo. Quell'intero momento che stavo vivendo mi sarebbe sembrata pura fantascienza solo qualche settimana fa ma adesso mi sembrava l'unico istante che contasse davvero.
Sfiorai le sue labbra con le mie come se fossi in una specie di trance, totalmente perso nei suoi occhi verdi, sentii le sue dita percorrermi la schiena. Non ci baciammo davvero, strofinammo delicatamente la nostra pelle l'una contro l'altra, la punta del naso, il mento, le guance e le labbra, come due animali che si incontrano per la prima volta e cercano un legame.
- Hai fame? – sentii quella domanda provenire da lontano anche se me l'aveva sussurrata all'orecchio.
Ero così immerso in mille sensazioni che ci misi un po' a connettere – sì ...- sibilai alla fine ma forse non intendevamo lo stesso tipo di fame.
Ci allontanammo a malincuore e lo seguii fino in cucina dove la cena fu tranquilla ma non priva di sguardi intensi. Dopo tanti anni a quel tavolo mi sembrò di percepire qualcosa che non sentivo da tempo: il sapore del cibo, la morbidezza della carne, il gusto delle spezie, le patate soffici.
- Tutto ok? – mi chiese mentre versava del vino.
- Sì ...- ammisi con grande sorpresa – è tutto così buono
- E' una ricetta di mia madre – confessò – la preparava ogni anno a Natale, il suo arrosto era fisso nel menù
- Ti manca? – un tempo non avrei mai osato rivolgergli una domanda del genere ma ormai non avevo paura.
- Certe volte – ammise – penso che se vedesse chi sono diventato, ne sarebbe disgustata
Allungai una mano verso di lui ed intrecciai le nostre dita – sono certo che sarebbe solo preoccupata per te, come lo sono io. Non voglio che ti succeda qualcosa di brutto ...
Lo vidi sul punto di replicare ma il suono del campanello attirò la nostra attenzione, Alencar si sollevò con lo sguardo serio e l'aria guardinga, mi fece segno di restare fermo mentre si dirigeva verso l'ingresso con passo cauto.
Restai immobile con il cuore che mi batteva forte, sentii la porta cigolare e poi una voce squillante che urlava i suoi auguri. A quel punto mi mossi e, timidamente, feci capolino dalla porta della cucina, nel salottino c'era un altro ragazzo. Aveva la corporatura più massiccia di quella di Alencar, con i capelli castani e rasati, stava tenendo in mano una bottiglia di liquore mentre con l'altro braccio circondava le spalle del rosso.
- Dovresti ringraziarmi, sono venuto qui a salvarti dalla tua anima cupa e trascinarti in giro con me – esclamò pimpante – fuori è fantastico, c'è una serata perfetta e non farai la muffa in casa da solo! Se tu fossi in vena ... potremmo anche trovarci compagnia ...
- Ma non lo sono – rispose Alencar scostandosi e accennando un sorriso – né da solo né in vena di cercare compagnia. Lo sapresti se telefonassi invece di piombare qui, Miles
A quel punto l'altro ragazzo spostò lo sguardo alla ricerca di qualcosa e dopo poco mi individuò accanto alla porta, abbozzò un sorriso imbarazzato.
- Ma ciao! Sei ... non hai la ... - tentò di dire indicando i capelli.
Mi ritrovai leggermente in imbarazzo, evidentemente gli amici di Alencar sapevano di lei e di me – sono Callum – replicai prontamente - piacere di conoscerti
A quel punto lui abbozzò un sorriso e si avvicinò con la mano tesa – Miles, io e Alencar facciamo casini insieme da più di un secolo
- E ora potresti anche andare a farli da solo – commentò Alencar indicandogli la porta.
- Ma guardati, io vengo qui e ti porto una bottiglia di Rum pregiatissima e tu mi sbatti fuori! Che bell'amico che ho – cominciò a brontolare.
- Solo un bicchiere e poi te ne vai – si arrese Alencar, lo vidi lanciarmi un'occhiata – non ti dispiace, vero?
Io scossi la testa – certo che no

Non fu solo un bicchiere, anzi, finimmo per bere tutto il Rum della bottiglia e ridere come idioti per ore sul divano. Miles era uno dei ragazzi più spiritosi che avessi mai incontrato e persino Alencar non riusciva a mantenere la sua aria seria davanti a lui. Cominciarono a raccontare aneddoti sui vecchi tempi, la scuola, i pomeriggi passati a casa di Alencar e parlarono persino di lui. Jonas venne fuori insieme ai numeri discorsi sulla loro adolescenza e, nonostante il dolore per la sua perdita, non smisero di parlarne. Rivivere quei momenti, quella vecchia gioia, sembrò renderli più giovani e spensierati, sembrò riuscire a connetterli con una parte di loro che stava scomparendo.
- Quest'uomo – disse Miles paonazzo indicando Alencar – è l'uomo migliore che io abbia mai conosciuto! E darei la vita per lui! – dichiarò trattenendo a stento un conato di vomito.
Io risi leggermente stordito dall'alcol e Alencar scosse la testa.
- Tu sei solo ubriaco e io stanco, quindi diamoci un taglio – esclamò sollevandosi dal divano.
- Ok, ok, tolgo il disturbo – concordò Miles tentando di mettersi in piedi ma barcollò.
- Lascia perdere, resta qui stanotte, ubriaco come sei non arriveresti vivo nemmeno al portone – commentò Alencar e lo aiutò a stendersi togliendogli le scarpe.
Io presi una coperta e un cuscino, lo sistemammo il più comodamente possibile mentre ormai Miles si era abbandonato ad un sonno comatoso.
Alla fine andai in camera da letto senza dire niente, sentivo che Alencar era dietro di me e questo mi fece rabbrividire leggermente. C'erano tante domande che avrei voluto fare, proprio su quella sera, ma, quando sentii le sue mani posarsi sui miei fianchi, quelle parole mi si bloccarono in gola.
Cosa ne sarà di noi? Cosa stiamo facendo?
Mi fece voltare e i nostri occhi erano alla stessa altezza, grigio e verde, vedevo il mio riflesso nelle sue pupille mentre l'oscurità di quella camera ci avvolgeva. Finalmente le nostre labbra si erano toccate, era stato Alencar a baciarmi e muovere la lingua per cercare la mia.
- Ti viglio Callum –
Cosa sono diventato per te?
Le sue dita stavano cominciando a sbottonare la mia camicia mentre io appoggiavo la schiena alla parete ed infilavo le mani fra i suoi capelli. I baci ardenti continuarono e io mi ritrovai con il petto nudo mentre sentivo i suoi polpastrelli sfiorarmi la pelle e l'addome fino alla linea dei jeans.
Le sue labbra si allontanarono dalle mie e la mia gola produsse un suono basso, come un rantolo, un lamento che voleva dirgli "non lasciarmi", ma lui si scostò e si inginocchiò davanti a me. Quella visione mi provocò una spaventosa sensazione di calore, sentivo le guance in fiamme e lo era anche l'erezione che Alencar stava liberando. Era davanti a lui, a pochi centimetri dalle sue labbra e lui la prese, circondò il mio sesso e iniziò a stimolarlo con la lingua mentre le mie ginocchia tremavano leggermente.
- Al-lencar – non riuscivo nemmeno a parlare, mi ritrovai a chiudere gli occhi e abbandonarmi a quel massaggio bagnato, sentivo di non potermi trattenere, che mi sarei sciolto.
Lui si fermò, doveva avere una percezione molto precisa di quanto mi stesse mandando fuori di testa, lo vidi accennare un sorriso mentre mi spingeva ancora di più i pantaloni e l'intimo verso il basso, fino a sfilarli dalle mie gambe. Adesso indossavo solo la camicia sbottonata ed ero totalmente esposto sotto il suo sguardo.
Ancora Alencar, non fermarti.
Lo sentii baciarmi la pelle del basso ventre e poi le sue mani mi fecero voltare, appoggiai la fronte alla parete fresca mentre sentivo le labbra di Alencar sfiorarmi le natiche.
- Ah ... - gemetti alla fine, volevo controllarmi ma non ci riuscii.
Sentivo la lingua di Alencar infilarsi dentro di me, bagnare la mia apertura e stimolarmi tanto da farmi tremare le ginocchia. Poi lo sentii mettersi in piedi e due dita presero il posto della sua lingua.
- Rilassati – soffiò al mio orecchio.
Ed io lo feci, presi un respiro e poi espirai, smisi di pensare a tutto ciò che mi faceva paura e mi concentrai unicamente su di lui, su di noi.
Alencar si muoveva lentamene dentro di me, il mio corpo era schiacciato fra il suo e la parete, un caldo bollente contro il muro freso. La sua mano destra era scivolata lungo il mio fianco e si era posata sulla mia erezione, in modo da accompagnare le sue spinte con un lento massaggio. L'altra mano mi accarezzava le spalle e il collo, sentivo le dita fra i capelli e poi mi sfiorò le labbra. Io aprì la bocca e succhiai i suoi polpastrelli mentre sentivo il piacere crescere dentro di me. Avevo iniziato a spingere anche io senza rendermene conto, i miei fianchi si muovevano per cozzare più forte contro i suoi e di lì a poco non riuscii più a trattenermi.
Venni con un gemito masso mentre la sua mano stringeva ancora il mio sesso, sporcai entrambi mentre sentivo il mio seme bagnato e dopo poche altre spinte anche Alencar toccò l'apice.
Lo sentii uscire lentamente e una parte di me ne fu dispiaciuta, avrei voluto restare in quella posizione per tutta la notte, stretto fra il calore del suo petto e quella parete.
Mi voltai e mi resi conto che anche lui era provato ma ancora desideroso, i suoi occhi erano lucidi di desiderio, si liberò del preservativo e mi trascinò nuovamente verso di sé, questa volta entrambi finimmo sul letto.
Mi distesi su di lui, infilando il viso nell'incavo del suo collo, le nostre gambe erano intrecciate e sentivo il suo piede solleticare il mio.
- Se questo è un sogno non svegliarmi – mormorai più all'universo che a lui.
Sentii una mano sfiorarmi la schiena – un altro dei tuoi sogni così vividi da sembrare veri?
Io sorrisi e annuì – l'altra notte ne ho fatto uno nuovo, stavamo camminando lungo il molo a Coney Island, poi abbiamo fatto l'amore sulla spiaggia ...
Le sue gambe si mossero, imprigionando dentro le mie – e tu cosa pensi di questi sogni?
- Che sto cominciando ad avere un'immaginazione dannatamente malata visto che penso a te tutte le notti – risposi voltandomi per nascondere meglio il mio imbarazzo, poi fui colto da un brivido di paura – certe volte ho paura che lei torni, sto persino evitando mia madre di proposito ...
- Se dovesse tornare ti riporterei indietro – disse passando una mano sul mio viso e incatenando i miei occhi ai suoi.
- Sono così importante per te? – chiesi dando voce ai miei pensieri, senza riflettere se potessi permettermi o no quella domanda – cosa stiamo facendo Alencar?
- Stiamo vivendo, cerchiamo di restare in vita in questo gran casino e ti prometto che farò il possibile per tenerti al sicuro, questo posto è anche casa tua
- E tu non farti uccidere, ok? – dissi in un sussurro stringendolo ancora di più a me – non lasciarmi solo, mai.
Poi tornammo a baciarci e nel buio di quella camera i nostri corpi tornarono a danzare e stringersi, preda di una nuova eccitazione che non sarebbe svanita immediatamente, anzi, ci avrebbe imprigionati finchè avessimo avuto la forza di muoverci.


ANDREW


Il tepore dell'acqua calda e del vapore sulla pelle provocava in me una sensazione di puro sbandamento. Avevo gli occhi chiusi e il viso rivolto verso l'altro, i massaggi di Levin mi stavano facendo rilassare, sospiravo piano ad ogni suo tocco mentre mi insaponava e, di tanto in tanto, mi passava le sue braccia intorno alla vita, appoggiandosi contro le mie spalle.
- Ah, come ci voleva questa doccia calda ... - lo sentii sussurrare appena
Mi voltai con un sorrisino divertito ed incantato impresso sulle labbra. Non riuscivo ad abituarmi alla vista di Levin nudo, era stupido pensare che avessi dei grossi problemi perfino con Levin vestito, non ero un ragazzino alle prime armi, eppure ero stato travolto senza rendermene conto e in un lasso di tempo brevissimo.
- Ti avrei fatto provare la vasca idromassaggio se non fossi così impaziente di riportarti a letto – dissi e tornai a baciarlo piano, con estrema lentezza ed attenzione.
- Furbo – Levin sospirò, la sua pelle scottava ed i suoi occhi avevano preso un colore scuro.
- Hai le pupille dilatate. Ho letto da qualche parte che questo fenomeno succede quando hai davanti una persona che ti attrae, quando desideri averla – dissi sommessamente, godendomi l'espressione prima divertita e poi lievemente imbarazzata apparire sul viso di Levin
- Ah, davvero?
- E non puoi far niente per controllarlo. Affascinante quanto si può scoprire da un semplice sguardo, vero?
Levin non mi permise di continuare, tornò a baciarmi con più passione, quasi con violenza. Assaporò la mia bocca con la sua lingua, costringendola in una danza concitata che mi fece mugolare e mi eccitò immediatamente. Faceva caldo adesso, mi sentivo sul punto di venire inghiottito da qualcosa di forte ed estraneo, un abisso che si apriva ai miei piedi e al quale ero attratto da una forza magnetica. Volevo cadere e volevo trascinarmi dietro Levin ad ogni costo. Adoravo tutto di lui, adoravo i suoi silenzi, adoravo strappargli una risata spontanea, adoravo il suo corpo e quello che era capace di provocare in me, adoravo ancora di più sentirlo suonare nei momenti di calma dopo che facevamo l'amore. Lo faceva spesso ormai ed io lasciavo la mia vecchia chitarra in bella vista proprio per incoraggiarlo.
Mi ero abbassato, le ginocchia toccarono il marmo duro del box doccia, l'acqua calda continuava a scendere sui nostri corpi mentre il vapore cresceva, ci isolava da tutto, mondo compreso. Ogni oggetto perdeva i suoi contorni, tutto si faceva sempre più distante ed impalpabile, ma non Levin. Lui era presente in tutta la sua forza. Avevo iniziato a leccare la sua entrata, a farmi strada quanto più potevo, eccitato dai suoi gemiti, dalla tensione dei suoi muscoli, le spalle larghe e le braccia piegate in avanti per reggersi in piedi.
Levin aveva iniziato a toccarsi per aumentare quel piacere che avrei fatto crescere attimo dopo attimo. Lo volevo in un modo spaventoso e del tutto nuovo, lo volevo come non avevo mai voluto nessun'altro prima di quel momento. Non volevo conquistare soltanto il suo corpo, desideravo conquistarlo in tutta la sua interezza e per un tempo talmente lungo da dimenticare il resto. Non esistevano problemi quando ero con lui, né incertezze.
Mi ero sollevato ed ero entrato in lui con un movimento fluido, una spinta precisa che ci aveva fatto gemere insieme, per poi lasciarci senza fiato. Mi ero aggrappato ai suoi fianchi, spingendogli il viso contro la parete della doccia e avevo aumentato le spinte all'inverosimile.
- A-Andrew ...
I suoi gemiti suonavano come musica, riuscivano a raggiungere una perfezione che rasentava quella stessa melodia che veniva fuori dalla sua chitarra. Non volevo sentire altro, soltanto i nostri respiri spezzati e quella stretta intorno a me che mi invitava ad entrare quanto più potevo, a spingere su quel punto perfetto che costringeva Levin a gemere più forte, quasi a piegarsi per il troppo piacere.
- Dimmi che mi vuoi – lo incalzai a fatica. La mia mente era alla deriva
- Ti voglio
- Dimmi che sono tutto ciò che vuoi – dissi ancora, senza smettere di muovermi dentro di lui con decisione, ad un ritmo meraviglioso.
- S-sei tutto ciò che voglio – ripeté lui con una fatica immane, aveva portato le braccia indietro per provare a stringere la prima di parte di me che gli fosse capitata sotto tiro. Così afferrai la sua mano e la presi nella mia, in una morsa che si faceva sempre più stretta a mano a mano che perdevo il controllo su quelle spinte. Ero venuto un attimo dopo, l'orgasmo mi aveva travolto con la stessa violenza delle onde in un mare in tempesta. Mi aveva lasciato stordito e senza fiato, ancora sotto quel getto bollente che mi sferzava la schiena e parte del viso.
Mi ero appoggiato a lui, avevo sentito le sue braccia chiudersi intorno alle mie spalle e le sue labbra sul mio collo. Eravamo senza respiro e appagati allo stesso tempo.
Uscire dalla doccia un paio di minuti dopo era stato un toccasana. L'aria un po' più fresca di quella respirata nel cubicolo della doccia mi sferzava il viso, seguii i movimenti di Levin con lo sguardo. Lo vidi asciugarsi con uno dei miei accappatoi, passarselo sui capelli biondissimi e morbidi, per poi scendere giù.
- Dovremmo andarcene – dissi in un'illuminazione
- Andarcene? – Levin sollevò un sopracciglio e mi fissò
- A capodanno, intendo. Fare un viaggio ...
Avevo parlato in fretta, ma non così tanto da aggiungere che non avevo mai fatto una vacanza con nessuno dei miei ex prima di allora. Se non volevo considerare le missioni con Alec, ma quelle non potevano essere enumerate tra i viaggi di piacere.
- E dove vorresti andare? – chiese Levin, con un tono quasi scettico
- Tu? Puoi scegliere tu. A me va bene ovunque
Non mi aspettavo una risposta affermativa, invece lo vidi fare spallucce – Andiamo su un sito di voli, vediamo cosa ci può ispirare. Direi non troppo lontano, visto che non avremo molto tempo per stare fuori
Ero senza parole, ma in un modo tutto positivo. Non me lo lasciai ripetere due volte, ci coprimmo in fretta e furia e lasciammo il bagno per tornare di nuovo in stanza. Presi a trafficare con il computer quando Levin si scostò dalla scrivania e si diresse verso il letto
- Andrew, qualcuno continua a chiamarti da ore ...
- Ma sì, è Natale, vorranno farmi gli auguri
- E' sempre lo stesso numero però ... guarda, hai sei chiamate perse. Mi sembra un po' eccessivo chiamarti ogni dieci minuti soltanto per dei cazzo di auguri
Le sue parole mi fece irrigidire, mi sollevai in fretta e afferrai il cellulare che Levin mi stava passando. Immediatamente venni sommerso da un'ondata di panico, riconoscevo quel numero.
- Chi è? Che c'è?
Silenzio. Non riuscivo a pensare come avrei dovuto, non avevo idea di quello che succedeva al resto del mio corpo, ma ero già sfrecciato verso l'armadio e mi stavo vestendo con le prime cose che mi passarono tra le mani
- Andrew?
- Vestiti, muoviti. E' la madre di Aiden.
Non vidi il suo volto, feci di tutto per non incontrare il suo sguardo e tutto quello che temevo di poterci vedere dentro. Continuai a vestirmi in tutta fretta con il cuore che mi martellava in petto ad un ritmo tanto veloce e spaventoso da lasciarmi senza respiro.
- Devi richiamarla ... per sapere se lui
- C'era anche un messaggio. Aiden si è svegliato. Vuoi darti una mossa o no? Cazzo!
Ero stato brusco senza volerlo, gli avevo quasi urlato addosso.
- Scusami. Q-questa cosa mi ha preso alla sprovvista – mi scusai
Levin scosse la testa, si stava vestendo anche lui e non disse neanche un'altra parola.
Cinque minuti dopo eravamo già in auto, in partenza verso l'ospedale. L'atmosfera non era mai stata così pesante tra di noi, almeno non nell'ultimo periodo in cui eravamo usciti insieme. La mia testa era già andata avanti, a quel futuro sconosciuto e spaventoso che prevedeva Aiden e la signora Berg e i medici. Aiden si era svegliato dopo quasi un mese e mezzo di coma. Ero felice, sarebbe tornato alla sua vita, forse lentamente, ma ce l'avrebbe fatta. Eppure quel pensiero non riusciva a darmi il sollievo che pensavo mi avrebbe dato. C'era ancora un buco oscuro dentro di me, fatto di sensi di colpa e inadeguatezza ... il pensiero di ritrovarmi gli occhi di Aiden addosso mi atterrì. Mi odiava ancora? Come mi sarei regolato con lui?
Non avevo avuto tempo per prepararmi a qualsiasi cosa sarebbe successa da quel momento in poi, c'era solo buio sulla mia strada. Incertezze ad ogni angolo, grossi silenzi che si dipanavano proprio come stava già succedendo. Sapevo che avrei dovuto dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma le parole non volevano saperne di uscire dalla mia gola, erano intrappolate nel caos dei miei pensieri spezzati.
Quando lasciammo l'auto sentii Levin tentennare accanto a me, mi voltai verso di lui ma senza fermarmi
- Forse non dovrei ...la signora Berg ha chiamato solo te
- Sbrigati, non importa. Eri con lui quella notte e gli sei stato accanto dopo
Lo spinsi in avanti, infondendogli un coraggio che neanch'io possedevo in quel momento. Era solo una recita per andare avanti nel modo più semplice. Era ormai mattina inoltrata, l'ospedale si era risvegliato ed era pieno di codici vedi, arancio e rossi, c'era un via vai assurdo di barelle e dottori, ma niente poteva spezzare il silenzio del reparto di terapia intensiva che sembrava isolato dal resto del mondo, in una bolla tutta sua.
Camminavo a passo svelto e apparentemente deciso, ma tremavo dentro, ad un livello più profondo del mio essere mi sentivo perso e terrorizzato. La madre di Aiden era lì fuori, davanti alla finestra che dava sulla stanza del figlio, il suo viso era pieno di emozione e fece caso a me soltanto quando fui molto vicino.
I suoi occhi brillavano di una gioia che aveva perso per troppo tempo, andai ad abbracciarla e la sentii singhiozzare forte
- E' sveglio. Il mio bambino è tornato da me ...
- I-io ... è veramente bello. Mi dispiace di non aver letto il messaggio prima, ma è stata una notte
- Non importa, tutto ciò che conta è che si è svegliato – mi interruppe lei, adesso ritraendosi per ricomporsi appena
- Come sta? Cos'hanno detto i medici? Lo ha già visto? Avete parlato? – troppe domande disperate
- Sì, è una fase molto delicata, sono stata un po' con lui, ho provato a parlarci, ma è ancora molto scosso, deve riabituarsi a tutto questo ... - aprì le mani – i dottori lo stanno esaminando ancora. Pare che la riabilitazione sia lunga in casi come questi, non ci resta che stargli accanto il più possibile. Parlargli, aiutarlo ad acquistare di nuovo una consapevolezza di quello che succede. Forse presto tornerà a parlare, a muoversi ... ma al momento deve solo stare calmo. Guarda, vieni ... da qui si vede
Avanzai con un nuovo senso di panico nel petto. La finestra che dava sulla sua stanza aveva le tende sollevate. Aiden era sul letto, i suoi occhi erano aperti, controllavano i movimenti dei due dottori che lo visitavano. Rimasi a fissarlo in silenzio, avevo una morsa alla gola e gli occhi che pizzicavano. Ero talmente stravolto da quella visione che non riuscivo a formulare un solo pensiero sensato ... non era lo stesso Aiden che ricordavo, ma tutto sommato era vivo ... le ferite erano guarite nel corso della sua degenza, sembrava stare perfino bene fisicamente.
- Sono davvero contento per lui, per voi ... sono stati dei mesi terribili – dissi sottovoce, quasi a fatica
- Sono certa che da ora in poi andrà tutto bene. Qualsiasi cosa ci sarà da fare la faremo per lui. Insomma, so che sarà una strada in salita, i medici mi hanno già detto più volte che Aiden avrà bisogno di aiuto e di assistenza e che sarà un periodo difficile per tutti, ma non importa ... è vivo e non ha riportato danni permanenti, tutto il resto può risolversi – disse la donna, commossa - sai ha detto un paio di parole prima. Ha parlato con Keno ... lo ha riconosciuto. L'ho capito dal suo sguardo ...
Altre lacrime, le passai un braccio sulle spalle – E' un bene, no? Avremo pazienza, gli staremo accanto
E mentre pronunciavo quelle parole mi voltai indietro, in cerca di Levin. Rimasi stupito nel constatare che lui non era lì, non era da nessuna parte. Non mi aveva seguito e non me ne ero reso neanche conto.
- Vuoi vederlo? Forse stanno finendo
Annuii, i dottori stavano lasciando la stanza con le loro cartelline, parlavano fitto fitto quando vennero fuori e si fermarono accanto a noi
- Visite brevi, mi raccomando. Cercate di parlargli con calma ed evitate le domande. Può essere stressante per lui al momento non riuscire a rispondervi come vorrebbe.
Ringraziammo ed io seguii la donna oltre la porta. Aiden ci guardò e non c'era niente di riconoscibile nel suo sguardo, sembrava lievemente perso, forse impegnato a combattere una battaglia silenziosa nella sua mente. Cosa doveva provare in quel momento? Ricordava qualcosa?
- Tesoro ciao ...
Lo stava accarezzando piano, mentre gli occhi di Aiden erano ancora puntati su di me che stentavo ad avanzare.
- Ciao – dissi alla fine, sedendomi accanto al suo letto. Avrei voluto toccargli il braccio, ma non osavo, non volevo spaventarlo.
Poi aveva fatto un piccolo sorriso, quasi invisibile, ma c'era stato.
- Siamo qui per te, tesoro. Andrà tutto bene – lo rassicurò la madre, ancora commossa – Andrew ha fatto molto per te, sai? Ti è stato accanto per tutto questo tempo. Non sei mai stato solo ...
Parole dolci e rassicuranti, avrei voluto trovarne qualcuna anch'io, ma rimasi immobile, a sorridere verso quel ragazzo che stava ad ascoltarci, incapace di rispondere.
- Presto ti dimetteranno, potrai tornare a casa.
Aiden fece un cenno del capo, stava annuendo, voleva tornare a casa. La morsa al mio petto si sciolse appena e con questa anche la mia rigidezza. La mattinata trascorse serena, Aiden si fece dare da bere e qualche volta accennò ad un sorriso.
Andrà tutto bene, continuai a ripetermi da solo, nella mia mente.


KENO


Le vacanze erano finite troppo in fretta, adesso che Aiden era sveglio tornare a scuola era ancora più snervante. Durante le feste eravamo rimasti insieme più tempo possibile, ora invece mi toccava riprendere con la scuola.
Non per troppo tempo.
Era l'unica cosa che riuscivo a pensare, non volevo passare lì dentro più del necessario e imboccai il corridoio della segreteria, avevo qualcosa da fare.
- Keno!
Mi voltai sentendo chiamare il mio nome, era Callum. Mi diedi dell'idiota nel momento stesso in cui lo vidi avvicinarsi, non ci eravamo sentiti per tutte le vacanze ma non sembrava turbato. La cosa che apprezzavo di lui era proprio la sua calma, chiunque al suo posto mi avrebbe fatto una scenata mentre lui si avvicinava con uno sguardo tranquillo.
- Cristo, Callum – mormorai passandomi una mano sul volto – mi dispiace, non ti ho nemmeno chiamato in queste vacanze ...
L'altro scosse la testa – non fa niente, non dovevamo vederci per forza. Ero solo preoccupato, ma ora che ti ho visto mi sento più tranquillo. Ti vedo ... insolitamente bene
Sorrisi e scossi la testa – ma non lo sai?
A quel punto l'espressione sul volto di Callum si fece interrogativa – cosa?
- Aiden! – esclamai senza trattenere la gioia che provavo davanti a quella notizia – si è svegliato, a Natale. Sono praticamente stato da lui ogni giorno
Lui scattò in avanti e mi abbracciò, sentii le sue braccia stringermi forte – sono così felice per lui, per te. Davvero è una notizia fantastica
- Credevo che Levin te lo avesse detto – dissi con una punta di stizza.
- Anche lui non si è fatto sentire molto, gli ho scritto ma non ha risposto – mi riferì.
- Forse era troppo impegnato con il suo nuovo spasimante – commentai acido – non si è fatto vivo nemmeno in ospedale
Il volto di Callum si rabbuiò e io notai che non aveva chiesto di cosa stessi parlando, evidentemente sapeva.
- Andavi da qualche parte? – ripresi cambiando argomento e lui scosse la testa.
- No, ho la pausa prima della prossima lezione
- Ok, allora vieni con me in segreteria e poi ce ne stiamo un po' in cortile – lo invitai.
Così entrambi terminammo il percorso fino alla stanza dove la segretaria stava trascrivendo al computer alcuni documenti. Appena ci vide si fermò e ci dedicò un sorriso gentile.
- Posso aiutarvi?
- Mi chiamo Keno Schulz – dissi secco – dovrei rivedere il mio piano di studi e modificare le materie dei crediti extra
La donna digitò il mio nome nel database della scuola – oh, vedo che hai proprio un bel calendario. Cosa vuoi modificare? –
- Voglio abbandonare tutti i corsi che seguo tranne quelli obbligatori per finire l'anno
Silenzio.
La donna mi fissava sconvolta come se non avesse capito o non volesse credere a quello che aveva sentito, persino Callum mi fissava incredulo.
- Keno, ma sei sicuro? – fu proprio lui a rompere il silenzio.
- Guarda che se chiudi prima degli esami di metà anno perderai tutti i crediti, hai lavorato tanto per niente – continuò la segretaria – le verifiche si terranno a febbraio, non vuoi proprio rimandare?
- No, ho deciso – dissi sicuro – non ho tempo per quei corsi, tolga tutto e mi stampi il nuovo orario
A quel punto lei non replicò, cancellò i corsi che mi avrebbero garantito una borsa di studio per il college e per i quali avevo faticato tanto, lasciando solo le materie base. Stampò il nuovo calendario della settimana e mi ritrovai con un orario abbastanza ridotto da poter passare più tempo con Aiden. Era tutto quello che volevo adesso, tutto quello che contava davvero.
Adesso posso prendermi cura di lui.
- Non discuterò la tua scelta – riprese Callum quando uscimmo dalla stanza – spero solo che tu ci abbia riflettuto bene. Mi hai detto quanto ci tenessi ad un futuro diverso e ambizioso, certo hai sempre il prossimo anno scolastico, però quei corsi erano importanti ...
- Sai, di recente ho rivisto le mie priorità. Quello che è successo ... - il solo ricordo mi ferì – devo stare con lui, è l'unica cosa che mi fa stare bene adesso
Ancora una volta Callum mi dedicò il suo sguardo piano di comprensione – lo capisco, allora hai fatto la scelta giusta

Non ero così sciocco da credere di passarla liscia, ma beccare i miei genitori appena entrato dalla porta di casa era un impedimento più grosso del previsto.
- Keno! – la voce di mia madre accompagnò il mio tentativo di salire in camera mia e mi fece arrestare il passo.
- Cosa? – mormorai svogliatamente.
- Ha chiamato la scuola – disse molto seriamente e anche mio padre si accostò a lei - hanno detto che hai rinunciato a tutte le materie extra, ci hanno chiesto se a casa fosse successo qualcosa!
Inspirai, conoscevo bene quel genere di discorso – non intendo tornare sui miei passi, ho lasciato le materie perché non avevo più voglia di seguirle, i miei voti erano già calati
- Per Aiden! – mia madre pronunciò il suo nome come se fosse un'accusa.
Stavo per ribattere ma mio padre prese la parola – ti comporti come se lui avesse solo te, ma ha una famiglia Keno e anche tu. Ti abbiamo visto poco e niente in queste vacanze. Adesso che si è svegliato potresti anche allentare un po' dato che non è più in pericolo di vita, invece ... la scuola ci dà notizie come quella. Devi guardare al quadro generale e pensare anche a te stesso
Non potevo farlo, semplicemente il mio cervello era fermo sul qui e ora per poter pensare al futuro. Uno step alla volta, prima l'incidente, poi il coma e ora la riabilitazione, ogni giorno un nuovo tassello da aggiungere. Una parola in più, un ricordo recuperato, un gesto, era così adesso, basta con i castelli in aria e i sogni egoisti. Avrei affrontato ogni giorno accanto ad Aiden finchè non sarebbe ritornato ad essere il mio migliore amico.
Un secondo alla volta, una parola alla volta, un nome alla volta, un gesto alla volta.
E un giorno lo avrei guardato e avrei rivisto il vecchio Aiden ma non mi serie mai perso nessuno degli innumerevoli secondi che c'erano voluti per raggiungere quel momento.
- La signora Berg non può fare tutto da sola e il padre di Aiden è un coglione – commentai e proseguii lungo le scale.
Entrai in camera mia dove posai lo zaino e presi un po' di roba che poteva servirmi, avevo messo nuova musica nel mp3 di Aiden e avevo fatto degli album con le vecchie foto di gite e viaggi con gli amici. Infilai tutto nello zaino al posto dei libri e tornai giù dove i miei se ne stavano ancora rigidi vicino le scale.
Sfrecciai oltre le loro figure prima che potessero dire altro, mia madre probabilmente si sarebbe lamentata ancora e io non avevo voglia di sentire stronzate, sapeva solo criticare.

Il corridoio dell'ospedale ormai mi era sempre più familiare, persino la strada fino alla camera di Aiden, potevo percorrerla ad occhi chiusi. Mi ritrovai in breve tempo dietro la porta e, prima di bussare, ascoltai delle voci provenire da dentro la camera, i genitori di Aiden.
- Casa tua non è adatta, per non parlare della vecchia camera – disse Alan – dobbiamo rendere il percorso il più agevole possibile.
- Serve un posto al piano terra, almeno finchè non riuscirà a fare a meno della sedia a rotelle. E siamo così lontani dall'ospedale ... – commentò la donna.
- Dovremmo trovare un posto qui vicino, un appartamento comodo per Aiden – concordò il marito.
Altri guai, inspirai chiedendomi se potessero mai finire e poi bussai piano aprendo la porta. I genitori di Aiden erano sulle sedie di fronte al letto mentre il mio amico teneva gli occhi chiusi e sembrava assopito.
- Disturbo? – chiesi alla donna- sta dormendo? –
- Ah non preoccuparti Keno, sai mi stava chiedendo di te prima – la vidi sollevarsi e andare accanto al figlio, passargli una mano sulla fronte e chiamarlo piano – Aiden ... guarda chi è venuto a trovarti
Vidi il mio amico aprire lentamente gli occhi e voltare la testa nella mia direzione, osservare quegli occhi azzurri schiudersi mi faceva ancora un certo effetto. Lo vidi tendermi la mano e io mi affrettai ad andargli vicino e stringerla, poi gli posai un bacio sulla fronte.
- Keno ...
- Ehi, come te la passi?
- Vi lasciamo chiacchierare – disse la donna ed entrambi uscirono dalla camera.
Io tornai con lo sguardo su Aiden e lo vidi aprire la bocca – acqua ...
Annuii e presi il bicchiere d'acqua fresca poggiata sul comodino con la cannuccia dentro, glielo avvicinai e lo aiutai a mettere il cilindro in bocca, diede due piccoli sorsi.
- Grazie ...
- Cosa ti va di fare oggi? Vuoi vedere delle foto o leggere i fumetti? – chiesi mentre mi sedevo accanto a lui sul letto.
- Andrew ha letto i fumetti – rispose lentamente – guardiamo le foto
Eccolo lì, quel nome che saltava fuori sempre più spesso e mi provocava un nervosismo difficile da tenere a bada. Ma dovevo farlo, dovevamo tutti andare d'accordo per il bene di Aiden.
- Viene spesso? – domandai sapendo di stare rigirando il coltello nella piaga.
- Ogni mattina
- Sai, anche io sarò qui più spesso – gli dissi sorridendo – domani pensavo di pranzare insieme, cosa vuoi portato dal mondo esterno?
Lui fece un'espressione leggermente preoccupata – la scuola?
- Non preoccuparti – lo rassicurai – e poi non mi faccio di certo battere da Andrew
Sorrisi ma capii ancora una volta che il mio amico aveva altre domande per me, quel genere di domande che avevo provato ad evitare per giorni.
- Perché Andrew fa questo? – chiese confuso – noi siamo amici? Io penso ... non lo so ... io e lui
- State insieme da due anni – risposi secco – lui è sempre in giro, fa il pilota di caccia
Vidi Aiden annuire lentamente – missioni ...
- Sì, tutte quelle missioni. Ma ti porta sempre dei regali da tutto il mondo e ora è in congedo, per stare qui con te
Quante stronzate.
Ma il dottore aveva parlato chiaramente, in quel momento Aiden non poteva sopportare stress, doveva condurre una vita serena e rimettersi in forze. La sua mente era più provata del suo corpo e non poteva permettersi di conoscere la realtà. Non poteva gestire tutte le stronzate di Andrew, i silenzi, il dolore che gli aveva procurato, la distanza e il non sentirsi mai abbastanza per quel coglione. Non poteva sapere che lo aveva tradito con un altro, lo stesso ragazzo su cui aveva riposto tutte le sue speranze e che ora non si faceva nemmeno vedere in ospedale. Non doveva sapere che alla fine con Aiden era andata a puttane nel peggiore dei modi e che quell'ingrato adesso aveva una tresca con Levin.
Inspirai, avrebbe sicuramente ricordato tutta quella merda presto o tardi, ma non potevo essere io a dirglielo, non adesso, così Andrew sarebbe stato il salvatore ancora per un po', l'eroe, il fidanzato devoto.
- Andrew è gentile – disse con un leggero sorriso.
Ed io annuii, con la bile che mi risaliva lungo la gola – lo è
- Foto? – mi chiese poi indicando lo zaino e io lo raccolsi.
Tirai fuori l'album e cominciammo a percorrere il viale dei ricordi.
Scampagnate, falò sulla spiaggia, gite scolastiche, fine settimana in montagna, volti e nomi che si susseguivano sotto lo sguardo avido di conoscenza di Aiden.
- Samuel – disse poi indicando una vecchia foto del primo anno – lui ... è ... andato
- Già – concordai – perché sono stato una merda con lui, ti ricordi?
Aiden ci rifletté e poi annuì – sì ... tu ...sei ... stronzo
Ridemmo entrambi – è vero
Poi qualcosa gli passò davanti agli occhi, come un flash – tu e Noah ... tu stai con Noah e io con Andrew
Non c'era di vero neanche la metà di quella frase detta con grande sicurezza – io e Noah ci siamo lasciati ... beh, se ti ricordi non eravamo una gran coppia. Però lo vedo qui ogni tanto
- Mi dispiace – disse confuso – ti piaceva? Ti manca?
- Non molto – risposi tranquillamente – tu mi sei mancato, al diavolo Noah
Ancora un leggero sorriso, io gli passai una mano fra i capelli per arruffarglieli leggermente e lo sentii tentare di pizzicarmi il fianco con la poca mobilità che aveva.
- Keno – ad un tratto il suo viso si fece più serio e leggermente a disagio – io devo ... andare in bagno
Capii al volo cosa intendeva, da quando si era svegliato gli avevano tolto il catetere quindi andava trasportato fin lì.
- Ti porto io – lo rassicurai.
- Sei sicuro? C'è anche mia madre ... ma –
- Capisco – lo interruppi – farsi portare dalla mamma in bagno è pietoso
Lui annuì – oggi mi ha aiutato Andrew, però ... - tentennò – se è il mio ragazzo è strano, tu ... noi
- Certo amico, fra noi due è diverso – dissi sollevandomi – e tu lo faresti per me, quindi niente imbarazzo
Avvicinai la sedia a rotelle al letto e poi lo aiutai a mettere le mani intorno alle mie spalle, la mia presa era ben salda e con uno scatto lo sollevai per poi poggiarlo sulla sedia con un tonfo.
- Tutto bene?
Lui annuì e gli sistemai le gambe sui pedalini, lo spinsi fino a dentro il bagno, grande abbastanza da consentire alla sedia a rotelle di essere affiancata al water. Ancora una volta le sue braccia mi strinsero e lo poggiai sulla porcellana pulita, poi tirai giù l'intimo e i pantaloni del pigiama.
- Chiamami quando hai finito
Lui annuì e così fece, dopo poco riseguimmo tutto il processo: water, sedia e da lì sul letto. Sistemai le coperte giusto in tempo per l'ingresso dell'infermiera che gli guardò attentamente.
- Ragazzi, dovete chiamare quando siete soli e Aiden deve andare in bagno. Può essere pericoloso – disse immediatamente avvicinandosi a noi e porgendo le medicine al mio amico.
Lui le prese e lei andò via scuotendo la testa.
- Domani devo lavarmi – disse poi leggermente angosciato.
- Vengo prima, di mattina ho due ore buche, ti aiuto io – lo rassicurai e lui sorrise.
Poi riprendemmo con le foto e dopo lo aiutai a mangiare un budino, era così per il momento, un fragile ragazzo che dipendeva dagli altri per ogni piccola cosa. Così diverso dal vecchio Aiden prima dell'incidente, i suoi occhi si erano aperti su una realtà del tutto nuova. Avrebbe dovuto riabituarsi a vivere e forse non sarebbe mai tornato davvero quello di un tempo ma io sarei stato lì in ogni caso. Avrei conservato il ricordo di Aiden per entrambi, finchè un giorno, forse, sarebbe tornato davvero da me.


ANGOLO AUTRICI:

Buon pomeriggio, oggi aggiornamento più lento ma sicuramente ne vale l'attesa. Che ne dite di questo nuovo capitolo? Le notizie corrono e ora tutti i diretti interessati sanno del risveglio dell'eletto XD Povero Aiden, sembra ancora decisamente confuso per fortuna che Keno non ha deciso di aiutarlo a ritrovare i ricordi in una volta sola XD Si sta comportando meglio di quanto tutte voi avete predetto XD Alencar e Callum li lasciamo unicamente ai vostri commenti <3 <3 <3 Alla prossima

BLACKSTEEL

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