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ABIGAIL'S POV.


Foglie verdissime caddero con leggiadra dall'alto, ondeggiando come piume leggere e libere di fluttuare in aria. Una si posò delicatamente sulla mia spalla sinistra prima di essere scaraventata via dai miei capelli accarezzati da un dolce venticello d'estate . Provai dolore ma non fisico, bensì, quello con radici molto più profonde. Quello pronto a manifestarsi quando tutto è ormai andato a rotoli e tu ti senti impotente e rassegnata. Ti lascia l'amaro in bocca, ricordandoti ogni giorno quanto tu sia sbagliata o mai abbastanza . La spiacevole sensazione di disgusto alla bocca dello stomaco, pesante come un macigno, una serie di ginocchiate che sembra non aver mai fine. Sofferenza che soffoca le tue disperate grida in un profondo pozzo di solitudine e ti fa sentire fragile, piccola ed abbandonata al tuo misero destino . Quel dolore che ti vieta di specchiarti per timore di rivelare quella che in realtà sei. Cicatrici che non sbiadiranno mai . Traumi di una vita dettati dalle continue ed inconsolabili perdite di persone. Come se tutto questo non bastasse, per quanto mi sforzassi di fare bene tutto andava a puttane con me.

Ero intrappolata nella mia mente e non ero di certo io a rifiutare il mondo. Era il mondo che  rifiutava uno scarto tossico come me. Sapevo che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, avrebbe dovuto fare i conti con i propri mostri. A volte, quelli graziati da un carattere forte,  riuscivano nell'intento di sconfiggerli da soli. Altri preferivano l'aiuto e la comprensione di un amico, di un parente o di uno psicologo. C'era chi optava per i viaggi e lo sport e chi invece, rassegnato e privo di stimoli per combattere, si lasciava divorare come carne fresca data in pasto agli squali, perdendo la battaglia più importante della vita. Quella con sé stessi .

Nessuno però raccontava mai come ci si dovesse comportare quando eri tu ad essere quel mostro.

La mia vita, ormai, aveva preso un'altra piega e non era di certo in salita. Forse ero davvero un mostro ma non avrei mai trascinato giù, a fondo, coloro che amavo. Tirai mentalmente un lungo respiro che come una tromba d'aria, spazzò via tutti quei pensieri che non fecero altro che assillarmi e lacerarmi ulteriormente l'anima, prima di voltarmi a guardarlo.

Aveva ancora la mano destra alzata in alto e stringeva forte l'impugnatura della pistola. Notai delle chiazze di sangue sulla sua camicia e subito dopo, il leggero taglio che gli avevo procurato sul mento. Aveva sparato in aria, ma non per graziarmi o perché gli facessi pena, ma perché lui avrebbe voluto torturarmi con le sue stesse mani saziando, seppur per poco, gli abissali vuoti della sua anima sporca che mai sarebbe riuscito a colmare.

«Non sarò così distratto la prossima volta!» Ironizzò scandendo bene le parole prima di riabbassare la mano. Sul taschino della camicia, prese il suo amabile fazzoletto di stoffa con incise le sue iniziali, e picchiettò leggermente sulla parte lesa del suo mento. Fece una smorfia di dolore senza mai smuovere da me quegli occhi gelidi e privi di empatia.

𝚜 𝚞 𝚍 𝚍 𝚎 𝚗 𝚕 𝚢 //  𝚑.𝚜  {𝙰𝚄}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora