57. Let them free

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"Spes ultima dea."
La speranza è l'ultima dea.


LEVIN


Mi apprestavo a lasciare la struttura con una nuova sensazione di benessere che non sperimentavo ormai da troppo tempo. L'avrei quasi definita speranza, mi sentivo stranamente libero di poter affrontare le cose in modo diverso adesso che i miei genitori ed Andrew avevano visto il peggio di me e non avevo più nulla da nascondere. Loro mi attendevano nella hall, il primo a venirmi incontro fu proprio Andrew che abbracciai forte, fino a passargli le braccia intorno alla vita. Mi lasciai posare un bacio leggero sulla fronte, per poi passare a salutare i miei genitori.
- Come stai, tesoro?
- Molto meglio, adesso voglio solo tornare a casa – le diedi un bacio sulla guancia mentre mio padre posava una mano sulla mia spalla e mi guidava verso la segreteria dove avrei dovuto firmare gli ultimi documenti.
- Firmi qui e qui. Dovrà tornare ogni settimana per svolgere degli esami. Qui ci sono i suoi effetti personali. Buona giornata
Eravamo fuori, il sole splendeva con prepotenza nel cielo terso di quel bellissimo pomeriggio new yorkese. Uno strano quadretto, pensai, puntando lo sguardo sui miei genitori ed Andrew che camminavano accanto a me, chiacchierando di tanto in tanto. Avevano passato molto tempo insieme, capii che la sua presenza era stata essenziale anche per loro, era proprio vero che Andrew riusciva a fare colpo praticamente su chiunque. Quel pensiero mi fece sorridere, in pochi mesi la mia vita era cambiata. Avevo toccato il fondo più nero, ma allo stesso tempo, grazie alla sua presenza, ero anche riuscito a risalire la china fino a recuperare la parte migliore di me, l'unica di cui potessi andare fiero. La strada era ancora lunga però e sempre in salita, il primo step era proprio davanti a noi.
Salimmo in auto poco dopo, mi ritrovai stretto ad Andrew, sui sedili posteriori della nostra auto. Poggiai il capo contro la sua spalla e mi lasciai cullare dal suo profumo e dalle sue carezze ritmiche sulla mia mano.
- Posso venire da te? – il mio era stato un sussurro basso. Avevo così tanta voglia di stare con lui che mi mancava il fiato.
- Certo che puoi – mi assicurò lui dopo avermi baciato appena – anzi, speravo di poter parlare con i tuoi genitori riguardo una questione. – aveva parlato a voce alta per far sì che anche loro potessero sentirlo. Gli occhi di mio padre erano puntati su di noi dallo specchietto retrovisore. Ne avevamo già parlato in quella settimana, ma i miei genitori non si erano esposti più di tanto.
- Vuoi stare da Andrew?
Mio padre parlò direttamente con me.
- Solo se va bene anche a voi. Ovviamente passerò da casa tutti i giorni e potrete venire a trovarci tutte le volte che volete.
Era dura, affrontare un altro distacco era chiedere molto dopo quanto era successo con Kai. Sapevo che dovevano essere stati combattuti ed ero certo che ne avessero già parlato a casa più volte nel corso di quella settimana.
- Mi farebbe davvero piacere, signori Eickam. Mi assicurerò personalmente che vada a scuola con regolarità e che non faccia più stronzate – rincarò la dose Andrew e a quel punto lo fissai.
- Grazie per la fiducia – commentai con una punta di finta irritazione nella voce.
- Dovere – lui rise, poi mi passò una mano tra i capelli fino a scompigliarli un po'.
- E come sapete ci saranno dei periodi in cui sarò in missione, quindi Levin potrebbe tornare da voi durante quel lasso di tempo. Sappiamo che è chiedere tanto, ma le mie intenzioni sono le migliori.
L'aveva detto davvero. Lo guardai, cercando di soffocare una risata, anche se il silenzio di mio padre mi preoccupava. Lo sentii prendere un profondo respiro, era già tanto che stesse prendendo in considerazione quella proposta.
- Hai fatto molto per nostro figlio ... questo è indubbio. Molto più di quanto abbiamo fatto noi.
- Non è così – dissi in fretta – non dovete neanche pensarlo questo. Non siete mai stati voi il problema, sono io ... ero io. – mi corressi – e non sarò lontano, ve l'ho detto. Intendo tornare qui con regolarità, fare tutti gli esami che devo e voglio rigare dritto. Mi dispiace per Kai, ma non sono più disposto a farmi trascinare nei suoi problemi, non posso più continuare così, adesso me ne rendo conto. Datemi questa ultima chance.
Il silenzio calò in auto per un po' di tempo, tanto che pensai che nessuno avrebbe più osato parlare. Andrew mi lanciò un'occhiata lievemente dubbiosa, stirò le labbra in una smorfia preoccupata.
- Ci siamo fidati di Andrew e non ci ha dato motivi per dubitare della sua affidabilità. Ammetto che preferirei averti a casa, sarebbe più facile per tutti, ma ... alla fine tutto ciò che desideriamo davvero è il tuo bene, Levin, se credi che con lui saresti più sereno non abbiamo motivo per opporci alla vostra decisione.
Avevo trattenuto il respiro per tutto quel tempo mi resi conto.
- Grazie
- Però vi aspettiamo per cena due volte a settimana! – aggiunse mia madre – e quando Andrew andrà in missione tu tornerai a casa per stare un po' con la tua mamma.
- Certo – la rassicurai, mi sentivo così leggero da poter volare.
- Signori Eickam, vi ringrazio davvero. So che abbiamo chiesto molto e che ci sono stati fin troppi cambiamenti nella vostra vita in questi ultimi tempi, quindi ve ne sono grato.
- Bene, adesso basta parlarne. Tutto ciò che conta è che Levin stia bene.
La conversazione si fece più allegra, Andrew e mio padre avevano raggiunto un feeling a tratti spaventoso. Ci riaccompagnarono a Coney Island e lì ci salutammo.
Eravamo rimasti da soli, avevo già in mente un paio di modi per impegnare quel pomeriggio, mi bastò guardare Andrew per capire che stava pensando esattamente alla stessa cosa. Mi venne incontro e allungò una mano per accarezzarmi.
- E' andata meglio del previsto, i tuoi sono ragionevoli in fondo. – parlò a pochi centimetri dalle mie labbra, una tentazione troppo forte per non cedere all'istante. Lo baciai con foga, respirando il profumo leggero del suo dopobarba fino a spingerlo contro il divano. I suoi occhi erano scuri, così intrisi di desiderio da mozzarmi il fiato e costringermi a baciarlo con ancora più violenza. Iniziai a toccarlo ovunque mentre lui infilava le dita sotto la mia felpa per sfiorare il mio corpo che rabbrividiva in modo incontrollato ad ogni suo tocco.
- Ti voglio adesso.
Era impossibile procedere gradualmente, ogni cosa in lui mi faceva impazzire. Crollammo sul divano, stavo cospargendo il suo petto di baci e i suoi gemiti si facevano ogni istante un po' più disperati. Ero quasi nudo quando il vibrare del mio cellulare ci riscosse.
- Cazzo, non adesso – biascicò Andrew, era così confuso ed eccitato che vederlo in quelle condizioni mi fece ridere.
Allungai il mio braccio per afferrare il telefono abbandonato nei jeans sul pavimento.
- Forse sono i miei, è meglio rispondere – dissi a malincuore.
Non erano loro. Ma era Kai.
Dannazione. Andrew si immobilizzò accanto a me, ci guardammo un attimo negli occhi.
- Basta stronzate, Levin.
- Devo vedere cosa vuole.
Solo un'ultima volta, mi dissi. Poi presi la chiamata.
- Kai, che succede?
Ero in ansia per tutto ciò che lo riguardava ormai, stavo trattenendo il respiro.
- Ehi big bro, sei uscito finalmente!
- E tu come lo sai?
Sembrava di ottimo umore, ma questo non servì a tranquillizzarmi. Ero sul chi va là da quando avevo memoria.
- Perché siamo qui fuori ... speravamo di poterti salutare.
Siamo. Lui e Yael. Mi morsi le labbra in un gesto di nervosismo, Andrew aveva sentito ogni cosa. Lo vidi rabbuiarsi e scuotere la testa, per un attimo pensai che avesse voluto strapparmi il telefono dalle mani, ma non si mosse.
- Qui fuori? Kai ...
- Abbiamo delle novità! Stiamo per uscirne, Levin. Dopo stanotte saremo liberi.
Qualsiasi cosa stesse succedendo si stava evolvendo in fretta, mi ritrovai in piedi, sotto lo sguardo ancora perforante di Andrew.
- Arrivo – dissi soltanto prima di staccare la chiamata.
- Che cosa diavolo vogliono ora?
Anche Andrew era in piedi adesso mentre mi rivestivo in fretta.
- Devo parlare con lui. Ha detto che stanotte finirà tutto ... non so cos'abbiano in mente, ma forse sono ancora in tempo per fermarli.
L'ansia mi attanagliava il petto, corsi di fuori in fretta per ritrovarmi davanti le facce di Kai e Yael. Mio fratello venne ad abbracciarmi, sembrava su di giri e bastò guardarlo negli occhi per vedere il sollievo che la mia vista gli aveva procurato.
- Stai benissimo, big bro!
Avrei voluto dire lo stesso di lui e Yael, ma non era così. Erano entrambi pallidi, troppo esaltati per credere che non avessero preso niente dalla scorta sottratta a Kurt. Rimasi immobile, spiazzato dalle occhiate attente di Yael che stava studiando prima me per poi passare ad Andrew.
- Che cos'era quella storia? Di cosa parli? – dissi subito dopo. Ero smarrito.
- Kurt è finito. Sta facendo la guerra con un altro boss! Stanotte andiamo a farlo fuori. Noi, Alencar e Tian. Insieme.
Quelle parole mi scossero, ero sempre più confuso – Cosa? Kai, che diavolo ...
- No, ascoltami! Ci vendicheremo di Gray! Voglio vederlo crepare, Levin. Verrà tradito dai suoi stessi uomini, aggredito nel suo stesso locale di merda. Finalmente pagherà per tutto quello che ci ha fatto ... e sai qual è la cosa più divertente? Che ormai non gliene fotte più un cazzo di me! Mi ha perfino chiesto di stare accanto a June! Ha abbassato la guardia, il figlio di puttana.
Lo trovava divertente. Non c'era niente di sensato in quello che stava dicendo.
- Kai, stai delirando, dannazione. Sei libero, cazzo. Hai appena detto che non gliene importa niente di te. Che cosa diavolo stai facendo? Lascia che sia Alencar a chiudere la questione adesso. Hai avuto quello che vuoi – parlavo concitatamente, ero sconvolto – ci sarà una sparatoria, finirà in un bagno di sangue, lo sai.
Parole al vento, lo capii ancora prima di sentire la sua risposta. Lo vedevo nei suoi occhi, adesso troppo simili a quelli di Yael.
- Alencar ha detto la stessa cosa, sai? E credo proprio che il vecchio Kai non avrebbe avuto le palle di andare fino in fondo. Ma sai che c'è? Quanta gente è finita male a causa del vecchio, menefreghista Kai? Avevi ragione tu ... hai sempre avuto ragione tu. E' arrivato il momento di combattere le mie battaglie da protagonista. Non permetterò a nessun'altro di pagare al mio posto.
- Kai, questo non è un film! Questa è la tua vita e stai rischiando di raggiungere un punto di non ritorno! Ascoltami, prendi June con te e lascia la città ... sarà Alencar ad occuparsi di Kurt. Mettetevi in salvo, non dovete più combattere questa battaglia ... nessuno dei due.
Le mie parole erano del tutto inutili, me ne resi conto quando vidi mio fratello ridere come se niente fosse.
- Niente paternale questa volta ... sta tranquillo.
Stavo scuotendo la testa come un automa, le mie mani tremavano, mi bastava parlare cinque minuti con mio fratello per ridurmi in quello stato ormai. Sentii il corpo di Andrew accanto a me, mi passò un braccio intorno alle spalle in un gesto di protezione.
- Hanno deciso. Rientriamo – disse soltanto.
Io non mi mossi, ero ancora lì, con la stessa ostinazione di chi, a distanza di anni, tentava ancora un'impresa disperata.
- Kai ... ripensaci. Gray è morto ... non c'è niente che tu possa fare per lui adesso. – il mio era un appello disperato, lo sapevo bene.
- Invece ti sbagli. Sarò io ad ammazzare quel figlio di puttana di Kurt. Voglio che sia il mio l'ultimo volto che vedrà prima di crepare ... così saremo pari.
Parlava esattamente come Yael.
- Ma sono felice che tu stia bene – la rabbia nel suo tono lasciò posto ad una terribile calma – non meritavi niente di quello che ti è capitato. Sei sempre stato il migliore tra noi due.
Tutto nelle sue parole lasciava intendere che quello fosse un addio. Ero pietrificato, delle lacrime bollenti solcavano le mie guance in una caduta inarrestabile. Poi fu Yael a farsi avanti. Era incredibile pensare quante follie avessi fatto per stare vicino ad uno come lui. Lo guardai dritto in quegli occhi chiari, terribilmente cupi e malinconici quando si posarono nei miei.
Ero certo che da qualche parte dentro di lui fosse davvero convinto di amarmi.
- Suppongo sia un addio ... - provò a sorridere, ma non ci riuscì. Continuò a guardarmi con intensità per un tempo indeterminato, non mostrandosi capace di muoversi.
- Yael ... non devi farlo ... - dissi ancora una volta. Avevo un groppo in gola che mi impediva di parlare.
- Beh, non ho motivi per non farlo però. Adesso non ho nessuno da cui fare ritorno ... sono solo.
Andrew si irrigidì accanto a me, sentii la sua stretta farsi più pressante.
- Non dire stronzate, non sei solo. Potete fermarvi! Non è troppo tardi ...
- Non voglio fermarmi.
Si fece più avanti, una lacrima solitaria scivolò lungo la sua guancia.
- Addio, Levin.
Un'ultima carezza. Poi volse le spalle e andò via, seguito da mio fratello.

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