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LOGAN'S POV

Dopo che presi Timmy alle sedici da scuola, andai con lui all'orfanotrofio per fare una sorpresa ad Abigail, convinto che fosse lì. Nikolas mi disse che la mia amica fosse rientrata a casa presto quel venerdì, mentre ci rimasi male del fatto che non mi avesse avvertito.

«Posso dormire qui?» Chiese Timmy facendomi gli occhioni dolci afferrando con entrambe le sue manine la mia mano ancora sporca di pittura mentre lanciai un'occhiata al direttore dell'orfanotrofio che acconsentì contento.

«Devi comportarti bene!» Lo raccomandai mentre un sorrisone comparve sul suo volto. Ne avrei approfittato anche io per passare un po' di tempo con Abigail.

«Sì, lo giuro!» Mi saltò in braccio mentre lo riempii di baci prima di lasciarlo scendere a terra, vedendolo scomparire dalla mia vista, con altri bimbi.

«Logan!» Richiamò la mia attenzione Petel. «Abigail ha detto che sarebbe ripassata nel pomeriggio. Sono quasi le diciassette ma non si è ancora fatta viva!» Deglutii preoccupandomi mentre mi domandò se stesse bene.

Scrollai le spalle aggrottando la fronte. «Non so, non ci ho parlato al telefono oggi! Sono venuto qui con Timmy per farle una sorpresa!»

Annuì, accennando un lieve sorriso prima di allungarmi la mano. «Beh, in tal caso avrà sicuramente avuto a che fare!»

Gliela strinsi prima di salutarlo per dirigermi velocemente all'auto. Afferrai il telefono e dopo aver trovato il suo nome in cima alla rubrica, avviai la chiamata, ed un groppo si formò nella mia gola quando l'aggeggiò risultò staccato. Accelerai sudando a freddo, convinto che le fosse successo qualcosa mentre parve che trattenni il respiro in quei due chilometri di distanza tra l'orfanotrofio e casa mia. Parcheggiai l'auto non curandomi affatto se l'avessi chiusa o meno e dopo aver aperto il cancello di metallo, corsi affannato fino a casa.

«Abigail!» Gridai entrando nel salotto vuoto, dove Muffin si era appisolato sopra lo schienale del divano. Con la coda dell'occhio, captai alla mia sinistra , precisamente in cucina, la sua presenza. Sospirai a fondo sollevato del fatto che fosse a casa e stesse bene. «Perché hai il telefono staccato?»

Non rispose e non alzò nemmeno gli occhi dal calice di vino bianco appoggiato sul tavolo di fronte a lei. Avanzai lentamente notando un paio di bottiglie di vino vuote, sul lavello della cucina. 

«Hey!» Le sussurrai portandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio affinché potessi vedere bene il suo profilo. Deglutii sentendo il mio petto contrarsi violentemente alla vista di una ragazza distrutta. I suoi occhi erano gonfi ed arrossati, proprio come la punta del suo naso dalla quale colavano ancora lacrime, spiaccicandosi poi sul legno scuro del tavolo della cucina. Solo il mio respiro affannato si udì nella stanza, dato che non si decise per nulla a calcolarmi il che mi fece ulteriormente preoccupare, ma rispettai il suo silenzio e le rimasi semplicemente accanto. Avrei speso giorni affianco a lei, aspettando in silenzio, finché si sarebbe sentita pronta a parlarne, spiegandomi cosa l'affliggesse in quel morboso modo .

Osservai impassibile ed impotente le lacrime scivolare giù dalle sue ciglia lunghe, accarezzando la pelle morbida della sua guancia. D'istinto, posai la mia mano ruvida sulla sua cute liscia, pentendomene poco dopo dato che fosse ancora sporca di pittura. «Che succede?» Le sussurrai, accarezzandole amabilmente i capelli, dispiaciuto di vederla così vulnerabile e sofferente. Spostai via dalle sue mani il calice di vino, pensando che avesse bevuto abbastanza mentre provai una fitta dolorosa al cuore quando alzò all'improvviso i suoi occhi, incrociando il suo sguardo con il mio, e trasmettendomi una straziante scossa di pena. 

𝚜 𝚞 𝚍 𝚍 𝚎 𝚗 𝚕 𝚢 //  𝚑.𝚜  {𝙰𝚄}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora